Amante della tradizione lombarda, lo chef Federico Boni lavora tutti i giorni nella sua Milano per portarla avanti ai massimi livelli. E dopo il bel riscontro da parte della clientela e della critica avuto da Sottobosco, è approdato da pochissimo in una nuova cucina. Quella di Trattoria Sincera, che ci racconta in anteprima.
Com'è iniziato il suo percorso in cucina?
Quando la maestra, in quinta elementare, ci chiese che lavoro avremmo voluto fare da grandi, dai compagni arrivano le solite risposte: "Astronauta", "Pilota"... Io risposi "Voglio fare lo chef". Non ho fatto nessuna scuola di cucina, a 18 anni iniziai a bussare alle porte dei ristoranti del Ponente ligure e incominciai a lavorare lavando i piatti. Da lì, con pazienza, impegno e sacrificio, iniziò tutto.
Qual ritiene sia stato il vero “salto” nella sua carriera?
Nel mio caso parlerei piuttosto un continuo sviluppo di questa professione, di studio e sperimentazione delle varie tecniche e tipologie di cucina, fino a giungere alla scelta di occuparmi della mia terra, delle mie tradizioni, della mia Milano. Una città la cui cucina viene spesso relegata al risotto giallo con l’ossobuco e cotoletta, mentre è in realtà è incredibilmente varia, ricca, interessante.
C’è qualcuno che considera il suo maestro?
Forse ne ho più di uno. Gualtiero Marchesi è colui che più di ogni altro ammiro. Alla cui consapevolezza e alla sua umiltà bramo di potermi anche soltanto avvicinare un giorno. Tra i miei maestri non posso però non ricordare i miei nonni. Il nonno chef di professione, la nonna cuoca di casa, che mi ha viziato con i più incredibili manicaretti di cui ancora oggi ricordo i profumi, i sapori e le consistenze.
Un motivo in più per occuparsi di piatti della tradizione. Come definirebbe la sua cucina oggi?
Una cucina di ricordi, di antiche ricette e metodi di cottura. Ricordi di profumi e sapori d’infanzia ma anche memorie più ataviche, impresse, seppur sepolte dalla globalizzazione alimentare, nell’anima delle persone. La scelta di una cucina tradizionale, con prodotti del territorio, frutto di una ricerca quasi ossessiva, è ciò che per me esprime realmente il concetto di “buona cucina”. Ritengo che la più grande innovazione in cucina sia essere il più fedeli possibile alla tradizione. Il mio obiettivo è riproporre ai miei ospiti le emozioni che provavo da bambino mangiando il risotto della nonna.
Dopo il successo del suo lavoro da Sottobosco, sta per partire con un nuovo progetto a Milano. Di cosa si tratta?
Siamo appena partiti con Trattoria Sincera, un piccolo ristoro in via Porpora, grande crocevia di culture, idee e abitudini alimentari diverse, dove viene offerto uno scorcio della cucina di una volta in una realtà ormai "ultracontaminata", in cui le tradizioni rischiano di essere perse, dimenticate.
Con queste premesse e con questo nome, anche qui immaginiamo di trovare cucina locale.
La cucina, inutile a dirsi, sarà incentrata sulla tradizione delle Lombardia, con i magnifici prodotti del suo territorio e le ricette della tradizione.
Ci può anticipare qualche chicca del menu?
Il menu prevede un’ampia selezione di salumi e formaggi nostrani, alcuni prodotti direttamente da noi. C'è poi una carrellata di paté e terrine e gli immancabili mondeghili. Ai grandi classici, come la costoletta di vitello e l’ossobuco, sarà affiancata qualche perla dimenticata. Tutto sempre all’insegna dell’homemade, con attenzione massima alla qualità e alla stagionalità.
C'è un ingrediente che la rappresenta più di altri?
L’ingrediente a cui più sono affezionato è sicuramente il brodo, "ciò da cui tutto ha origine". Il segreto per la riuscita ottimale della maggior parte dei nostri piatti sta proprio lì, in un brodo eccellente.