Lo scorso 29 gennaio, Michele Antonelli è stato proclamato finalista italiano di S.Pellegrino Young Chef Academy Competition 2022-23, il concorso che scova i migliori talenti under 30 in cucina in tutto il mondo. Lo chef del ristorante GastroBi di Villa Musone, in provincia di Ancona, ha conquistato la giuria composta da Andrea Aprea, Donato Ascani, Giuseppe Iannotti, Jessica Rosval e Viviana Varese. L’ha spuntata sugli altri nove concorrenti con il signature dish Spin the Cauliflower, ossia Rotazione del cavolfiore: un piatto vegetale che veicola un messaggio contro lo spreco alimentare. Abbiamo intervistato Antonelli per scoprire come ha vissuto il primo mese da vincitore e come ha affrontato le prime esperienze professionali in qualità di finalista italiano di S.Pellegrino Young Chef Academy Competition 2022-23, a partire dalla cena a quattro mani con Andrea Berton al Super G di Courmayeur. Ecco che cosa ci ha raccontato.
Leggi la nostra intervista a Michele Antonelli.
Ci racconta com'è andata la cena al Super G, il primo evento che ha affrontato in qualità di finalista italiano di Spyca?
Senza dubbio è stata un'esperienza bellissima, non conoscevo chef Berton, ma mi sono trovato molto bene con lui e con la sua brigata: abbiamo lavorato tutti con l'intento comune di fare una bella serata. Lo chef ha assaggiato i miei piatti e mi ha fatto i complimenti, gli è piaciuto molto l’antipasto, un carpaccio di sedano rapa e rape cotte sotto sale, servito con salsa di erbe trovate fresche (tarassaco, senape e tutto ciò che ho raccolto), crema di limoni e spaccasassi marinati (una sorta di finocchio di mare che cresce sulle pareti rocciose del Monte Conero, che prende la salsedine e la restituisce al palato con un’esplosione di iodio). In ogni evento cerco sempre di portare un po’ di Marche, un po’ di territorio, con me.
Quali sono i suoi prossimi impegni?
Sarò presente a FoodExp a Lecce l’11 e 12 aprile, al talk su S.Pellegrino Young Chef Academy. Poi, il 15 maggio, parteciperò a una cena a quattro mani del ciclo FoodFellas al Locale di Firenze, dove cucinerò con lo chef Simone Caponnetto, realizzeremo insieme un menu. Il bello del nostro lavoro è questo: portare le nostre idee e i nostri piatti e far divertire le persone. Intanto, ho anche iniziato a prepararmi per la Grand Finale di Spyca: ora la volontà è ancora più forte, l’obiettivo è quello di portare a casa il titolo mondiale.
Ma che effetto fa essere il finalista italiano di S. Pellegrino Young Chef Academy?
Dal giorno in cui mi sono iscritto al giorno in cui ho fatto il concorso, io ho lavorato tanto e a testa bassa per vincere. Credevo molto in questo concorso, e la vittoria è stata il coronamento di anni e anni di gavetta, di tanto lavoro: ho cercato di apprendere come una spugna da tutti i maestri che ho avuto e, dopo che è stato detto il mio nome nel momento della proclamazione, ho avuto un'esplosione di gioia, non ho capito più nulla: ero talmente emozionato che non riuscivo a costruire una frase di senso compiuto.
Cosa è cambiato dopo la vittoria?
Già dal giorno stesso capisci l'importanza del concorso, perché il lavoro è aumentato molto: tutte le sere siamo pieni (facciamo 45 coperti) e c’è una lista d’attesa di una settimana. La notizia della mia vittoria è girata, il locale andava già molto bene prima, ma senza dubbio Spyca ha dato una spinta in più. A livello personale mi sono sempre messo in dubbio e in discussione, anche se nel mondo della cucina ho trovato il mio ambiente, perché ci sto bene. Questa vittoria è stata una conferma, per credere ancora di più in me. Per il resto non è cambiato nulla, a partire dal rapporto con i fornitori e i miei colleghi di brigata.
Cosa si aspetta dopo questa vittoria?
Di indole ho poca autostima, ho sempre poche aspettative, quindi tutto ciò che arriva di nuovo per me è un premio. Quello che spero, e che mi auguro a livello personale di raggiungere, è di diventare un ambasciatore del territorio marchigiano e far conoscere i nostri prodotti, la nostra filiera agricola, i nostri coltivatori e i nostri allevatori, anche fuori dai confini regionali.
Qual è stato, secondo lei, l'elemento decisivo che ha fatto scegliere il suo piatto ai giudici?
Credo tutto il contesto attorno al mio signature dish: il piatto da portata era 100% organico, la cannuccia era fatta con il gambo del cavolfiore. Il piatto si chiama Rotazione del cavolfiore, perché tutte le parti ruotano tra di loro, vengono usate e non c’è spreco. Nel mio piatto c’è tanto della mia esperienza in Finlandia, ho vissuto e lavorato lì un anno, e questo ha cambiato la mia visione dei vegetali: lo stesso prodotto viene usato in modi diversi. Ciò accade perché nei Paesi nordici ci sono meno vegetali disponibili, e quindi si dà più valore ad essi: quella piccola quantità a disposizione viene valorizzata molto di più.
Cosa le piacerebbe che venisse ricordato della sua vittoria?
Che anche con delle materie prime “povere”, ossia molto semplici, è possibile ottenere un grande risultato: dal cavolfiore verde marchigiano alla mela dei Monti Sibillini, che è presìdio slow food, dalle canocchie dell’Adriatico al limone. La mia filosofia di cucina è quella di andare a conoscere i produttori e la filiera di ogni ingrediente, prima di acquistarlo e inserirlo in linea. Tanto che, nel nostro menu degustazione, ogni portata è dedicata a un’azienda agricola della nostra filiera: 6 piatti per altrettanti produttori che lavorano in maniera sostenibile e consapevole, nel rispetto della ciclicità naturale.