Passeggiando tra le sale di Acqua, si percepisce subito la ricerca di equilibrio che ispira ogni dettaglio: la luce naturale che filtra tra le ampie vetrate, le linee pulite dell’arredamento contemporaneo, qualche nota discreta di legno scuro e superfici luminose a richiamare lo scorrere silenzioso di un fiume. La sala – intima, ma essenziale – favorisce un’atmosfera rilassata, dove il percorso gastronomico prende forma in modo naturale, quasi senza forzature. Lo chef Alessandro Menoncin propone una cucina che rifugge esibizionismi e si concentra su una cura minuziosa della materia prima. Il suo approccio si fonda su una visione precisa dell’ospitalità: ogni ingrediente viene selezionato in funzione della stagione, lasciando che siano i sapori, puliti e distinti, a raccontare la propria storia. La mano dello chef si riconosce in accostamenti calibrati, mai invadenti, con una predilezione per l’armonia tra diverse componenti del piatto, il tutto orchestrato da una sensibilità contemporanea. L’esperienza inizia con antipasti disposti come piccoli quadri, talvolta giocando su trasparenze, emulsioni leggere e cromie che sottolineano la freschezza dell’offerta. Sorprende la capacità di presentare ingredienti di territorio senza insistere su note rustiche, piuttosto sublimandoli nel dettaglio – una foglia aromatica, una salsa vellutata, una croccantezza ben dosata. Ogni portata si presenta ben definita, valorizzando sia la tecnica di esecuzione sia la ricerca estetica, senza mai cedere alla tentazione dell’eccesso. Il menu di Menoncin si sviluppa come una narrazione sottovoce, in cui ogni piatto invita alla riflessione, più che allo stupore immediato. Non è il singolo abbinamento a sorprendere, ma il percorso complessivo: un susseguirsi di sapori che privilegia continuità e purezza. Il rispetto per la stagionalità si traduce in una varietà che evolve lungo l’anno, e questa mutevolezza aggiunge ulteriore profondità all’esperienza. Acqua, grazie a questa coerenza stilistica, si afferma come un indirizzo che privilegia la sottrazione piuttosto che l’aggiunta, rimanendo fedele a una visione gastronomica che mette al centro l’autenticità e la misura.
