Non ha bisogno di presentazioni Carlo Cracco, lo chef che ha portato l’alta cucina stellata in Galleria Vittorio Emanuele II a Milano, dove si è trasferito nel 2018. Qui, oltre al ristorante fine dining, ha dato vita a un bistrot con pasticceria, diversificando in maniera intelligente l’offerta gastronomica. Volto televisivo e mentore di tanti giovani chef, Cracco ha molto da dare e raccontare. Lo ha dimostrato la sera del 21 maggio 2024, quando, nei suggestivi spazi della Sala Mengoni, si è tenuto l’ultimo appuntamento della nuova edizione del ciclo di cene L’equilibrio in un piatto in collaborazione con Acqua Panna.
In questa location d’eccezione, affacciata sul “salotto di Milano”, lo chef ha presentato una creazione ad hoc: Pane al latte, sambuco e magiostre (nella foto qui sotto). “Si tratta di un dessert che riprende il concetto di equilibrio, lo abbiamo ideato appositamente per questa iniziativa, partendo da una vecchia base, completamente diversa, che abbiamo reinterpretato. Ora penso che lo metteremo in carta”, commenta lo chef. “Una ricetta con un equilibrio di elementi che arrivano dalla natura, nel periodo primaverile: le fragole, il sambuco e una crema che vuole ricordare la prima panna che una volta veniva scremata nelle fattorie”, aggiunge il sous chef Luca Sacchi.
La cena ha dimostrato quanto il fine dining possa essere classico e moderno allo stesso tempo, con una sequenza armonica di piatti equilibrati. “Il menu di questa sera è dedicato soprattutto al territorio e all’equilibrio”, ha spiegato Cracco introducendo il percorso gastronomico. “Abbiamo voluto rimarcare l'equilibrio, come sapori, gusto e abbinamenti, ma anche il territorio, a partire da proposte come il coniglio e il riso”. Ecco allora, per cominciare, Insalata di coniglio, mela e mascarpone, “una terrina classica, che una volta si chiamava alla longobarda, preparata con mela cotta, pinoli, un po’ di mascarpone, uno spinacio crudo e una fettina di mela cruda”, ha precisato lo chef. A seguire, Riso mantecato ai piselli e robiola mista, quindi il Salmerino in crosta, un piatto impeccabile nella sua esecuzione, profumato e gustoso, incredibilmente equilibrato. “Un pesce di solito poco considerato, ma in realtà, lavorato in una certa maniera, può dare grandi risultati. Lo abbiamo fatto in crosta, avvolto nella pasta sfoglia, con una farcia di erbe e altra carne di salmerino, mentre il filetto viene messo al centro”, ha illustrato Cracco. A chiudere il sipario, il dessert creato appositamente per la serata, servito con un bicchierino di fragole, fragoline e fragolino, “ossia un fragolino infuso con fragoline, basilico, foglie di shiso rosso, mischiato con un sorbetto”, come ha spiegato Sacchi. “Una sorta di sgroppino molto liquido, con fragola, angostura e tabasco rosso”.
In occasione dell’ultima cena L’equilibrio in un piatto abbiamo intervistato Carlo Cracco: ecco che cosa ha raccontato lo chef a Fine Dining Lovers.
Ci racconta il piatto dell'equilibrio che ha proposto?
Si rifà a un vecchio dolce di origine contadina. Siamo partiti dal classico abbinamento panna e fragole per creare un dessert a base di pane. Non un vero e proprio dessert, in realtà, dal momento che c’era la parte del latticino molto morbido, con il pane che si ammorbidisce con il latte fresco, la fragola che con la sua freschezza dava una nota acidula buona, e poi c’era il fiore di sambuco che faceva da filo conduttore. Quindi abbiamo deciso di creare un panino al latte cotto al vapore, svuotato e riempito di fragole sbriciolate con la forchetta, un po’ di marmellata di fragole preparata con le stesse fragole, sambuco. Il pane viene chiuso e passato in una crema, una sorta di panna sofficissima con un po’ di vaniglia e fiori di sambuco, che va a vestire questa sfera tutta bianca, molto equilibrata. Non è un vero dessert, ripeto, ma una proposta quasi “opulenta”, perché c’è molta sostanza, a partire dal pane abbinato alla frutta. Per noi è la rappresentazione dell’equilibrio: anche nella forma abbiamo cercato di rifarci a qualcosa che riportasse ordine a questa preparazione a base di pane (e non, come una volta, che era tutto disordinato, con troppo o poco latte). È così che abbiamo cercato di ritrovare l’equilibrio.
Lei è un grande mentore. Qual è l'insegnamento più importante che le ha dato questa professione e che vorrebbe trasmettere ai giovani?
Ognuno deve credere nei propri sogni, nelle proprie idee, e portarle avanti a prescindere dal fatto che siano condivise o meno, che qualcuno dica “bello, interessante”, oppure “no, non va bene”. Bisogna basarsi sul rispetto delle idee, e non pensare che, poiché uno fa una cucina diversa, è meno bravo, magari perché non è in linea con te. La cucina non è uniformità, la cucina cambia in base a chi la fa, e può esprimere qualcosa. È come un quadro: lo stesso dipinto che fa Picasso può essere realizzato da un altro, ma non avrà la stessa forza del quadro dipinto da Picasso. Viceversa, alcuni dipinti di Picasso possono non dire nulla, mentre altri quadri di artisti minori ci possono trasmettere tanto: è un’opera, non ci può essere uniformità, e questo è un valore, non un problema.
Quali sono i tre piatti che descrivono rispettivamente il suo passato, il suo presente e il suo futuro?
L'Insalata russa caramellata rappresenta il mio passato; per il presente scelgo l’Uovo, mentre per il futuro vedo sicuramente un piatto vegetale.
Come trovare il giusto equilibrio tra cucina, vita pubblica e altre attività come la tv: c’è una formula magica?
Sì, ma è già scritta: se fai il cuoco non hai equilibrio, quindi trovi l’equilibrio cucinando. Anche facendo cose diverse riesci a trovare un equilibrio costante che ti permette di tornare sempre in cucina. Fare il cuoco non è un mestiere difficile o complicato, ma non c'è equilibrio, perché è ciò che tu cerchi nel piatto. Il cuoco, infatti, lo trova quando il piatto è fatto bene ed è felice e soddisfatto per questo. Fare tutto il resto, dunque, aldilà della cucina, è solo un modo per rigenerarsi e per rinvigorirsi. L’equilibrio manca in cucina: ecco perché a volte lo trovi andando a fare un giro, vedendo cose, girando, conoscendo persone, banalmente leggendo e imparando.
C’è una cosa che non rifarebbe mai?
Se l’ho fatto è perché ci credevo: non guardo mai al passato, ma guardo sempre in avanti, a quello che potrei ancora fare. Quello che ho fatto è passato remoto.
Progetti futuri: Carlo Cracco ha un sogno nel cassetto?
Ce ne sono tanti e non posso dirli. Il futuro è quello che stiamo cercando di fare, ossia trovare una nuova via, una strada nostra, completamente diversa, su cui costruire. Non è lavorare di più o di meno, quelle sono cose normali, nel senso che le fai o non le fai. Fin quando mi diverto e riesco a stare in cucina e in sintonia con i ragazzi, con Luca (Sacchi, ndr) e con tutta la brigata, c’è un futuro. Il lavoro in fondo non è cambiato tantissimo: rispetto al passato sì, ma per chi è sempre stato in cucina non è mutato nulla.
Come chef patron è stato lungimirante con questa location in Galleria che diversifica la proposta: secondo lei qual è il futuro del fine dining?
Ci sono tanti santoni in giro e non si sono mai guardati appena indietro, per cui sicuramente il fine dining può crescere ancora e ha un suo proprio valore, che va condiviso. Fin quando ci saranno tanti ragazzi giovani in cucina, il fine dining avrà sempre un futuro: è quello che fa la differenza, non il cliente. Sì, il cliente ti permette di continuare, e di portare avanti un progetto, ma a fare il fine dining sono i ragazzi delle brigate e tutto il popolo dei giovani che lavorano, e che si stanno impegnando tanto per raggiungere uno standard molto alto per sviluppare format. E questa è la nostra salvezza: finché ci saranno i giovani, il fine dining sarà sempre vivo.