La famiglia Vuolo è una vera istituzione quando si parla di pizza napoletana. Eredi di cinquant’anni di storia, Guglielmo ed Enrico Vuolo oggi rappresentano rispettivamente la quarta e la quinta generazione di una famiglia di pizzaioli partenopei. Classe 1960, Guglielmo ha cominciato a lavorare da bambino e, nel 1983, ha inaugurato il suo primo locale, Lo Scugnizzo, dove ha lavorato per tredici anni, prima di aprire una nuova pizzeria a Casalnuovo, a nord est di Napoli. Oggi continua il suo percorso professionale a Verona, nella pizzeria Guglielmo & Enrico Vuolo, aperta nel 2018 assieme al figlio Enrico, 39 anni, al centro di un importante passaggio generazionale che lo vede protagonista.
È in questa pizzeria veronese, premiata con i Tre Spicchi del Gambero Rosso, che l’11 dicembre si terrà il sesto e ultimo appuntamento del ciclo di cene Tra Fuoco & Ghiaccio - Pizze & Cocktail d'autore, sei serate volute da S.Pellegrino e Acqua Panna, in cui l’arte bianca incontra il mondo della mixology. Per l’occasione, le pizze di Vuolo verranno proposte in abbinamento ai cocktail ideati da Vito Laselva, bar manager di Kanpai, a Milano, ospite della serata.
Ecco che cosa ha raccontato Guglielmo Vuolo a Fine Dining Lovers.
Guglielmo ed Enrico Vuolo, quarta e quinta generazione di pizzaioli | Foto aromi.group
Una piccola anticipazione sull'evento dell’11 dicembre: quali pizze ha scelto per la serata, in pairing con i cocktail di Vito Laselva?
Abbiamo pensato di rimanere su quello che è “vecchio”, anche perché penso che sia più complicato creare un cocktail su una tradizionale Margherita che su un prodotto nuovo: questa è la vera sfida. Apriremo la degustazione con la Lungomare Caracciolo, eletta Pizza dell’anno 2018 dal Gambero Rosso, con un topping che rimanda a ciò che si mangiava una volta nel cuoppo: alici e alghe fritte. Le alici vengono infarinate e fritte, mentre al posto delle alghe, oggi vietate, sulla pizza mettiamo la salicornia, conosciuta anche come asparago di mare, sempre impanato nella farina e fritto. Su tutto, una spolverata di zest di limone che rinfresca: è una margherita bianca con poco olio, condita all'uscita così: è l’emblema della napoletanità e della semplicità. La seconda pizza sarà la Margherita va nel ruoto, che riprende la pizza che facevano i fornai una volta, quando il forno era troppo caldo e bisognava far scendere la temperatura. Oppure, dopo la cottura del pane, se il forno era ancora caldo, si faceva la pizza rossa nel ruoto, che si prestava alla cottura con quella temperatura. Si tratta di un prodotto che riprende la tradizione della pizza di Tramonti, che si fa ancora in teglia, ed è un po’ più alta. A seguire, proporremo la Pizza fritta di Enrico, che si chiama così perché la mangiava mio padre: una ricetta che ha rispolverato mio figlio. Viene ripassata in forno e farcita con basilico, ricotta, sale, pepe, cicoli di maiale a fette. Chiuderemo la degustazione con la Salsiccia e Friarielli, la napoletanità fatta pizza, farcita con la verdura che arriva da giù, come l’80% degli ingredienti che usiamo.
Ha una lunga tradizione alle spalle: come si riconosce un’autentica pizza napoletana?
La pizza napoletana ha 1 o 2 cm massimo di cornicione, è cotta nel forno a legna, la masticabilità è molto leggera e scioglievole, non ama tanti “fronzoli”, tanti tipi di impasti particolari: è un semplice impasto diretto preparato con farina 0 o 00, lievito di birra o criscito (ossia la pasta di riporto, che noi usiamo spesso, quella avanzata nei giorni precedenti, a cui aggiungiamo uno starter di partenza come le bucce di mela, che danno anche una nota dolce. L’impasto deve lievitare 24 ore almeno, ma potrebbero bastare anche 19 ore, a seconda della temperatura di lievitazione (in un ambiente, dai 22-25°C in poi, bastano circa 20 ore di lievitazione). Il panetto deve pesare 270 g circa, il diametro del disco di pasta è sui 28-30 cm (massimo 31 cm). Quando, invece, il disco è di 33-34 cm, ci troviamo di fronte alla cosiddetta pizza 'a rot' e carrett', a ruota di carro, tipica di zone di Napoli come Forcella e di via Tribunali. La verace pizza napoletana, infine, deve cuocere dai 60 ai 90 secondi, a seconda del forno.
Nel suo menu c’è una carta dei pomodori: ci racconta come l’ha concepita?
L’abbiamo introdotta nel 2015, dopo aver studiato antiche varietà di pomodori che rendevano poco, andando a recuperarli: dal Tigrato, una varietà di colore rosso bordeaux con le striature nere, con un bel contrasto agrodolce al Verneteco del Sannio, che si raccoglie solo con la luna piena, al San Marzano dop dell’Agro Sarnese-Nocerino. Di ogni pomodoro raccontiamo la storia e illustriamo le caratteristiche, in modo che gli ospiti possano scegliere con quale frutto farcire la propria margherita. Per chi vuole sperimentare, poi, in carta abbiamo una pizza, la Trilogia di Margherita, che è divisa in tre, con tre farciture diverse: San Marzano e fiordilatte, Corbarino e mozzarella di bufala, Piennolo a pacchetelle e provola.
Quali sono le 3 pizze che rappresentano rispettivamente il passato, il presente e il futuro della Pizzeria Vuolo?
Per il passato, senza dubbio, la Margherita; il presente è la Marinara, a cui ho dedicato un’intera carta, ma anche il futuro sarà Marinara, magari declinata in Assoluto di Marinara: una pizza con origano di Tramonti e aglio rosso di Nubia, divisa in quattro parti, ossia classica con pomodoro bio, con pomodoro di Fiascone in salsa, con Piennolo fresco o in salsa, con Corbarino. Nel corso degli anni abbiamo sperimentato molto, per esempio abbiamo realizzato con l’acqua di mare le “pizze della salute”, studiate assieme all’Università Federico II di Napoli, senza sale aggiunto, studiate con i nutrizionisti. Si tratta di pizze che si adattano a diverse esigenze, con diversi ingredienti a seconda delle situazioni: dalle donne in gravidanza agli sportivi.
Progetti futuri e/o sogno nel cassetto?
A parte rimanere in vita (ride, ndr), abbiamo in progetto una prossima e imminente apertura a Pompei, all’interno del Maxi Mall che sta per inaugurare - si tratta del centro commerciale più grande del Sud Europa. Al suo interno ci sarà un locale che si avvarrà della nostra consulenza, Lievitato con la pizza di Guglielmo Vuolo.