Varcare la soglia di Locanda San Lorenzo offre l’impressione di entrare in una dimensione sospesa fra tradizione solida e moderno respiro. Luci soffuse e arredi misurati creano un’atmosfera composta, in cui legni chiari e dettagli di design manifestano una sobria eleganza, volutamente distante da ogni ridondanza. Le pareti raccontano la storia pacata della casa, lasciando spazio alle sensazioni, mentre il ritmo dell’ambiente accompagna i gesti misurati della cucina.
La mano di Damiano Dal Farra si riconosce subito all’assaggio: piatti composti con senso della misura, nessuna concessione allo spettacolo gratuito. I colori che accendono il piatto evocano stagioni precise: a primavera, punte di verde tenue accanto a note erbacee; d’inverno, radici scaldate da fondi scuri e saporiti. L’equilibrio tra acidità e sapidità è calibrato con cura, senza lasciare nulla al caso. La presentazione è curata, sobria, con porcellane dai profili netti che dialogano con la freschezza degli ingredienti: erbe spontanee appena colte, ortaggi che profumano di terra, una selezione di pesci d’acqua dolce, dettaglio che richiama il territorio alpino.
Ogni portata esprime una chiara fedeltà alla stagionalità, non come esercizio di stile, ma come linguaggio attraverso cui il territorio si racconta e si rinnova. L’approccio dello chef, guidato dal desiderio di restituire essenza e verità agli ingredienti, si manifesta nei sapori puliti, nei contrasti misurati e nelle cotture rispettose. Moderne tecniche di preparazione si rivelano in modo quasi impercettibile: valorizzano senza mai sovrastare, lasciando che sia il prodotto stesso a dettare il passo.
Non ci sono eccessi, né inclinazioni alla moda; domina piuttosto un’evoluzione discreta della cucina veneta, che non perde mai di vista la leggerezza, la trasparenza del gusto e l’identità della vallata. Damiano Dal Farra, con la sua filosofia fatta di ascolto della natura e precisione, propone una cucina contemporanea ma profondamente radicata: in ogni dettaglio si avverte il costante dialogo fra innovazione e memoria. Una tavola che rifugge le forzature, preferendo lasciare ai piatti il compito di raccontare storie vere, fatte di stagioni, materie prime e autentica sensibilità gastronomica.
