Per andare a Firenze ad agosto ormai ci vuole coraggio. Oppure una buona motivazione, nel nostro caso il ristorante LUCA’s by Paolo Airaudo all’interno dello splendido Hotel La Gemma.
“Il concetto di fine dining sta evolvendo, le persone desiderano luoghi felici dove divertirsi e trascorrere momenti piacevoli”, dice Aiuraudo parlando di questa piccola perla toscana che è una destinazione gourmet nel pieno centro della bella (e caldissima) Firenze, a pochi passi dal Duomo e dall’Arno. La famiglia Cecchi, dall’impronta dinamica, creativa e imprenditoriale, ha scelto chef Airaudo per raccontare il capitolo di alta ristorazione all’interno dell’hotel. E come biasimarla? Paolo Airaudo ha lavorato in giro per il mondo, dal Messico al Perù, toccando anche note cucine europee come Arzak a San Sebastian, The Fat Duck a Londra e Magnolia in Italia. Nel 2015 apre il suo primo ristorante nel centro di Ginevra, la trattoria contemporanea La Bottega, che ottiene la sua prima stella Michelin in soli 4 mesi. Ma il suo ristorante più conosciuto è certamente quello ispirato da sua figlia Amelia che conta oggi due stelle.
Quello di Airaudo è uno stile dritto e consapevole che parte da ingredienti e piatti classici che si evolvono poi in tocchi contemporanei accattivanti. Siamo stati a cena da LUCA’s by Paolo Airaudo in una calda sera di fine agosto ed ecco cosa abbiamo mangiato.
La Gemma Hotel e il ristorante LUCA’s
Prima di passare al menu degustazione di Airaudo, è necessario aprire una piccola parentesi sull’hotel che ospita la sua cucina. La Gemma Hotel racchiude al suo interno tutta l’essenza dell’eleganza fiorentina ed è capace di fondere lusso e semplicità in un elisir di bellezza e raffinatezza senza tempo. L’hotel è situato all’interno del bellissimo Palazzo Paoletti del XIX secolo e il suo design è evidentemente ispirato, nei colori soprattutto, del Duomo della città. Troviamo il rosa, il verde, il bianco e poi i marmi, l’oro, il legno. A stupire sono gli arredi in stile art decò, tutti su misura e pensati per offrire il massimo comfort, degni di nota sono anche i tessuti preziosi. Ma, lo sappiamo tutti, la bellezza senza anima dura poco, La Gemma ha un’anima potente che è quella del team che ci lavora, capitanato da Laura Stopani, la General Manager che come una direttrice di orchestra fa suonare ogni elemento senza stonature e con armonie instancabili Non dobbiamo mai dimenticare che l’hospitality italiana è forte grazie alle persone che rendono indimenticabili le esperienze di viaggio e soggiorno. La Gemma ne è un chiaro esempio virtuoso anche grazie a Gian Luca Toscano, l’House Manager.
Al primo piano dell’hotel ci sono le parti comuni, il lounge bar racchiuso da due parti esterne che ricordano i suggestivi riad marocchini dove è possibile degustare i favolosi drink della barlady Marta De Dominicis e sedersi per la colazione. Il ristorante LUCA’s è il cuore di questo piano, è intimo, raccolto e segue lo stile di tutta la struttura. La Gemma e LUCA’s si trovano in via dei Cavalieri a Firenze, una delle strade più glamour della città ed è possibile accedere ai servizi di ristorazione, quindi anche il cocktail bar, anche da chi non soggiorna nell’hotel.
Cosa abbiamo mangiato da LUCA’s by Paolo Airaudo
Va detto che la cucina di LUCA’s è aperta per molte ore al giorno perché copre anche la colazione e il menu del lounge bar (per aperitivo, pranzo e room service). In cucina ci sono i due resident chef: Olivia Cappelletti e Tommaso Querini, che lavorano a stretto contatto con una rara sinergia che si può vedere dalla grande finestra che si affaccia sulla sala.
Prima di raccontare i piatti nel dettaglio, è necessario fare una precisazione importante: le verdure e la pasta fresca qui sono due elementi eccellenti trattati e preparati con una sensibilità che regala al palato un alto livello di puro godimento. Cominciamo con gli amuse bouche che partono con un estratto di sedano rapa, lemongrass e zenzero (strepitoso che prepara il palato alle prime portate), seguono altri tre assaggi deliziosi che sono stati elevati dal drink Coral all’anguria, vodka e tabasco davvero notevole.
Si entra nel vivo con la prima vera portata: Sgombro, rapa, acqua di pomodoro e ume kosho, una pasta ottenuta dalle prugne fermentate con l’aggiunta di peperoncino. Questo, nella sua semplicità, è uno dei piatti più interessanti della degustazione. L’acqua di pomodoro è eccellente, complice anche una selezionata ricerca degli ingredienti. Difficile servire uno sgombro crudo senza che domini il piatto con le sue note intense, ma in questo caso ci sono riusciti creando una portata perfettamente equilibrata e appagante.
Seguono i tre primi ed è qui che si nota la maestria nella realizzazione della pasta fresca. I tagliolini con burro di capra, alici, limone di Sorrento e Cavale Oscietra, sono un piatto semplice ma ben eseguito. Il burro di capra è molto difficile da usare in un piatto così delicato, ma gli chef sono stati all’altezza e hanno saputo calibrarlo.
Il secondo primo piatto è una delle più goduriose portate della degustazione. Si tratta dei bottoni di patate e taleggio con salsa vin jaune e gambero viola di Sanremo. I bottoni esplodono in bocca in tutta la loro rotondità e grazie alla punta acida della salsa francese (con vino bianco, roux e panna) riusciamo a percepire tutta la dolcezza di questi gamberi così preziosi.
Arriviamo ai cappelletti di piccione che, i più attenti lo noteranno, comunicano l’economia circolare della cucina che nelle portate successive servirà la polpa del volatile. Ben fatta la sfoglia e ottimo il fondo.
Il secondo piatto di pesce è la rana pescatrice con beurre blanc e zucchina. Anche in questo piatto abbiamo una salsa francese ben eseguita e la sezione di coda di rospo è cotta alla perfezione. Ma a conquistare è certamente la zucchina, presumibilmente biologica, con il suo fiore. Dare prestigio ad una proteina animale è abbastanza semplice per cucine di questo livello, ma è tutt’altro che scontata la resa di un vegetale di accompagnamento. Qui le verdure hanno la capacità di diventare protagoniste del piatto e trainano prodotti più preziosi esaltandoli e non semplicemente accompagnandoli.
L’ultima portata salata è il piccione con cipolla e maitake accompagnato dalla sua salsa. C’è coerenza nell’uso di fondi e salse, il piccione ha una cottura ineccepibile, ma ancora una volta sono le verdure a stupire. Buono il petalo di cipolla, ma eccezionale è il “grappolino” di funghi maitake che sono morbidi internamente, non spugnosi e con una leggera e travolgente nota croccante e affumicata esterna.
I dolci sono due, si comincia con il flan di formaggio di capra e patata dolce. Un dessert al cucchiaio che rievoca l’usanza di concludere il pasto con il formaggio, come si faceva una volta e come si sta ricominciando a fare. Questo dolce è cremoso e non stucchevole, perfetto per chi ama il sapore pungente dei prodotti caseari di natura ovina.
Pesche al vino, albicocca e aneto sono l’ultima portata e si tratta di un dessert più dolce rispetto al primo, che invoglia a mangiarlo senza stancare e che rappresenta una golosa conclusione per questa degustazione.