“Oggi i ragazzi che studiano per entrare nel mondo della ristorazione hanno tanta grinta, e per questo devono essere aiutati”. È così che Davide Oldani guarda al futuro del settore, scommettendo sulla formazione di quei giovani che credono profondamente in ciò che fanno, affrontando con energia e determinazione un percorso professionale, sicuramente più comunicato rispetto a un tempo, ma non per questo più facile.
Mentore per vocazione, lo chef del D’O di Cornaredo, due stelle Michelin e una stella verde, negli ultimi anni si è particolarmente speso nei confronti delle generazioni più giovani, impegnandosi attivamente all’Istituto professionale statale per l’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera Olmo, poco distante dal suo ristorante. Dal 2017, qui, Oldani riveste il ruolo di mentore, svolgendo un lavoro molto importante per l’orientamento dei ragazzi, per la loro educazione all’accoglienza, per l’avvicinamento a un mondo sognato, ma sempre con i piedi ben piantati a terra, proprio come le radici dell’olmo. Un lavoro che ora tutti possono toccare con mano (e palato) al Ristorante Didattico estivo, aperto proprio all’interno della scuola, un giorno alla settimana a pranzo, fino al 12 luglio.
I menu sono basati sulla conoscenza della stagionalità delle materie prime e sulla valutazione della freschezza del prodotto, per permettere ai ragazzi di approdare alla capacità di calcolare il food&beverage cost. Sono elaborati dallo chef e dai suoi collaboratori Alessandro Procopio, Wladimiro Nava, Davide Novati, Manuele Pirovano, Riccardo Merli, Matteo Romanò e Filippo Amodeo, e vengono realizzati dagli studenti.
I nuovi progetti dell’Istituto Olmo, ma anche il ruolo della formazione nel settore della ristorazione, i giovani e la sostenibilità umana: ecco i temi affrontati dallo chef Davide Oldani nel corso dell'intervista a FineDiningLovers.
Ci racconta le ultime novità dell’istituto Olmo e il suo Ristorante Didattico?
Il 21 giugno abbiamo riaperto il Ristorante Didattico dell’Olmo: saremo impegnati per i prossimi tre lunedì, fino al 12 luglio, con i professori e i ragazzi della terza. L’obiettivo è quello di consentire agli studenti di approfondire le regole della cucina e di comprendere meglio quello che fanno. Prima della pandemia, avevamo già provato ad aprire lo spazio un giorno alla settimana, durante il periodo scolastico. Al momento è un temporary, ma penso che, quando le condizioni lo permetteranno, cominceremo nuovamente a offrire un servizio con continuità, un giorno alla settimana fisso. Sono arrivate a Cornaredo diverse persone, anche da Milano, per provare il Ristorante Didattico dell’Olmo. E questa è una grande soddisfazione. Tutti possono venire, basta prenotare: ci sono circa 30 coperti, il format sta funzionando molto bene e c’è il rischio del sold out.
Come hanno risposto gli studenti a questa iniziativa?
Ho visto i ragazzi molto attenti e volenterosi, per loro è una bella esperienza. Il Ristorante Didattico è un vivaio di giovani cuochi che imparano come comportarsi sul lavoro, come funziona la cucina con le sue regole, ma apprendono anche le norme del servizio e dell’accoglienza, per un’idea di ospitalità totale. La brigata è costituita dai ragazzi di tre classi che si scaglionano: circa una ventina di persone che lavorano un lunedì e che si alternano ad altre nelle settimane successive. Ogni volta è in programma un menu degustazione diverso: nel corso del primo appuntamento abbiamo proposto il piccolo Pan'Cot con rafano e fave di cacao, Melone, lattuga arrostita, Porto e riso, Tonnato D’O, sedano bianco, carote e susine e “Miascia” di ciliegie, rosmarino e gelato allo zabaione.
Come sta andando l’esperienza all’Istituto Olmo in generale?
L’Istituto Olmo è ben strutturato ed è giunto a un giro di boa, con i primi diplomati che hanno portato a termine il quinquennio scolastico. I Ragazzi del D’O svolgono il ruolo di mentori con me, abbiamo stabilito delle regole molto importanti: prima si studiano gli ingredienti e poi, in un secondo momento, i piatti. Gli studenti, inoltre, indossano una divisa da college: nulla è lasciato al caso, ma tutto è curato nei dettagli. Si tratta di una scuola molto bella e dinamica, il menu del Ristorante Didattico, per esempio, è stato studiato affinché i ragazzi possano imparare non solo gli aspetti tecnologici più contemporanei, ma anche le basi della cucina classica, il rigore e il metodo.
Quanto è importante la formazione oggi nel settore della gastronomia: quali sono secondo lei i punti di forza e quelli più deboli?
I ragazzi non hanno punti deboli, ma senza dubbio ci sono delle falle nel sistema, che potrebbe funzionare in maniera differente. Un esempio è costituito dal codice Ateco, di cui si è tanto discusso durante la prima ondata della pandemia: la posizione di chi ha un ristorante dovrebbe essere tutelata al pari delle altre categorie rappresentate dal codice. Per me è importante considerare sempre la sostenibilità umana: i ragazzi devono avere del tempo da dedicare alla propria vita privata.
Non si trova più personale, né cuochi né camerieri…
Bisogna offrire ai ragazzi un’esistenza sostenibile. Per farlo, credo sia necessario adeguare il codice Ateco e la legislazione ai tempi moderni, affinché si crei un’opportunità di detassazione del ristorante. Questo è un aspetto fondamentale, perché occorre aumentare il numero di dipendenti per garantire al team un lavoro e una vita dignitosa, in modo da evitare che il personale affronti turni pesanti di tante ore. In Italia la situazione è migliorata, ma in Francia il processo che vira verso questa direzione è iniziato anni fa. I ragazzi devono capire che è possibile essere cuochi e, allo stesso tempo, dedicarsi agli hobby e alla propria famiglia.
A proposito di giovani, sta dando sempre più spazio alla sua brigata: ci racconta com'è nato il menu del Pan’Cot, il temporary ideato dai Ragazzi del D’O, aperto a maggio?
Eravamo chiusi in lockdown, quando è nata l’idea. Siccome la nostra è una squadra con una maglia di appartenenza, nel momento in cui è stata data la possibilità di riaprire i ristoranti solo all’aperto, abbiamo ideato il format del Pan’Cot, appunto, sulla piazzetta, con i tavoli open air. Hanno avuto ragione i miei ragazzi, che ho ascoltato: in quella circostanza ci siamo allenati sul progetto del Pan’Cot, proposto attualmente al Camparino (in Galleria Vittorio Emanuele II a Milano, ndr), ed è stata una prova per noi. I miei collaboratori hanno dimostrato di avere a cuore la maglia, il format ha avuto un bel successo, i Ragazzi del D’O hanno appassionato molto le persone.
Che consiglio darebbe a un giovane, in dubbio se intraprendere o meno un percorso professionale nel mondo della gastronomia?
Sicuramente di capire se c’è la passione e, qualora ci fosse, di iniziare la scuola. Poi, visto che oggi le opportunità di lavoro - rispetto a 35 anni fa, quando ho iniziato io - sono tante, perché ci sono molti grandi chef dove andare a imparare, suggerirei di fare un’esperienza. Per me è importante seguire quelle che io chiamo “le vocali del cuoco”: Amore, che significa passione e dedizione verso questo lavoro; Educazione, ossia rispetto per la materia prima, per chi ti insegna qualcosa, poi per l’ospite e per i collaboratori; Intraprendenza, che significa sana ambizione; Obbedienza, ai maestri, alle regole, alle stagioni e al nostro “sentire”; Umiltà per imparare e, in seguito, anche nell’istruire.
Quali sono gli aspetti in comune e quali le differenze tra i giovani cuochi di oggi e quelli di ieri, quando ha iniziato?
C’è tanta più determinazione rispetto a una volta: il paragone non regge, anche perché ora sono di gran lunga più numerose le persone che vogliono dedicarsi alla cucina, forse perché è un settore che è stato mediatizzato. Ma, di sicuro, i ragazzi oggi hanno molta più grinta, e per questo credo che debbano essere aiutati.
Quest’anno la Guida Michelin l’ha premiata con la seconda stella e con la stella verde: alla luce delle recenti conquiste, cosa direbbe al giovane Davide Oldani che lascia lo sport per dedicarsi alla cucina?
Devi vivere di passioni, qualsiasi esse siano. E soprattutto, quando hai individuato una passione, ricorda di conservare nel cassetto una riserva, perché non sai mai nella vita cosa ti può accadere. Quello che ho fatto io è stato semplicemente aprire il cassetto. Il mio secondo sogno era la cucina, quindi ho portato a termine la scuola e, dopo che ho avuto un infortunio giocando a calcio, ho iniziato a dedicarmi alla gastronomia.