Ha 35 anni, un curriculum ricco di riconoscimenti e le idee ben chiare. Francesco Marasciulo è il pizzaiolo alla guida di Chinè, insegna nata a Monopoli nel 2017, oggi presente anche a Gioia del Colle e a Bari. “Perché Chinè? È un nome corto e facile da ricordare, ma è anche il termine con cui si indicava un tessuto di seta che si usava negli anni Trenta-Quaranta: un richiamo all’ambito sartoriale che rispecchia il locale, perché diamo le forbici per tagliare la pizza e cerchiamo di fare lievitati su misura per ogni cliente”, racconta.
"Abbiamo anche le pizze gluten free, su cui non applichiamo nessun sovrapprezzo per scelta aziendale. Tutti gli antipasti, i secondi e quasi tutti i dolci sono senza glutine: le mie pizzerie sono certificate come locali AIC", precisa. Marasciulo, che molti ricorderanno come vincitore del programma tv Master Pizza Champion, oggi è anche istruttore di Accademia Pizzaioli e, da qualche anno, giudice al Campionato Mondiale di Pizza Senza Frontiere. Ecco che cosa ha raccontato Francesco Marasciulo a Fine Dining Lovers.
Come è nata la sua passione per la pizza?
Fin da piccolo ho avuto la passione, ero affascinato dalla pizza, perché mio zio paterno aveva una pizzeria e passavo le ore a vederlo impastare. Ero affascinato dal fatto che lui riuscisse a modellare questa pasta con naturalezza. Era quasi ipnotico il movimento dell’impastatrice.
Quali sono stati i tuoi esordi professionali?
A 14-15 anni non mi sentivo orientato a rinunciare a uscire, per lavorare di sera… Poi, a 17 anni, le cose sono cambiate: lavoravo in un laboratorio dove facevo panzerotti e cornetti e, svolgendo questa attività, è rinata la passione verso l’arte bianca. Prima, per 12 anni, ho lavorato come dipendente, poi ho aperto la mia pizzeria, quando avevo 29 anni. Ho iniziato a studiare in maniera teorica e pratica la farina, i lieviti e gli impasti.
Nel suo curriculum ci sono diverse gare e vittorie.
Aprire la mia pizzeria è stata una sfida con me stesso: sono competitivo, ho partecipato a diverse gare. Nel 2016, l’anno prima di aprire Chiné, ho battuto un Guinness dei primati: il maggior numero di pizze fatte in 12 ore. Con un gruppo di pizzaioli, all’epoca, abbiamo battuto questo record (nel corso degli anni migliorato). Ho un bel ricordo: abbiamo donato tutte le pizze fatte sia ai passanti sia alle associazioni benefiche. C’era il giudice preposto a controllare che tutte le pizze fossero cotte in maniera adeguata e fossero tutte del diametro di 33 centimetri. L’impresa che più ha lasciato il segno è la vittoria di Master Pizza Champion, programma tv andato in onda su Canale Italia e Sky Italia, nel 2019.
Qual è più grande insegnamento professionale che ha ricevuto?
Quando ho iniziato a fare questo mestiere sul serio, mio zio Ciro mi disse: “Ricordati che fare il pizzaiolo non è solo un lavoro, ma uno stile di vita”.
In che cosa il mestiere di pizzaiolo è uno stile di vita?
Diventa uno stile di vita perché occupa molto tempo della giornata questo lavoro, ma anche perché si investe tanto nell’aggiornamento continuo, per stimolare il cliente a scegliere te. Ho iniziato a frequentare corsi di cucina, per avere maggiore conoscenza degli ingredienti, per gli abbinamenti dei topping sulla pizza. Tutta, o quasi tutta, la giornata viene dedicata alla ricerca per migliorarsi e piacere sempre più ai clienti. Oggi, per esempio, servo le pizze con le forbici: da un lato perché così si evita che l’impasto del cornicione si attacchi e dall’altro perché è un ricordo d’infanzia, è un gesto che rievoca l’immagine della pizza fatta in casa e tagliata in famiglia. Anche gli affettati vengono serviti a parte, sull'ardesia, in modo che non cuociano e non perdano di qualità.
Le sue pizze più iconiche?
La Master Pizza Champion, che è quella che ho portato alla finale del programma televisivo, con mozzarella, rape spadellate con pomodorini, pancetta artigianale cotta, crema di Pecorino romano dop, pangrattato passato in padella con alici del Cantabrico. La pizze fritte, ma anche le pizze che vado ad affumicare con legno di ciliegio e che servo coperte dalla cloche: la Smoked Sea con salmone o tartare di tonno o gamberi e la Smoked beef con tartare di manzo. Una volta che la pizza è arrivata al tavolo, si alza la cloche e il servizio è fatto, con la sorpresa del cliente, per la presentazione scenografica.
Come descriverebbe il suo impasto?
Ho cercato di dare unicità alla nostra pizza. Non mi sono affiliato a nessuno stile di pizza particolare: non è napoletana, non è romana, non è barese, ma si distingue per un cornicione pronunciato, che però ha una consistenza più croccante rispetto alla pizza napoletana. Questo riusciamo a farlo sia perché cuociamo a temperature più basse rispetto a quelle necessarie per la napoletana e sia perché, quando stendiamo l’impasto, usiamo una farina di riso termotrattata, che rimane più croccante rispetto alla classica semola.
Cosa non deve mai mancare in una buona pizza?
L’olio di qualità è fondamentale: siccome non mi piace mettere l’olio sulla pizza prima di infornarla, lascio su ogni tavolo una bottiglia di buon olio evo pugliese, in modo che il cliente possa gustare e apprezzare al meglio la pizza e il suo condimento.
Progetti futuri?
Per ora mi concentro sulle tre pizzerie: quella di Monopoli, che ho aperto a dicembre 2017, quella di Gioia del Colle (aperta nel 2020) e quella di Bari (inaugurata nel 2022). In estate c’è una quarta sede presso uno stabilimento balneare in collaborazione con un American Bar, Alchemico. La struttura si chiama Alchemicamente Chinè e si trova al Lido Pantano, a Monopoli Nord.