Quello del vino è un mondo affascinante a partire dalle viti, piante delicate eppure così forti da poter crescere in zone che sembrano apparentemente impossibili a produrre uva prestigiosa. È anche un mondo difficile però, fatto di fatica e disciplinari che spesso mettono in difficoltà i produttori con pesanti ripercussioni sui mercati internazionali. Abbiamo intervistato Antonio Campi, Managing Director di Klebe che si occupa di Eccedenze del vino con un progetto incoraggiante - denominato proprio Eccedenza - che valorizza questa fetta di mercato. Ma prima di sapere cosa ci ha raccontato, è necessario fare un passo indietro e capire di cosa si tratta quando si parla di eccedenza di produzione nel vino.
Il problema dell’eccedenza di produzione del vino
Quando si parla di eccedenza ci si riferisce ad un problema mondiale del settore enologico che riguarda l’eccesso di produzione rispetto al consumo. Intorno agli anni ’70 è stato coniato il termine wine lake, letteralmente lago del vino, che si riferiva appunto al fenomeno di enorme produzione di vino rispetto al reale consumo. Ma perché si produceva così tanto vino se poi non si consumava? Le ragioni erano diverse e si collocavano nelle rese più elevate dovute al tentativo di miglioramento dei metodi di coltivazione, all’uso di fertilizzanti, alla coltivazione di uvaggi ad alta resa fino ad arrivare al controllo più efficace dei parassiti. Da non tralasciare poi i trend imprevedibili come la diminuzione di uso da parte di determinati Paesi produttori che erano anche i più importanti mercati di vendita. La conseguenza delle eccedenze si è dunque presentata come un calo dei prezzi e verso la fine degli anni ’80 sono state introdotte, a livello europeo, alcune contromisure come i premi di estirpazione e la distillazione forzata. Per approfondire la tematica si possono consultare i documenti online della commissione europea in merito alla questione. Oggi il problema delle eccedenze è molto più contenuto grazie ai disciplinari che dettano legge sui quantitativi di produzione, ma resta comunque un peso per i produttori. I motivi? Ce li spiega nell’intervista Antonio Campi.
Eccedenza: da problematica a soluzione
“Il disciplinare limita la produzione della resa per ettaro di un dato vitigno e di conseguenza il relativo consorzio fornisce un numero di fascette (una sorta di certificazione di qualità, ndr) uguale a quello che è consentito produrre. Il produttore si organizza per la produzione di questo numero di bottiglie, ma esistono numerosi fattori per cui non è possibile stabilire a priori se si riuscirà a garantirsi quella numerica”, ci spiega Antonio Campi.
“Ma il disciplinare non interviene solo sul numero di bottiglie per l’emissione delle fascette, indica anche la distanza tra i vari filari e altri parametri di resa. Ci possono essere delle stagioni poco favorevoli, grandinate, insetti che procurano danni o addirittura degli incidenti di lieve entità per l’uomo ma catastrofiche per la produzione, come ad esempio un trattore che si ribalta sui filari. Per questo motivo il produttore tende a produrre una piccola percentuale in più di vino per fare fronte a eventuali problematiche non prevedibili”, continua Campi.
“Nascono così queste eccedenze che noi abbiamo pensato di acquistare dal produttore mettendo la nostra etichetta che identifica il vino attraverso le precise coordinate geografiche. In questo modo abbiamo un vino identico a quello riconosciuto dal disciplinare, con le stesse caratteristiche organolettiche e di stessa medesima qualità.”
Che problema rappresentano queste eccedenze per i produttori?
È un problema economico e non solo. Il produttore si trova ad avere litri di vino pregiatissimo, a cui ha dedicato forza e denaro, che rimane invenduto e che deve svendere facendo un danno a se stesso e al vino stesso.
La filosofia di questo progetto ragiona dunque anche su un tema di sostenibilità?
Certo, si tratta soprattutto di sostenibilità umana e delle aziende intese come produttori. Non ha alcun senso che tutto il vino in eccedenza venga buttato solo perché non ha la fascetta del consorzio. È un prodotto eccellente, è giusto che venga valorizzato.
Ma per ovviare al problema è possibile creare una seconda etichetta.
Certo, ma la seconda etichetta di un produttore va in concorrenza con il suo stesso vino. Inoltre creare una seconda linea significa in qualche modo screditare la prima, che ricordiamo essere lo stesso identico prodotto, e si porta dietro numerosi costi aggiuntivi di marketing.
Com’è nata l’idea di Eccedenza?
Questa idea l’ho avuta perché si tratta di un piccolo problema che però hanno in tanti e mi sembrava intelligente provare a trovare una soluzione. Stiamo parlando chiaramente di piccole quantità, ma che comunque valorizzano un vino.
Ma chi è il vostro cliente finale?
L’amatore privato e piccole realtà ristorative o aziende che per i più svariati motivi si trovano a volere acquistare vino di qualità. (Ad esempio regali, vini brandizzati, ndr).
È possibile avere delle personalizzazioni?
Certo. L’etichetta frontale è quella di Eccedenza, ma il retro etichetta è personalizzabile a seconda del cliente.
Come vengono selezionati i vini?
Raccolgo le richieste di mercato dai miei clienti e poi identifico quattro o cinque cantine adatte a questo progetto, che devono essere produttori con un’azienda strutturata che mi garantisce sia un prodotto che una gestione eccellenti. A questo punto chiediamo loro di inviare alcuni campioni di bottiglie senza etichetta agli ambasciatori che fanno una valutazione del prodotto e restituiscono un report con le loro preferenze. Tutti questi feedback si catalizzano in una scelta e così seleziono un determinato produttore. Una volta individuato il produttore inizia la collaborazione e mi riserva il numero di bottiglie pattuito o congruo con le richieste che abbiamo avuto inizialmente.
Chi sono gli ambasciatori?
Possono essere dei tecnici del vino, dei semplici amanti del vino o anche proprietari di attività ristorative.