100% Alba non è un libro di ricette. È la storia di una famiglia, quella dei Ceretto, che ha reso una cittadina delle Langhe un punto di riferimento per l’alta cucina internazionale. E ci è riuscita grazie al sodalizio - lavorativo ma anche di amicizia - con Enrico Crippa, lo chef del Piazza Duomo, tre stelle Michelin ad Alba. «Volevamo che questo fosse un libro educativo, uno stimolo per chi la passione della cucina e sogna di diventare come Enrico» spiega Roberta Ceretto. «Noi abbiamo dato a un ragazzo giovane carta bianca,e l’opportunità di realizzare i suoi sogni. E lui in cambio … beh, che dire, con Enrico abbiamo vinto la lotteria».
Il libro si sviluppa in lettere, dalla A di Alba alla Z di Antonio Zaccardi (il sous chef del Piazza Duomo). Una storia, quella della famiglia Ceretto, che si unisce a quella di Crippa da quando decidono di aprire un ristorante. Da subito si instaura un rapporto di fiducia totale - con la famiglia, ma anche con le Langhe. "Il territorio mi ha avvolto nelle sue braccia" spiega Enrico, che è di origini brianzole, ma nella sua cucina ha subito accolto elementi come l'Agnello Sambucano o il Porco Cinturello. O le verdure del suo orto, che ormai è diventato una sorta di leggenda. Nessun dubbio che se ne occupi proprio lui: basta chiedergli cosa sta coltivando in questo momento, e sentire la passione con cui racconta della fase calante del soncino, o delle tipologie di fiori eduli.
Il Piazza Duomo ha aperto nel 2005: nel 2006 la prima stella, nel 2009 la seconda, nel 2012 la terza. Il segreto di un successo così immediato? "Non voglio criticare nessuno, ma Enrico non va in televisione, non gira per eventi, non fa pubblicità" spiega Roberta "Lui sta in cucina. E si è creato intorno una squadra perfetta".
Tra gli aggettivi che si sentono più spesso su di lui: serio, timido, schivo. Lo infastidiscono? "No. Io sono davvero così: preciso e meticoloso, mi faccio gli affari miei ma mi faccio benvolere. Quello che mi dà fastidio è quando mi dicono che la mia cucina è leggera e fresca per l'influenza giapponese. È vero, l'esperienza in Giappone è stata importante nella mia formazione, ma il mio stile è il mio". In Giappone ha passato tre anni, tra Kobe (dove il suo maestro Gualtiero Marchesi aveva aperto un bistrot) e Osaka. Difficile, ora, stare in mezzo alle Langhe? "No. Il Piazza Duomo ha senso solo qui. Il territorio e le stagioni mi impediscono di annoiarmi. E mi aiutano a crescere".