È uno degli indirizzi più longevi e amati del Lago di Garda, tra i locali storici che hanno determinato le sorti della sponda bresciana. Attivo dal 1965, il ristorante Capriccio, una stella Michelin, è un esempio felice di imprenditoria femminile e di come si possano superare le difficoltà attraverso la passione per il proprio lavoro e l’unione, che fa sempre la forza: dal 2009 è guidato dal duo costituito da Giuliana Germiniasi, in cucina, e dalla figlia Francesca Tassi, in sala. Due donne che hanno fatto di necessità virtù. “Il ristorante è stato fondato dai miei genitori, in seguito subentrò mio marito (Giancarlo Tassi, ndr). Scomparso prematuramente, io e mia figlia ci siamo trovate dall’oggi al domani a gestire da sole il locale”, ricorda la chef.
È in questo approdo gourmand a Manerba del Garda che la sera del 16 maggio 2024 si è tenuto il quarto appuntamento della nuova edizione del ciclo di cene L’equilibrio in un piatto in collaborazione con Acqua Panna. Per l’evento, la chef ha presentato un piatto ad hoc: Triglia alla gardesana, pil pil alla lavanda e zest di limone gardesano (nella foto qui sotto). “Per me è un’emozione essere stata selezionata per questo importante progetto. Quanto al piatto, abbiamo voluto scegliere un cult per i nostri clienti, che è la triglia, facendola sposare con i gusti del territorio gardesano, in maniera armoniosa, prestando attenzione anche al benessere delle persone. Le nostre salse, infatti, sono tutte naturali, biologiche: chi viene da noi deve provare piacere per quello che vede e che mangia, e deve stare bene. Questi sono i tre concetti che per me rappresentano l’equilibrio perfetto”, spiega Germiniasi, che firma piatti dall'impatto estetico curato, leggiadri, ma allo stesso tempo saporiti ed equilibrati.
Per l'occasione, abbiamo intervistato la chef: ecco che cosa ha raccontato a Fine Dining Lovers.
Innanzitutto, ci racconta il piatto dell'equilibrio che ha proposto?
Visto che da sempre siamo famosi per la cucina del pesce di mare, ho pensato alla Triglia alla gardesana, pil pil alla lavanda e zest di limone gardesano, partendo dall’idea di un prodotto ittico cult come la triglia, che è “il piccone dei pesci”. Gli altri ingredienti omaggiano il territorio gardesano: la salsa pil pil ha origini basche (si ottiene facendo cuocere il baccalà in olio cottura), la ricetta originale non prevede l’uso delle fruste, si muove tutto a mano, è molto tecnica come procedura e difficile da realizzare. La lavanda che aromatizza è una fragranza tipica del Lago di Garda: abbiamo un piccolo orto con le varie piante officinali che usiamo per le tisane, oltre alle piante da frutto. Anche la farcia della triglia omaggia il territorio, l’abbiamo rivisitata con una riduzione di limoni bio del Garda (la versione originale è con aceto), capperi e olive del territorio, quindi abbiamo dato spessore al tutto con del pangrattato, con l’acidità dell'agrume a pulire il palato. Sopra la triglia ci sono i puntini di salsa pil pil e zest di limone fermentato sotto sale. Nel piatto si vedono due salse, una rossa e una verde, rispettivamente con pomodorino confit e con alghe kombu. Si tratta di una ricetta che abbiamo creato su misura per il progetto: sarà in carta per tutto il periodo estivo.
Il Capriccio quest’anno ha riaperto dopo un grande restyling: com'è cambiato il ristorante?
Abbiamo rifatto tutti gli interni e i bagni, su progetto dell’architetto Manuel Pozzi dello Studio dell’Anna di Milano. Dal pavimento alle sedute, alla mise en place, ogni dettaglio è cambiato: l’intervento è stato molto importante, ora il ristorante ha uno stile moderno, ma caldo. Sin dall’inizio, infatti, abbiamo precisato che volevamo un locale contemporaneo, ma che facesse sentire le persone a casa, riflettendo lo spirito che da sempre caratterizza questo luogo storico. Sulla volta c’è un’installazione di arte contemporanea, color canna di fucile, la sala principale è declinata nei toni scuri del nero e del grigio, con le vetrate che danno sull’esterno. Le altre due sale sono diverse, prevalentemente di color crema con bande scure che riprendono le nuance dello spazio principale. Questa è la prima volta che Il Capriccio è al centro di un cambio così radicale: l’ha voluto fare mia figlia, si percepisce il mood giovane. Siamo soddisfatte: l’interno rimane elegante, ma non polveroso. E vedere i clienti storici soddisfatti per noi è bello.
Qual è l’insegnamento più grande che le ha dato questa professione?
Io inizialmente ero in sala e mia mamma in cucina. Siccome i dolci per me non erano all’altezza della situazione, il pasticciere mi disse “allora fatteli tu”. Ho iniziato così a studiare e a prepare i dolci, che uscivano particolarmente bene, così ho deciso di seguire dei corsi per i dessert, che curavo io. Poi mia madre mi chiese di andare in cucina a darle una mano e da allora non sono più tornata in sala. Credo che ogni giorno ci venga dato un insegnamento, da quello che si fa: io sono autodidatta, ho imparato tanto da mia madre, proprio perché inizialmente c'era lei in cucina. Dico sempre di “rubare” con gli occhi, ossia di imparare osservando. La voglia di apprendere può portare a stare bene e a crescere, a scoprire cose nuove: è un insegnamento continuo. Secondo me, tra qualche anno, a fine carriera, riuscirò a dare una risposta più precisa, perché si cambia con il tempo.
Gli ingredienti a cui non rinuncerebbe mai in cucina?
Il Capriccio è stato aperto nel 1965 e da allora siamo famosi per la cucina di mare. Tanto che, all’epoca, i critici gastronomici titolavano “Il Capriccio ha fatto scoprire il pesce di mare ai bresciani”: i miei genitori decisero di cucinare il pesce d’acqua salata perché all’epoca era una novità per la zona, non lo faceva nessuno, hanno rotto gli schemi. Non posso dunque che pensare al pesce come ingrediente immancabile nella mia cucina. Il 90% della nostra carta è composta dal pesce di mare, lo amiamo tantissimo, è una costante.
Quali sono i tre piatti che descrivono rispettivamente il suo passato, il suo presente e il suo futuro?
La Parmigiana di melanzane è il mio passato e non lascerà mai la mia carta: è il primissimo piatto che feci con mia madre negli anni ‘60, è uno dei nostri piatti iconici. Il presente è rappresentato dallo Spaghetto all’astice, un piatto storico che identifica il Capriccio: è il nostro bigliettino da visita. Il piatto del futuro potrebbe essere proprio la Triglia alla gardesana, pil pil alla lavanda e zest di limone gardesano, che è uno dei più complessi che abbiamo creato.
Com’è cambiato il pubblico del Lago di Garda e come è mutata la proposta gastronomica negli ultimi anni?
Rispetto agli anni Sessanta, adesso ci sono tantissimi locali: una volta gli esercizi erano pochi per una legge locale, che poi è stata abrogata, dando il via all’apertura di tanti indirizzi. Come offerta c’è tanto, di tutto direi: talvolta si perde nella qualità, ma il Lago di Garda comunque è pieno di ristoranti fine dining, e questo dunque dimostra che si sta lavorando bene: c’è un’offerta molto vasta per ogni tipo di clientela.
Lei in cucina, sua figlia in sala: come avete trovato il giusto equilibrio?
Noi siamo state sfortunate in famiglia: mio marito è mancato dall’oggi al domani, era lui il riferimento della sala, tanto che Enzo Vizzari lo definì “il miglior patron d’Italia”. Ci è mancata la terra sotto i piedi da un momento all’altro… Poi è successo che una sera non sapevamo come fare e ho messo mia figlia Francesca in sala, tipo “battesimo di fuoco”: quando si ha un trauma così forte, in genere, o si abbandona il campo e si ha la repulsione, oppure si vincono le paure e la timidezza. All’epoca Francesca aveva 18 anni, oggi ne ha 34 e, con il senno di poi, posso dire che è stata la scelta giusta.
Imprenditoria femminile: gioie e dolori?
Molti dolori e poche gioie direi (ride, ndr). Non vorrei essere scontata, ma è la verità: si rinuncia tanto, è un lavoro di sacrificio perché il weekend i figli sono liberi e si lavora. Si fanno tanti sacrifici e mia figlia l’ho vissuta poco quando era piccola, la lasciavo ai nonni o alle baby sitter. La brigata mediamente è composta perlopiù da uomini, e non sempre accettano che sia una donna a dire “no, non va bene" o "non mi piace”. Spesso sembra che i riconoscimenti per le donne non siano dovuti a meriti, mentre per gli uomini non si trova mai la giustificazione di quello che fanno. Anche agli eventi noto che le donne sono di meno: si fa fatica a farsi sentire.
La sua storia dimostra che anche dalle difficoltà può nascere un “fiore”: c’è un messaggio che vuol dire a chi magari si trova in difficoltà?
Mia figlia è molto positiva, bisogna sempre perseverare e vedere il lato positivo, si trova sempre una soluzione: cercare di ragionare, guardando le cose da un altro punto di vista. Non c’è mai un fallimento, ma sempre una lezione, come dico solitamente ai ragazzi della mia brigata. Bisogna analizzare le cose da un’altra prospettiva, avere uno spirito positivo anche nei momenti di difficoltà, cercando di mantenere la forza di andare avanti, senza dire che non c’è soluzione. Questo è il mio spirito di vita, e per assurdo è mia figlia che mi ha insegnato tutto ciò.
Progetti futuri e/o sogni nel cassetto?
Mi piacerebbe tantissimo conquistare la seconda stella, anche se la priorità assoluta è riuscire a far stare bene chi mangia da noi. Mia figlia all’età di 18 anni è riuscita a fare la differenza, nonostante le difficoltà e le sofferenze: il mio sogno è che le arrivi un riconoscimento. Ormai è Francesca a portare avanti il Capriccio: è lei che ha voluto rinnovare il locale, che continua a studiare per carpire i trend. Dal non voler fare inizialmente questo mestiere ne ha tirato fuori una passione. Spero che anche a lei arrivi qualche gratificazione personale.