Varcare la soglia di La Drogheria significa entrare in un piccolo universo dove il tempo sembra dilatarsi e la sensorialità diventa protagonista. La luce che filtra dalle grandi finestre accarezza un ambiente composto e sofisticato, in cui dettagli d’epoca e tocchi contemporanei convivono in un’armonia misurata: scaffali di legno scuro richiamano le antiche drogherie, mentre oggetti di design essenziale suggeriscono la tensione verso il nuovo che anima la cucina.
La mano di Martina Franchini e Marco di Muro si percepisce nell’atmosfera quanto nelle proposte in carta. Qui la materia prima racconta la sua storia: ortaggi croccanti che odorano di terra umida, pesci lavorati in purezza senza mascherature, carni selezionate e lasciate parlare con cotture millimetriche. Ogni piatto si presenta elegante senza artificiosità, come la composizione di sedano rapa affumicato e nocciole tostate, interpretazione di un equilibrio tra comfort e sorpresa, oppure una rivisitazione essenziale di animelle con fondo di vitello e note vegetali dall’amaro misurato. Nulla è barocco, ma tutto lascia la sensazione di un pensiero preciso dietro ogni scelta.
La Drogheria si distingue per la capacità di far dialogare le radici della tradizione piemontese con slanci contemporanei, evitando forzature. La creatività dei due chef non si traduce mai in virtuosismi fini a sé stessi; piuttosto, emerge dal rispetto per i sapori originari e dall’accuratezza nelle composizioni. Franchini e di Muro descriverebbero il proprio approccio come una continua ricerca dell’essenziale, in cui la tecnica è strumento e non protagonista, e ogni boccone rimanda a una memoria riconoscibile, pur sorprendendo nella forma e nelle sfumature.
L’esperienza si arricchisce di suggestioni visive e olfattive: i colori caldi delle salse, la delicatezza delle erbe fresche adagiate sul piatto, l’aroma sottile del burro nocciola che si fonde con la crosta caramellata di una proteina. In questo equilibrio tra eleganza e autenticità risiede la cifra stilistica di La Drogheria, dove la narrazione del territorio viene riletta con rispetto e discrezione, mai urlata. Un luogo che, senza eccessi né ostentazioni, incoraggia a riscoprire il valore del dettaglio e il piacere di una gastronomia che non ha bisogno di riconoscimenti altisonanti per esprimere la propria identità.
