Varcata la soglia di Gaudenzio si percepisce immediatamente una sensazione di equilibrio: arredi dalle linee sobrie, colori naturali, qualche tocco moderno che non disturba la memoria delle radici piemontesi. La luce, misurata e discreta, accompagna la vista sui tavoli in legno essenziale, lasciando che la scena sia dominata dalla mise en place pulita e da piatti che mettono al centro la materia prima. In quest’ambiente raccolto e mai artefatto, emerge il desiderio di proporre un’esperienza priva di orpelli, in cui ogni elemento appare scelto con cura e nessun dettaglio sembra lasciato al caso.
La cucina di Giorgio Cotti si basa su un rigore che non diventa mai rigidità: privilegia l’essenzialità, un approccio che si traduce in piatti capaci di esprimere una personalità netta senza eccessi di virtuosismo. L’attenzione non è rivolta solo al gusto, ma anche ai profumi e alle consistenze che mutano tra una portata e l’altra, sostenuti da ingredienti di stagione provenienti quanto più possibile dal territorio circostante. La filosofia dello chef ruota intorno alla valorizzazione dell’autenticità, spingendo sempre a sottrarre piuttosto che aggiungere per arrivare all’essenza stessa del sapore.
La presentazione è sottile, mai gridata: colori tenui, impiattamenti lineari e una predilezione per le forme semplici che richiamano il rispetto per la tradizione senza mai cedere alla nostalgia. Le portate, spesso introdotte da accostamenti che sorprendono per la loro logica interna, lasciano spazio al riconoscimento nitido di ogni singolo ingrediente. Nonostante una cifra contemporanea evidente, i richiami alla cucina piemontese permeano la carta: si intuisce un legame profondo con la storia locale, riletto attraverso una lente moderna e consapevole.
Gaudenzio non rincorre l’effetto speciale: qui la costanza, la misura e la ricerca dell'autenticità costituiscono l’unicità della proposta. Ogni dettaglio—dal boccone che svela un equilibrio inatteso alle note olfattive che anticipano il sapore—riflette il tentativo di instaurare un dialogo diretto tra il piatto e chi lo assapora, invogliando a scoprire la ricchezza che si cela nella semplicità.
