Nel mondo contemporaneo il cibo assume sempre più un valore trasversale che va al di là dell’arte gastronomica e della sua funzione di (mero) nutrimento. Viene usato a scopo di indagine sociale e psicologica - basti pensare a quanto narrato in una pellicola controversa come The menu, che evidenzia limiti e parossismi del fine dining, seppur in maniera iperbolica e caricaturale - ma anche come autentica forma di espressione artistica, che punta sulla multisensorialità. La pensa così Francesco Rigosa, giovane fondatore di Contradiction a Villafranca di Lunigiana, un centro di riflessione gastronomica e di studi sul pensiero, come lo definisce lui stesso.
“Non abbiamo la pretese di dire qualcosa di nuovo, ma cerchiamo di interpretare una nostra necessità: Contradiction è un centro di riflessione gastronomica e di studi sul pensiero”, racconta alludendo a chi nel mondo sta portando avanti discorsi analoghi, da Rasmus Munk, nel suo Alchemist di Copenaghen, a Federico Rottigni, al Sensorium di Milano. “Questo - continua - significa che all’interno di Contradiction noi non usiamo solo il cibo per comunicare la nostra necessità: nello spazio a nostra disposizione, per esempio, approfondiamo, tra le altre cose, anche la fotografia concettuale”. Per capire quello che fa Rigosa, immaginate una sorta di factory warholiana, dove le creazioni gastronomiche diventano una declinazione artistica a tutti gli effetti. Il cibo, così, acquista una valenza multidisciplinare e rientra di fatto in una live performance.