Identità Golose 2024, ha aperto le porte all’edizione milanese numero 19. Il congresso di alta gastronomia internazionale, ideato da Paolo Marchi e Claudio Ceroni, ospita da sempre le figure più rilevanti del mondo dell’alta cucina, portando sul palco idee, innovazioni e voci che sono la prima linea di questo universo. L’edizione di quest’anno ha come temi principali innovazione e disobbedienza che sono anche le due parole chiave del claim della kermesse, “Non esiste innovazione senza disobbedienza: la rivoluzione è oggi”. Leggi di seguito i momenti salienti della giornata.
Identità Golose 2024 – Il primo giorno
Bobo Cerea e Identità di Formaggio
La Sala Blu 1, apre le sue porte con Identità di Formaggio, una serie di appuntamenti interamente dedicati all’eccellenza casearia. A inaugurare questa sessione c’è Bobo Cerea che non ha di certo bisogno di presentazioni. La famiglia Cerea è uno dei simboli più importanti dell’alta ristorazione in Italia e nel mondo e quando si parla di disobbedienza, vengono in mente Bruna e Vittorio Cerea, quando nel 1966 hanno aperto il loro primo ristorante a Bergamo portando sulle tavole il pesce, ingrediente insolito per quel territorio e quell’epoca. “Disobbedire, oggi, vorrebbe dire appassionarsi alla cucina e alla gastronomia con un approccio più duraturo e intenso dal punto di vista dei sogni e delle ambizioni”, dice questo Bobo Cerea parlando del tema di questa edizione. Interessante il piatto portato durante l’intervento, una rivisitazione del cappuccino all’italiana in versione salata. Si tratta di un piatto completamente vegetariano in cui il formaggio, Parmigiano Reggiano nello specifico, è protagonista. Immaginate un cappuccino composto da caffè e schiuma di latte e ripensatelo in versione salata. Il “caffè” è ottenuto da sole patate cotte al forno con cui viene poi preparato un brodo dal gusto molto intenso che viene fatto sobbollire fino a 12 ore. La schiuma del cappuccino è al sifone ed è preparata con un Parmigiano giovane, latte e latticello a conferire una piacevole nota acidula. A guarnire non c’è ovviamente la polvere di cacao, ma una generosa grattugiata di tartufo nero pregiato. “È il cliente che fa diventare iconica una ricetta”, dice Cerea e questa è sicuramente destinata a lasciare un segno tra i piatti memorabili di questo team.
Chiara Pavan e Manuel Agnelli: disobbedienza e libertà
È in auditorium uno degli appuntamenti più attesi della giornata e forse dell’intera manifestazione. Chiara Pavan, chef del ristorante Venissa (1 stella Michelin e 1 Stella Verde) è sul palco con Manuel Agnelli, musicista e produttore discografico. In questo intervento non si cucina e non si fa musica, si è parlato però dell’importanza di disobbedire, di talento e di passione. “Disobbedire è una delle parole con cui descriviamo la libertà”, dice Pavan “sono cresciuta in un’epoca in cui c’è libertà. Ho disobbedito al paradigma della libertà, dandomi delle regole”. Agnelli parla dell’importanza della passione collegandosi al talento che non è riservato a determinati ambiti ed è il risultato di intuizioni, creatività e applicazione di idee. Chef e musicista chiudono l’intervento con un pensiero comune che si basa sul concetto di collaborazione. Senza lavoro collaborativo si resta prigionieri delle proprie idee, è importante quindi contaminare e farsi contaminare dagli altri: nella musica così come in cucina.
La disobbedienza come opportunità: Steccanella a Identità di Pizza
Dodicesimo anno per Identità di Pizza, segno del grande interesse per il mondo dell’arte bianca da parte di Identità Golose, espresso anche dal recente rilascio della prima Guida pizzerie e cocktail bar d’autore. La prima giornata nella Sala Blu 2 del Congresso è stata caratterizzata dall’abbinamento delle pizze proposte con lo champagne Billecart Salmon. Particolarmente d’impatto la storia di Irina Steccanella, una disobbediente vera, a parafrasare il tema di questa edizione, per volontà e per necessità. Cruciale, per esempio, è stata la perdita irreversibile dell’80% del senso dell’olfatto dopo aver contratto il Covid, un malus a tratti insormontabile per una chef. “Ho dovuto reinventare la mia memoria sensoriale, ma ovviamente tutto questo ha avuto una ripercussione sui miei piatti” ha raccontato sul palco. E poi la folgorazione per la pizza, grazie all’incontro con Franco Pepe e la sua arte. “Quando ho iniziato a impastare sono ritornata a sorridere, allora ho capito che era la nuova strada da seguire”. Da un anno Steccanella ha affiancato alla cucina anche il mondo dei lievitati, con l’installazione di un forno a legna direttamente in sala nella sua trattoria a Savigno, nel Bolognese. “Quando ho dovuto decidere che tipo di pizza fare, ho capito che potevo e dovevo restare fedele alla mia idea di cucina legata al territorio”. E così è nato l’impasto dell’Appennino, fatto di farina bianca debole, dalle 18 alle 24 ore di lievitazione e topping che abbracciano la tradizione: al Congresso ha proposto la sua Pizza Scarpetta guarnita con ragù, abbinata con uno champagne Rosè. La pietanza più popolare con il re dei vini, un binomio disobbediente per una storia che sicuramente si farà ricordare.
Rovesciare il tempio della tradizione: la cucina d'immigrazione di chef Kalika
Tomàs Kalika, chef di di Mishiguene a Buenos Aires, e dei più recenti progetti Cafè Mishiguene e Porteno, ha parlato della sua personale “disobbedienza” nei confronti della cucina ebraica, che nel 2014 ha deciso di reinventare contaminandola con le tecniche più avanzate. Chef Kalika è arrivato al Congresso dopo un viaggio di 24 ore in cui è successo di tutto, tra cui lo smarrimento della valigia che conteneva 50 chili di carne che avrebbe dovuto trasformare in pastrami. “Le difficoltà vanno accolte e non subìte – ha sorriso dal palco – così oggi anziché cucinare vi racconterò la mia storia”. Una storia nata per reinventare e rovesciare il tempio della tradizione gastronomica. “Mi hanno chiamato il killer della cucina ebraica, ma la cucina ebraica vera e propria non esiste per via della storia millenaria che l’ha portata a contaminarsi nel corso dei secoli, complice la migrazione del nostro popolo”. E ha preso ad esempio proprio il pastrami. “Qual è la ricetta originale? Forse quella che risale all’impero Ottomano. Ma il pastrami lo fanno oggi in Lituania come a New York, ed è impensabile che la carne sia insaporita ovunque allo stesso modo”.
Oriol Castro e il potere della creatività di Disfrutar
La giornata in Auditorium si è chiusa con l’intervento magistrale di Oriol Castro, parte del trio con Eduard Xatruch e Mateo Casañas alla guida di Disfrutar, il ristorante tre stelle Michelin di Barcellona numero 2 della lista The World’s 50 Best Restaurants. Castro ha portato sul palco di Identità Golose 8 creazioni direttamente dal menu di Disfrutar, a partire dalle acque (di caffè e lumo) fino ad arrivare ai rivoluzionari coulant nixtamalizados, trionfo di tecnica e creatività e nuova frontiera delle preparazioni della loro cucina. Simbolico, tra gli altri, il calçot liofilizado. Uno dei piatti più tradizionali e popolari catalani, il calçot (cipollotto) alla brace, diventa un concentrato di innovazione in un piatto che lo vede presente in tre forme: liofilizzato (e quindi croccante), in forma di olio e in un consommé. Il tutto servito su una tegola coperta con il diario del calçot, una sorta di prima pagina di quotidiano che riporta la storia del piatto. Quando la disobbedienza lascia senza parole. “Cos’è la cosa più importante della tecnica? Saperla realizzare, certo, ma soprattutto saperla poi applicare in mille modi e forme diverse. Tecnica, sapore e forma sono i lati del triangolo perfetto” ha concluso Castro, mentre in sala venivano distribuite carte da gioco griffate Disfrutar con riflessioni sulla cucina da condividere con amici o familiari. Applausi.
Carlo Cracco e Mattia Pecis: la cucina di Cracco Portofino
Il progetto di Cracco Portofino è alle porte della sua seconda apertura stagionale e Mattia Pecis, lo chef proveniente dal vivaio di Cracco, è il volto di questa meravigliosa realtà. Durante l’ultimo intervento della giornata in Sala Blu 1, Cracco e Pecis raccontano come hanno disobbedito a quello che tutti si aspettavano, cioè un menu completo di tutti i tipi di ingredienti. Da Cracco Portofino si trovano solo prodotti ittici e dell’orto, una grande valorizzazione del territorio che non comprende quindi elementi di carne. Per evitare sprechi alimentari, il team capitanato da Pecis è andato nella direzione della tecnica. La frollatura permette di usare tutte le parti del pesce e soprattutto di conservarlo più a lungo perché non sempre è disponibile fresco. A tal proposito viene presentato il fusillone con ragù di tonno. Il tonno viene frollato per 15-20 giorni e poi tritato fino ad ottenere un macinato alla vista identico a quello di manzo. Con questo macinato di tonno si prepara un classico ragù che cuoce per circa 8-9 ore. Il ragù di tonno frollato assume un sapore molto simile a quello della carne, viene centrifugato e la salsa che si ottiene diventa la mantecatura della pasta. A completare il piatto ci sono origano cubano, santoreggia e maggiorata, tutte erbe provenienti dal territorio circostante. Una cialda di siero di Parmigiano conferisce al piatto una nota acidula che bilancia il piatto e riporta la mente alla grattugiata di formaggio sopra alle tagliatelle al ragù.