Una vera e propria storia d'amore quella di Mariana Melillo per il mondo del bar.
Nel settore la barlady non ha soltanto coltivato la propria passione lavorativa ma anche conosciuto il suo compagno di vita. Una storia che vale la pena di raccontare, come ha fatto in quest'intervista a Fine Dining Lovers.
Quando è nata la passione per questo settore?
In realtà è nato tutto per caso: ho iniziato a lavorare durante gli studi, volevo un po' d'indipendenza economica, Mi sono ritrovata, grazie a conoscenze di famiglia, in un locale aperto da poco nella mia città, Andria. È lì che mi sono innamorata del mondo dell'hospitality in generale e in particolar modo del bar. Credo siano già passati circa dodici anni...
Raccontaci di più di questa tua prima volta dietro ad un bancone.
Era un locale andriese aperto tutto il giorno, in pieno centro. Si chiamava Coffee Gate 63. Qui si passava dalla colazione con la caffetteria agli aperitivi con l'American bar. Io non ero capace di fare nulla, se non di sorridere e annuire. Non avevo idea di come funzionasse una macchina del caffè né tantomeno di come si realizzasse un drink. Quindi la mia prima volta dietro il bancone è stata come "addetta alla plonge": ho lavato tazzine e bicchieri.
C’è qualcuno che considera il suo maestro?
Ebbene sì, c'è una persona che ha notato e mi ha portato più di chiunque altro ad amare questo lavoro. Mi ha insegnato tutto quello che so ed è la persona con cui ancora oggi mi scontro e confronto. Si potrebbe dire che mi ha trasmesso a tal punto il suo amore per questo lavoro che alla fine ci siamo innamorati due volte, prima del lavoro e poi l'uno dell'altra! Colpo di scena: il mio maestro è il mio compagno di vita, il suo nome è Tommaso Scamarcio, una personalità seguita e stimata del settore. Avendo una relazione con lui posso scherzosamente dire, ma nemmeno troppo, che ho cercato di carpire i suoi segreti del mestiere anche tra le mura domestiche.
Oltre alla sua prima esperienza, quali altre l'hanno resa la professionista che è oggi?
L'esperienza all'estero mi ha sicuramente aiutato a capire i trend culturali e ad ampliare le mie conoscenze in materia di drink, un piccolo viaggio studio in California mi ha insegnato che tutto è possibile se lavori duro e studi tanto. Ancora il Club Derrière, speakeasy di Roma, mi ha portato, tramite il lavoro in sala, ad apprendere come individuare il gusto del cliente, fondamentale per vendere e creare drink. Senza dubbio le esperienze nella mia terra mi hanno fatta conoscere come professionista. In particolar modo Barz8, locale sul porto di Bisceglie dove ho lavorato fino a non molto tempo fa, mi ha fatto diventare ciò che sono oggi. Lì ho imparato a gestire le tante responsabilità affidatemi, a gestire le risorse umane. Inoltre lì ho potuto completamente liberare la mia creatività, dando vita alle mie personali drink list.
Sta lavorando ad un nuovo progetto. Di cosa si tratta?
Sto lavorando in realtà a tanti nuovi progetti! Questo lavoro, si sa, prevede che ci si sappia reinventare, evolvere. Sto puntando ad ampliare il mio campo di competenza, ad approfondire tutti gli aspetti del mio lavoro: il management aziendale, il marketing, i social media. Sono una persona estremamente curiosa che ha bisogno di capire le cose, oggi bisogna essere sempre più veloci per restare al passo coi tempi. Quindi, per scaramanzia, al momento non posso svelare proprio tutto. Posso solo dire che mi concentrerò di più sulla formazione. Trovo appagante trasmettere il sapere e soprattutto la passione che questo lavoro è capace di darti. Sicuramente i sacrifici sono molti ma ma è altrettanto ricco di esperienze e gratificazioni! E poi chissà... magari un domani un locale tutto mio non mi dispiacerebbe. Niente di pretenzioso, un posto semplice e sicuro dove far sentire la gente a casa.
Ci sono ingredienti che ama utilizzare più di altri nella mixology?
Amo molto utilizzare ingredienti della terra, mi piace la parte "healthy" del cocktail bar. Amo i datterini, per esempio. Mi interessa il rispetto della stagionalità degli ingredienti. Non ho limiti ma di base mi piace la miscelazione semplice. I vermouth, la liquoristica, e i distillati d'agave.
C’è un drink che la rappresenta?
Forse uno fra tutti è il mio Miguel, ispirato al cartone animato Disney Coco, che racchiude lo spirito della cultura messicana che amo molto. È composto da due tequila differenti, una più erbacea e una più fumosa, che incontrano l'umami del datterino giallo, la dolcezza speziata di un cordiale a base di cipolla rossa e miele al coriandolo. Ancora Ancho Reyes verde, un liquore cileno a base di peperoncini verdi, un pizzico di tabasco se gradito, A chiudere questo mix scoppiertante una birra blanche o ipa, in base alla struttura del gusto che vogliamo dare.