La seconda giornata di Identità Golose 2024 ha visto protagonisti al MiCo di Milano grandi chef di fama internazionale che si sono confrontati sul tema della disobbedienza. Il titolo della diciannovesima edizione del congresso, infatti, è: “Non esiste innovazione senza disobbedienza: la rivoluzione è oggi”. In Auditorium ha aperto le danze Carlo Cracco con il suo staff, presentando il menu che da fine marzo sarà disponibile nel suo ristorante in Galleria a Milano, per poi cedere il testimone a importanti nomi della cucina. Scopri qui di seguito gli highlights della giornata.
Identità Golose 2024 – Il secondo giorno
I premi speciali
Tra lezioni, interventi, talk, sono stati assegnati anche alcuni riconoscimenti: dal Premio per la Creatività in cucina assegnato ai fratelli Remo e Mario Capitaneo del ristorante Verso al Premio Artigiano del Gusto assegnato a Michele Lazzarini di Contrada Bricconi (Oltressenda Alta, Bergamo), dal premio per la Pizza, consegnato a Ciro Salvo di 50 Kalò, al Premio Cuoco dell'Anno assegnato a Giancarlo Perbellini di Casa Perbellini ai 12 Apostoli a Verona, dal Premio Sperimentazione in Cucina dato a Moreno Cedroni e Luca Abbadir della Madonnina del Pescatore di Senigallia al Premio identità di territorio consegnato a Cesare Battisti del Ratanà a Milano. Sul palco dell’Auditorium è stata anche presentata da Fipe la data del 18 maggio 2024, seconda edizione della Giornata della Ristorazione, per la cultura dell’ospitalità italiana: lo scorso anno hanno aderito 5 mila ristoranti, quest'anno l’obiettivo è raggiungere quota 10 mila aderenti.
Bruno Verjus, da giornalista a chef del decimo ristorante migliore al mondo
Tra le personalità più interessanti del mondo della gastronomia francese c’è senza ombra di dubbio Bruno Verjus del ristorante Table, due stelle Michelin a Parigi. La sua storia è alquanto singolare e profuma di rivoluzione e disobbedienza (agli schemi). Alle spalle Verjus ha studi di medicina, perché doveva seguire le orme della propria famiglia, in un’azienda che produce dispositivi medici. Invece, contro ogni previsione, si è dedicato alla scrittura gastronomica, diventando un punto di riferimento del giornalismo culinario. Poi, la svolta: dal 2009 al 2013 ha condotto un programma radiofonico, per decidere infine di aprire il proprio ristorante a Parigi, come cuoco autodidatta. “Ho aperto il mio ristorante nel 2013, in un quartiere molto popolare di Parigi”, ha raccontato. “Come ha fatto la rivoluzione? Sarei stato un vecchio professore di medicina prossimo alla pensione ora, se non avessi disobbedito". “Ho lavorato tanto, ma essere un autodidatta rappresenta una chance incredibile, perché ti lascia molta più libertà. Con la mia squadra diamo sempre il massimo, settimana dopo settimana: il nostro obiettivo è rendere felici gli ospiti. Fino a quando avrò qualcosa da dire, da scrivere con la mia cucina, andrò avanti. Ho 15 collaboratori straordinari al ristorante, il nostro obiettivo è dare momenti piacevoli ai clienti”. Oggi Table è segnalato al numero 10 di The World’s 50 Best Restaurants. “La celebrità mondiale dà più visibilità dall’estero: quando gli stranieri vengono da te lo fanno con delle aspettative alte: molto è cambiato con il riconoscimento dei 50 Best; è meraviglioso perché ci sono più clienti che vengono da noi apposta a Parigi, con tante motivazioni, è una fortuna. Ci sono 24 coperti e il menu cambia tutti i giorni. Nella mia brigata ci sono tre junior e quattro senior e il menu è sempre frutto di un lavoro creativo”, commenta Verjus. Sarà la brigata molto giovane il segreto del suo successo? “La cosa più bella è avere una squadra che funziona, io faccio crescere loro e loro fanno crescere me”, ha risposto Verjus, che ha concluso il suo intervento con un bel messaggio: “La felicità è la più grande disobbedienza”.
René Frank e il dessert dining: la rivoluzione della pastry art
In Sala Auditorium, René Frank, direttamente dal Coda di Berlino, ha tenuto uno degli interventi più attesi e interessanti della giornata. Nel suo ristorante si fa dessert dining: un menu di soli dessert, proposti in pairing con i drink. Ha aperto il suo locale nel 2016, nel 2019 ha ottenuto una stella Michelin, poi - nel 2020 - sono diventate due le stelle Michelin. Dulcis in fundo, nel 2022 è stato nominato World's Best Pastry Chef dai 50 Best. “Cos’è un dessert? Questa parola arriva dal francese “desservir” (sparecchiare, ndr). Ma, per capire come usare un dessert, bisogna considerare che è molto importante il contesto dove servi i dolci: se sei in un pastry shop, per esempio, fai un dessert per il take away; in un ristorante, invece, puoi avere possibilità completamente differenti di trattare i dolci, anche per questioni di shelf life”, ha spiegato. “All’inizio non è stato così facile, perché quando trasformi il dessert in un format per la cena - e non solo come elemento che arriva in coda (da qui il nome del ristorante) - devi comunque rispettare i cinque sapori, ossia amaro, dolce, salato, acido e umami”, ha spiegato. Cos’è un dessert dining? “Si parte sempre dai sapori puri. Glutammato e zucchero raffinato, per esempio, sono sapori artificiali, ma si possono ottenere dai frutti che li contengono naturalmente. Per creare un dessert dining, io tratto i vegetali come la frutta”. Ecco allora che il pastry chef parte dal sapore puro degli ingredienti, per realizzare poi riduzioni, concentrazioni e fermentazioni. Il suo cioccolato? E’ from bean to plate, come lo definisce. “Tutto è nato dalla disobbedienza: per me le etichette tradizionali non esistono più: il Coda è fglio di un pensiero progressive, anticonformista, di uno spirito libero, non binario”. Come ricorda il pastry chef, è molto importante bilanciare i sapori, così presenta un gelato su stecco ricoperto di caviale (che dà salato e umami) su cui viene vaporizzato del cioccolato caldo. All’interno il gelato viene farcito con ganache al carciofo e vaniglia. “Vorrei che le persone, uscendo dal Coda, pensino che il dessert non sia solo un piatto da servire a fine pasto, ma molto di più”, ha concluso.
Rasmus Munk: la cucina olistica e “spettacolare” di Alchemist
“Cerchiamo di integrare tutti i tipi di arte, dalla musica alla danza, nell’esperienza che proponiamo”. Così Rasmus Munk dell’Alchemist di Copenaghen ha esordito in sala Auditorium. Ha illustrato come, nel suo locale, ci siano spazi ad hoc dove per esempio camminare tra migliaia di palline, ballare, ascoltare la musica. Insomma, la rivoluzione e la disobbedienza sembrano temi cuciti addosso a lui. “La mia è una cucina olistica”, un approccio totale e totalizzante che parte dal presupposto che il cibo sia una grandissima forma di comunicazione e di espressione. “L’ispirazione per i miei piatti arriva da tante discipline, non solo dai sapori. Per esempio uso elementi dall’arte - e non solo - per creare dei pattern”, ha spiegato lo chef. Da Picasso a Warhol, passando per la street art: l’ispirazione può arrivare facilmente. Anche i grandi temi di attualità entrano nelle creazioni di Munk: dal problema dei bambini denutriti all’inquinamento delle acque. “Per realizzare tutto ciò ci sono tante persone che lavorano con me: per creare questa narrativa abbiamo bisogno di lavorare tante ore e dobbiamo prima distruggere la vecchia narrazione. “Vorrei che il mio lavoro con il food avesse un impatto sulla società: come collegare tutto? Nel 2023 ho aperto un posto che si chiama Spora, dove vogliamo convogliare tutta la creatività”, ha spiegato lo chef. Si tratta di una struttura, sempre nella capitale danese, dove lo chef ha concentrato laboratori di ricerca. L’idea? Cercare soluzione innovative e sostenibili per cambiare il futuro della gastronomia. “Il futuro e i giovani sono importantissimi per cambiare il mondo”, ha concluso lo chef.
Il Social Table allo stand di S.Pellegrino
Ad animare il congresso, come sempre, ci sono anche gli appuntamenti "fuori aula". Allo stand di S.Pellegrino tre volte al giorno è tempo di pairing cocktail - piatti. Ad aprire le danze della seconda giornata, un abbinamento mediterraneo: le creazioni di Nino Ferreri di Limu (una stella Michelin a Bagheria, Palermo) hanno sposato i drink di Vincenzo Pagliara di Laboratorio Folkloristico di Pomigliano d’Arco, in provincia di Napoli. Il primo piatto ha omaggiato un presidio Slow Food siciliano, lo Spinoso di Menfi, un carciofo che è stato proposto con sgombro e beurre blanc di pesce azzurro. Abbinato meravigliosamente alle note amaricanti aromatiche di Micco, con Chinò Sanpellegrino, Botanical Spirit analcolico, aceto di kombucha e prugna profumata. Poi, Dominazione Fenicia, un piatto a base di insalatina di murici, patata, limone, tonalità di porpora, ha preso a braccetto Profumo, con Tonica Sanpellegrino, tequila, papaccella, bucce di cacao. Appuntamento a domani per altri pairing d'autore.
Diego Crosara e la reinterpretazione di pane, burro e marmellata
La Sala Blu 2 apre questa seconda giornata di congresso con la dolce intuizione di Diego Crosara, pastry chef di Marchesi 1824 che quest’anno celebrerà i 200 anni di storia. In questo spazio dedicato ai dolci in pairing con il caffè, Crosara ci mostra la sua disobbedienza, rivoluzionando completamente consistenze e temperature di quella che era, ed è ancora, la colazione a casa per eccellenza. Il pane è sfogliato, leggero e profumatissimo e viene servito con un gelato al burro servito freddissimo e una polvere di lampone. È un dolce zuccherino che richiama le mattinate lente e per questo è assolutamente adatto per la colazione del fine settimana, quando è piacevole andare al bar per questa occasione di consumo tanto cara agli italiani. In abbinamento assaggiamo uno specialty coffee preparato in moka che, con le sue piacevoli note acidule esalta il dolce di questo magico dessert.
Cesare Battisti di Ratanà: “I puristi della pasta sono persone noiose”
È solo una provocazione quella che lancia Cesare Battisti, chef del celebre ristorante milanese Ratanà. Ci troviamo nella Sala Blu 1 dove tradizionalmente, il secondo giorno del congresso, si celebra Identità di Pasta. “La ristorazione sta cambiando, ci sono più vegetali. Disobbedire è una scelta di vita in cui si cerca di scardinare quello che è stato in favore del nuovo. Ma senza la conoscenza del passato, è impossibile che questo processo avvenga. Le trasformazioni le vediamo anche in quello che mangiamo, abbiamo ormai un palato complesso e intelligente, ma spesso non ne abbiamo consapevolezza”, chef Battisti racconta così il suo concetto di disobbedienza legato inevitabilmente a innovazione e rivoluzione. Vengono proposti due piatti. Il primo è una pasta mista cotta in un modo tutto nuovo, non lessata in acqua come abbiamo da sempre fatto, ma cotta in un centrifugato di ortaggi, di barbabietola in questo caso. La pasta viene cotta e risottata in questa soluzione liquida che trasferisce colore e sapore alla pasta stessa. La pasta mista viene servita su una corona di purea di cannellini con l’aggiunta di uova di luccio (Battisti ci ricorda l’importanza di fare cucina del territorio), rafano e cuore di sedano. Il secondo piatto nasce dal genio di Vladimiro Poma, chef di Silvano Cibi e Vini, uno dei ristoranti del gruppo. Lo chef ha voluto reinterpretare la pasta con un piatto stagionale che strizza l’occhio alla cucina asiatica. Degustiamo delle tagliatelle all’uovo tirate alla perfezione, servite fredde con una crema di aglione e mandorla e una melassa al pomodoro che conferisce un estremo sapore umami molto simile a quello della soia. Il risultato è stupefacente, uno dei piatti più ragionati e riusciti di questi giorni.
Paolo Griffa e i prodotti del territorio
Lo chef di Caffè Nazionale, che ha iniziato proprio come pastry chef, ha presentato Falò, il suo dessert da fine pasto che ha tutti i profumi e sapori del bosco. Il dessert non coinvolge solo il gusto, ma è un piatto esperienziale che inizia con il fuoco su cui il commensale cuoce il suo marshmallow. Il piatto continua con una meringa al tè affumicato, un bisquit alla fava di Tonka bagnato con una resina di germogli di abete rosso dalle note dolci e acidule. A completare il dolce ci sono due creme: una mousse di corteccia di larice (ottenuta mettendo in infusione la corteccia nella panna) e una crema di castagno dai sentori amarincanti. Un dolce straordinario che, in accompagnamento al caffè in filtro, regala al palato un’elegante complessità.
Karime Lopez e Takahiko Kondo: l'amore per l’Italia
Coppia nella vita e nel lavoro presso Gucci Osteria a Firenze, Karime Lopez e Takaiko Kondo fanno il loro intervento per Identità di Pasta. Il loro amore per la pasta, soprattutto quello di chef Kondo, li ha spinti a creare ricette pensate e contaminate che disobbediscono alle tradizionali regole ed esaltano questo ingrediente straordinariamente versatile. Da questo talk escono due ricette che portano nei piatti le personalità e i sapori dei due chef. Il primo è ispirato ai tortelli di zucca e si chiama Anguilla in Carrozza. È un tortello di zucca servito con un’anguilla glassata con aceto balsamico. Il secondo piatto è davvero stupefacente ed è uno spaghetto freddo marinato in un dashi di Parmigiano e mantecato con pesto di basilico e pistacchio con bergamotto candito. Questo non è un primo piatto ma un pre-dessert come ci dicono i due chef e, grazie alla grattugiata di ricotta salata in superficie, richiama i sapori della Sicilia ma in una versione salata e inedita.
Daniele Lippi: disobbedire alla tradizione per obbedire alle stagioni
Da ingegneria elettronica alla scuola di cucina, Daniele Lippi è lo chef di Acquolina a Roma che di disobbedienza ne sa qualcosa proprio a questa deviazione di vita piuttosto estrema. Chef Lippi ci racconta la sua disobbedienza attraverso la tradizione che non può esistere al di fuori di territori e stagioni. Ecco perché porta un piatto eccezionale di spaghettini alla marinara di rose. Non è possibile avere uno spaghetto al pomodoro in inverno, perché il pomodoro non c’è, almeno che non si tratti di una conserva. Lo chef ha quindi pensato di fare un estratto di rosa canina che ricorda le note del pomodoro tostato. Si prepara un classico soffritto di aglio con cipolla rossa frullata e basilico, e si sfuma con un aceto balsamico bianco che sarà utile epr richiamare le note acidule. Viene aggiunta la pasta di rosa canina, miele millefiori, alici marinate, capperi di Pantelleria, origano, finocchietto e colatura di alici. Il risultato? Un piatto di spaghetti alla marinara che sanno di pomodoro ma che il pomodoro non hanno. Questa è disobbedienza, ma è soprattutto genio e conoscenza.