Classe 1989, Michele Cobuzzi è il resident chef di Anima, ristorante fine dining una stella Michelin all’interno dell’Hotel Milano Verticale | UNA Esperienze, aperto da Enrico Bartolini nel capoluogo lombardo a fine maggio 2021. Di origini pugliesi, lo chef firma anche la proposta di Vertigo Osteria Contemporanea e Bar con Giardino, sempre all’interno dell’hotel. Quella di Cobuzzi è una storia che inizia dalla campagna foggiana: cresciuto a stretto contatto con la natura, tra uliveti, alberi da frutto e ortaggi, nell’azienda agricola di famiglia, lo chef ha sviluppato una particolare sensibilità alla materia prima e ai sapori autentici e genuini.
Tanti i grandi nomi che hanno segnato il suo percorso professionale, prima di diventare ufficialmente uno dei "Bartolini boys": a 23 anni si è confrontato con Gordon Ramsey a Siena, al ristorante La Contrada, poi ha lavorato nella brigata del ristorante due stelle Michelin Bracali, in Maremma. Due esperienze cui hanno fatto seguito altri passaggi importanti: a Milano, nella cucina de Il luogo di Aimo e Nadia, e a Firenze, all’Enoteca Pinchiorri, storico tre stelle Michelin.
Ecco cosa ha raccontato Michele Cobuzzi a Fine Dining Lovers.
Cosa significa lavorare al fianco di Enrico Bartolini, lo chef più stellato d’Italia?
Enrico è un punto di riferimento unico, ha una visione che va aldilà della logica. Ha un modo di pensare e operare che è fuori dal quotidiano, si approccia in una maniera davvero particolare: è molto umano e professionale allo stesso tempo, c’è tanta empatia. In lui vedo molta completezza, e questo è importante. Quando può, viene qui a mangiare con i suoi bambini, il sabato sera o la domenica a pranzo: è molto bello, riesce a conciliare anche questo aspetto.
Quali sono i tre ingredienti che per lei non devono mai mancare in cucina?
Passione, amore e costanza: un messaggio gastronomico che arriva al cuore del cliente. Trattare un ingrediente in un determinato modo, con rispetto e amore, è il plus di ogni ricetta ed è ciò che riesce ad arrivare al cliente, raggiungendolo dritto al cuore e trasmettendo il messaggio dello chef.
Fine dining e ristoranti in hotel: quali sono i limiti (se ce ne sono) e quali i vantaggi?
A parte le esperienze all’Enoteca Pinchiorri e a Il luogo di Aimo e Nadia, ho sempre lavorato in hotel, quindi sono abituato a questo tipo di attività: potersi esprimere a 360 gradi è un vantaggio e non un limite, dagli eventi al bar, dal bistrot alle colazioni, sino al ristorante fine dining. Questa è la mia quotidianità e diversificare la giornata, con un’offerta che cambia a seconda del momento e del luogo, significa anche proporre piatti più comprensibili al bistrot, magari per gli stranieri, mentre al ristorante gourmet ci si può esprimere in maniera diversa e senza limiti. Aver modo di preparare anche piatti tradizionali non è assolutamente un limite: a volte la tradizione viene considerata un limite, ma anzi parte tutto da lì, sono le nostre radici. Anche il servizio consente di esprimersi al meglio, soprattutto se pensiamo che oggi viene a mancare sempre più la figura dell’oste, che spesso si trova nelle campagne nostrane, e che riesce a dare un messaggio di cultura e di “vissuto”: è quello che cerchiamo di fare anche noi al nostro bistrot.
Qual è il piatto che più la rappresenta in questo momento?
Amo tutta la cucina: dal pane all’ultimo pezzo della piccola pasticceria. Di sicuro ho un attaccamento ai prodotti vegetali e alla terra, perché sono cresciuto con gli ingredienti dell’orto dei miei genitori. Basti pensare che fino ai 18 anni ho mangiato solo frutta e verdura fresca dalle terre di famiglia, che erano dietro casa, nella campagna foggiana.
Modus operandi: come nasce un piatto di Michele Cobuzzi?
Sicuramente c’è tanta ispirazione, ma di certo parte dalla materia prima: l’emozione e la voglia di usare un determinato prodotto è alla base. In questo periodo non posso non usare l’oliva Nolca o la cima di rapa, che rappresentano le mie origini. L'importante è usare prodotti autentici e creare, nell'insieme, un'armonia di sapori che siano piacevoli al palato.
A cosa si ispira il nuovo menu di Anima?
A ottobre abbiamo introdotto il nuovo menu autunnale, dove proponiamo le chicche di stagione. A volte diamo dei nomi generici ai piatti, in modo da poterli preparare con i prodotti del mercato. Per esempio, ne Le sfumature vegetali del momento, gli ingredienti possono variare dal fungo al carciofo, dal broccoletto al cavolfiore, in base alla disponibilità. Questa stagione è così ricca e varia, che è un peccato descrivere una portata con una dicitura ferrea. Un altro piatto è la Selvaggina del momento, che può variare dal colombaccio al cervo, alla beccaccia.
Ha già conquistato una stella Michelin: ha un altro sogno nel cassetto?
Per me, vedere i clienti soddisfatti che ritornano è qualcosa di indescrivibile: è questo il mio sogno, perché è ciò che mi dà più gioia. Poi è anche bello condividere il proprio sapere: la scorsa settimana sono stato ospite a New York per la Settimana della Cucina Italiana nel Mondo e ho rappresentato la Puglia, la mia regione: è stato molto bello.
Che consiglio daresti a un giovane chef che punta alla stella Michelin?
Di essere se stesso, sincero e trasparente, perché al piatto arriva tutto: deve identificarsi nella sua cucina, nelle sue origini, nel suo stile.