Si è tenuta il 19 e 20 maggio 2024 la terza edizione del Gastronomika Festival, l'evento organizzato da Linkiesta Gastronomika, andato in scena ai Bagni Misteriosi del Teatro Franco Parenti di Milano. La formula è ormai consolidata: se la giornata di domenica, aperta al pubblico, è ruotata attorno a talk, lecture e dibattiti, cui hanno partecipato chef e attori del mondo culinario, il lunedì ha visto protagonisti i professionisti del settore under 40, coinvolti in un grande “hackathon”, una giornata di discussione attorno a tavoli tematici.
Il filo conduttore di Gastronomika 2024? A tutti i costi: un’analisi del valore e dei costi - economici e umani - della ristorazione, della mixology, del vino e dell’hôtellerie, affrontata, come sempre, attraverso il confronto costruttivo. Non sono mancate le novità, a partire da un annuncio del direttore Anna Prandoni: è in arrivo la prima edizione palermitana del Festival, in programma il 12 e 13 giugno a Villa Riso, a Mondello.
Gastronomika Festival 2024: il report
Chef e patron: modelli di imprenditoria nella ristorazione
Una delle caratteristiche del Festival è quella di mettere a confronto più voci, che a diverso titolo dialogano su tematiche di attualità gastronomica. Un pluralismo che porta a risultati (e riflessioni) interessanti. Nella giornata di domenica, dopo un intervento sul valore del lavoro in collaborazione con Fipe - Federazione Italiana Pubblici Esercizi, ecco che chef e patron si sono confrontati sul tema Come si cucinano i soldi, con importanti testimonianze. A partire da Salvatore Aloe, che assieme al fratello Matteo ha fondato Berberè, nota insegna di pizzerie presenti sul territorio italiano e non solo; Claudio Liu, imprenditore alla regia di Iyo Group di Milano, che per primo nel nostro Paese è riuscito in un'impresa, ossia conquistare una stella Michelin con una cucina non italiana, ma di ispirazione orientale; Giancarlo Perbellini, chef veronese alla regia del ristorante due stelle Michelin Casa Perbellini, che oggi è a tutti gli effetti un imprenditore, alla guida di ben nove locali in diverse zone d’Italia.
Come ha ricordato Perbellini, all’inizio era più un cuoco che un imprenditore: dal 2002, quando la sua società si è separata, è dovuto uscire dalla cucina per occuparsi dei costi, passando dai conti fatti sulla carta al file elettronico. Oggi lo chef ha un modello gestionale per seguire tutti i suoi locali, cerca di essere sempre presente anche alla Locanda Perbellini al Lago, sul Garda, e alla Locanda Perbellini al Mare, in Sicilia. Come ha raccontato, al suo locale di Milano manda i tutorial delle ricette, in modo da essere comunque presente, seppur in maniera “digitale”. Bisogna cambiare la testa e affrontare nuovi modelli di ristorazione, ha concluso lo chef-imprenditore. “Non si può avere la pretesa di essere presenti ovunque, ma è fondamentale trovare il modo per seguire e rimanere concentrati su tutto ”.
Italianità in cucina: da Roy Caceres a Carlo Cracco
Nel pomeriggio di domenica, poi, si sono confrontati chef italiani all’estero e chef dal mondo, attivi nel nostro Paese: un collegamento via Skype ha messo in comunicazione, da New York, Riccardo Orfino di Travelers, poets and friends, Stefano Casale e Mattia Rancati dell’Eleven Madison Park con Gabriel Renteria Linda del Laboratorio di antropologia del cibo, Mariano Guardianelli di Abocar Due Cucine a Rimini e Roy Caceres di Orma.Roma, presenti sul palco milanese di Gastronomika. “Quando sono arrivato in Italia volevo fare la migliore cucina italiana”, ha raccontato quest'ultimo. “Poi, ho trovato il mio equilibrio. Per esempio, quando ho avviato il progetto Carnal, durante il lockdown, ho proposto tacos messicani preparati con i migliori ingredienti del territorio”, ha spiegato Caceres. Prima della lecture di Carlo Cracco, attesissimo ospite della giornata, sul palco del Festival è stato divertente assistere ad Antigourmet, un confronto tra Luca Sofri, direttore de Il Post, e Gianni Tratzi di Mezzaluna Consulting, esperto di caffè. Un dibattito tra due posizioni diverse, tra chi chiede al bar un semplice espresso con lo zucchero e chi, invece, si occupa di caffè a livello professionale e, “da bravo nerd”, approfondisce temi quali la modalità di estrazione e il consumo, la tostatura e la provenienza del prodotto.
Infine è arrivato il momento di Cracco, che prima ha dialogato con Anna Prandoni, poi si è confrontato con i giovani under 40, rispondendo alle domande di due studenti di Alma e di due italiani che stanno conquistando Parigi negli spazi di Hémicycle, Aurora Storari e Flavio Lucarini. “Com’è cambiata la cucina italiana rispetto a quando ho iniziato? Prima si faceva una cucina diversa, molto semplice: il 70% era già cotto. Di espresso c’erano solo i primi e, a volte, la griglia. Poi, si è affermato Marchesi, che aveva un’idea di cucina totalmente diversa, con un approccio differente, in un’epoca in cui il must era la pasta con le tre “P”, panna prosciutto e piselli, un piatto ruffiano e molto ricco, senza grandi consistenze. Marchesi ha cominciato con la cucina francese, poi l’ha abbandonata ed è ripartito dalla cucina italiana regionale, mettendo al centro la regionalità appunto, e l’interpretazione”, ha raccontato Cracco. “Quando sono arrivato alla corte di Marchesi, non c’era molto da apprendere, ma c’era una gestione da imparare. Ha giocato a mio favore aver lavorato in macelleria, ero abituato a disossare la carne, mentre nessuno sapeva tagliarla. Da Marchesi la carne arrivava già tagliata, bisognava solo adattarla all’idea del maestro. Ma è stata la prima volta che ho finalmente sentito parlare di cucina italiana, anche se in brigata c’erano pochi italiani”.
Gli under 40 della gastronomia: all’opera e a confronto
Un party serale a bordo piscina ha visto protagonista lo street food di giovani under 40 della gastronomia. Un evento gourmand che ha visto sfilare tante originali creazioni: dalla Tostada con pulled plant based (con cheddar, salsa roja, yogurt, jalapeno, melone bianco con sale tajin, lime, coriandolo e queso fresco) di Eugenio Roncoroni alla Piadinetta con patate dell’orto, pulled di tonno, cavolo nero e basilico greco di Mattia Pecis, dal Pan brioche tostato con tonno marinato al gin e lardo di patanegra di Claudio Ravai al Moddizzosu di semola e patate con diaframma e cipollotto grigliato e fondo alla senape di Andrea Cicu, dall’Arepas di salmone affumicato Mowi, maionese al prezzemolo, avocado e sesamo di Pedro Hernandez di El Caminante, alla Focaccia di pane raffermo e patate arrostite con Tartare di dentice, carota fermentata, aglio orsino e fiori di sambuco sottaceto di Marco Apicella, sino al Toast di orecchie di elefante di Falvio Lucarini. Per concludere in dolcezza, poi, una serie di dessert originali: Millefoglie, verbena, vaniglia e ciliegie, ma anche Sablé di mais, cremoso alla nocciola, fava di cacao e lampone di Marco Pinna, finto Hot Dog e Cocco bello di Lucrezia Giletti e Luca Pellegrini, maritozzo allo yuzu e i cannoli siciliani della Pasticceria Gelsomina. Da bere? Chinò Sling, il nuovo cocktail di Bibite Sanpellegrino, con Chinò, Sherbet all’arancia e amaro.
Lunedì 20 maggio, poi, si è tenuto il consueto hackathon dedicato agli under 40, con 20 tavoli tematici, che hanno visto partecipare giovani addetti ai lavori, moderatori e reporter. Tra gli argomenti trattati, Il valore della provincia, Pizza: fette di valore, Low Alcol, Naturale a tutti i costi, Il valore dell’accoglienza (in collaborazione con S.Pellegrino), Servire non ha prezzo, Giovane a tutti i costi, Innovare costa, Il pane costa troppo (poco). A proposito di giovani, nel pomeriggio sono saliti sul palco del Festival Valeria Raimondi (direttore di Fine Dining Lovers e S.Pellegrino Young Chef Academy) e Marco Apicella, chef patron del ristorante Al Peschereccio di Vedano Olona, in provincia di Varese, tra i finalisti italiani di S.Pellegrino Young Chef Academy Competition 2022-23, vincitore dell'Acqua Panna Award for Connection in Gastronomy. Insieme hanno raccontato la realtà di Spyca, delle opportunità che dà ai giovani chef di tutto il mondo, dalla possibilità di mettersi alla prova con il concorso agli stimoli formativi. Le attività dell’Academy, infatti, sono pensate per dare alle giovani leve della cucina delle importanti dritte per vivere al meglio la professione, con una serie di focus che includono la gestione economica e la comunicazione di un ristorante. Come ha ricordato Raimondi, gli chef under 30 hanno tempo fino al 19 giugno per iscriversi all’edizione 2024-25 di S.Pellegrino Young Chef Academy Competition.
Chicco Cerea e Antonia Klugmann: la parola alla cucina d’autore
Il pomeriggio della seconda e ultima giornata del Gastronomika Festival si è concluso con due interventi molto interessanti, che hanno dimostrato come la cucina d’autore e la sua concezione cambi da chef e chef, da progetto a progetto. Chicco Cerea, alla regia del ristorante Da Vittorio, tre stelle Michelin a Brusaporto (Bergamo), ha raccontato la trasformazione del Gruppo Da Vittorio, che oggi gestisce diversi format e attività, dal ristoranti casual DaV, alla pasticceria Cavour 1880. “Mi sento 50% chef e 50% imprenditore”, ha detto. “Nella vita ci vuole grande coraggio sempre, non bisogna mai fermarsi”, ha aggiunto. Col tempo, crescendo come imprenditore, lo chef patron ha assunto delle figure specifiche che aiutassero la famiglia nella gestione: dal direttore operativo per il laboratorio al direttore HR per la gestione del personale. In modus operandi in cucina? “Tutto parte dall’idea di fare un piatto buono. Questo è il più bel lavoro del mondo: la più grande soddisfazione è vedere gli occhi di chi è felice in sala, dopo che ha assaggiato un piatto”, ha concluso Cerea, anticipando che il prossimo progetto del Gruppo Da Vittorio avrà come focus il gelato.
Molto intenso anche l’intervento di Antonia Klugmann, chef de L’Argine a Vencò, una stella Michelin, nel cuore del Collio. Una terra che ha scelto, per stare nel verde, circondata dalla natura. “Non esiste la città come centro creativo unico. Siamo un Paese fatto di province. Il mio essere imprenditrice è fortemente legato al mio processo creativo… Sapevo che dovevo guadagnarmi quello spazio che nessuno mi avrebbe dato”, ha raccontato. Poi, uno sguardo al passato e al processo creativo, la cucina come modalità espressiva, il lavoro come ambito per autodefinirsi. “Attraverso il lavoro io riesco a capire chi sono. La mia è una vera passione per la cucina: un amore senza compromessi, una scelta che ho fatto, di cui non mi sono mai pentita”, ha spiegato. Come elevare ciò che facciamo, come migliorare o sviluppare le nostre capacità? “Pian piano, ripetendo ciò che si fa: è un processo lento, prima o poi si fa tutto. Per esempio, oltre alla cucina, a me piace la fotografia, ma anche giocare a tennis: più approfondisci le cose e più tutto è connesso”, ha spiegato la chef. “Osservare te stesso da fuori, come apprendi, è molto interessante: bisogna entrare dentro le cose”. Infine, una nota sul talento e sui generi: “Il talento è diviso a metà, 50% uomini e 50% donne: se non c’è almeno il 50% di presenza in un settore, significa che ci stiamo perdendo del talento”.