Varcare la soglia di PerBacco è come lasciarsi alle spalle il ritmo cittadino per entrare in uno spazio dove la cucina si fa racconto del territorio. Nel cuore di Bari, tra eleganti linee contemporanee e dettagli che richiamano la discrezione dell’ospitalità pugliese, ogni elemento dell’ambiente suggerisce una cura misurata: tavoli distribuiti con attenzione, luci calde che valorizzano materiali semplici e autentici, senza eccessi né ostentazioni superflue.
L’esperienza si costruisce innanzitutto sull’approccio dello chef Beppe Schino, che privilegia un dialogo costante tra memoria e presente. La sua filosofia non è quella dell’effetto facile o della provocazione sterile, ma una ricerca quasi filologica sugli ingredienti locali, sviluppata con rispetto e curiosità. La stagionalità detta il ritmo della carta, mentre l’interpretazione della tradizione si riflette sia nella scelta dei prodotti, sia nella composizione del piatto: al centro rimangono sapori franchi, percepibili senza filtri, anche grazie a impiattamenti essenziali che danno spazio al vero carattere della cucina pugliese.
Un passaggio da PerBacco si traduce, dunque, in una serie di assaggi che rincorrono sfumature – dall’olio extravergine di produttori selezionati alla pasta fresca fatta a mano, dal pesce del Mediterraneo trattato con rispetto fino alle piccole verdure degli orti locali – in un equilibrio che sorprende proprio per la sua sobrietà. Fotografare la proposta gastronomica come un viaggio è forse riduttivo: qui si percepisce la volontà di restituire un senso di appartenenza, più che di stupire.
Anche la presentazione segue questa linea: piatti puliti, essenziali, colori che variano tra la terra e il mare ma sempre con una certa misura, come se ogni dettaglio fosse ponderato per accompagnare la materia prima, mai per sovrastarla. La riconoscibilità presso alcune tra le guide più autorevoli conferma l’affidabilità del percorso, senza abbandonarsi a effetti scenici.
A PerBacco, ogni portata si rivela una mappa silenziosa della Puglia, un invito ad ascoltare i sapori invece che rincorrerli. È invece la somma di queste attenzioni discrete a restituire, nel complesso, il valore autentico di una cucina che si affida all’essenza più che all’apparenza.
