Moda, design e food si osservano, si corteggiano e diventano sempre più complementari. Punto di incontro di evoluzioni settoriali più o meno acrobatiche è senza dubbio il tema dell’ecosostenibilità. L’impatto zero, la riduzione delle emissioni di anidride carbonica e le politiche anti spreco sono argomenti che abbracciano in maniera interdisciplinare i diversi ambiti, venendo a costituire una costante, un trend e un’esigenza, attorno cui ruotano nuovi progetti che guardano al futuro. E che trasformano l’economia in una dinamica sempre più circolare.
Il cosiddetto plant based è un concetto alla base non solo di proposte gastronomiche e di diete che contano un numero crescente di seguaci, ma anche di case di moda, produttori di tessuti, aziende e designer che scommettono su materiali ricavati dagli scarti alimentari e da elementi vegetali. Una scelta etica e sostenibile, che fa bene all’uomo e all’ambiente. Così, se dalle bucce delle arance si ottengono nuovi prodotti e tessuti, dai funghi si trae una pelle vegana per gli accessori, mentre con gli scarti della banana si realizza una fibra con cui vengono tessuti tappeti e capi d’abbigliamento.
Pelle vegana, tessuti ricavati da scarti agroalimentari, materiali ecologici: ecco tutto quello che dovete sapere sui progetti più innovativi che compiono importanti passi verso la sostenibilità. E che segnano un importante passaggio: dal mondo dello spreco al mondo della moda.
Tutti pazzi per la pelle vegetale di fungo
Nel mondo della moda, la frontiera “green” viene esplorata da qualche anno: accessori e capi a base di pelle vegetale, spesso ottenuta dagli scarti dei cibi, sono ormai all’ordine del giorno. Ecco allora MuSkin, una pelle vegana ottenuta dai funghi, in grado di limitare la proliferazione dei batteri, grazie proprio alla sua origine naturale. Un materiale messo a punto dalla startup italiana Grado Zero, che ha sfruttato la specie del Phellinus ellipsoideus per dare vita a un’ecopelle completamente biodegradabile.
Tra gli stilisti vegan friendly, Stella McCartney è stata tra la prima a collaborare con Bolt Threads, una startup californiana che produce una pelle che deriva dai funghi, conosciuta come Mylo™. Il materiale è costituito dal micelio, la rete fungina che agisce come una sorta di rete naturale sottoterra, per consentire alle piante di comunicare attraverso il suolo. Al fascino del sottobosco hanno ceduto anche brand come Lululemon, il gruppo mondiale del lusso Kering (che gestisce Gucci, Saint Laurent, Bottega Veneta, Balenciaga e Alexander McQueen) e Adidas. Quest’ultimo marchio, in particolare, ha recentemente annunciato l’imminente produzione di scarpe da ginnastica vegane, realizzate appunto con Mylo™. Oltre a essere cruelty free, questa pelle vegana è ecologicamente superiore per la riduzione delle emissioni di gas serra e l'uso ridotto dell'acqua e del suolo.
Le sneakers plant based rappresentano un’ulteriore evoluzione della ricerca sostenibile del brand sportivo. Se in un primo momento l’azienda si era concentrata su scarpe ottenute dalla plastica riciclata, producendo così due dei modelli più iconici, ora ha messo a punto un prodotto 100% biodegradabile: presto saranno disponibili le celebri Stan Smith realizzate con pelle di fungo. Il micelio viene sfruttato anche da altre startup per produrre pellame: Hermès, per esempio, produrrà la borsa Victoria con Sylvania, un’altra pelle ottenuta dai funghi, messa a punto dalla startup MycoWorks.
Dal mais alle prime bio-sneakers ecologiche, 100% made in Italy
A proposito di scarpe da ginnastica, è un prodotto tutto made in Italy Yatay, che si definisce “la prima Bio-Sneaker, cruelty free, morbida come un batuffolo, fatta con amore in Italia”. I materiali usati per realizzare queste sneakers che abbracciano il green fashion? Legno, plastica, pneumatici e… cereali. Due anni di ricerca e sviluppo hanno portato l’azienda a mettere a punto una bella alternativa sostenibile alle finte pelli che derivano dal petrolio.
Come materiale di partenza, sono stati proprio i bio-polioli, ossia i polimeri estratti dai cereali e dal mais. Vengono usati per la tomaia, per la fodera e per la suola Yatay. E se il tessuto interno si ricava dalla cellulosa ottenuta da piantagioni 100% sostenibili, le solette sono figlie di un intelligente processo di riciclo di pneumatici. Mentre con la plastica riciclata l’azienda realizza la tomaia, assieme ai bio-polioli del mais. Un prodotto green accessibile, all'insegna dell'economia circolare, che si sta facendo conoscere sempre più.
Mele, cocco e ananas: le nuove frontiere dell’eco-pelle
Si chiama Malai, invece, la startup indiana che dà nome a un materiale biocomposito a base di cellulosa batterica coltivata su scarti agricoli provenienti dall'industria del cocco. Una finta pelle completamente vegana, ottenuta da batteri e fibre vegetali, tutto biodegradabile (compost entro 90 giorni), in grado quindi di essere riciclato. Si tratta di un materiale poroso, semi-morbido, molto simile alla pelle e resistente all'acqua. Un’invenzione che è valsa la quarta posizione a questa startup, nella classifica di Better India dedicata alle migliori innovazioni del 2020.
Si chiama invece Piñatex® il tessuto naturale realizzato con fibra di foglie di scarto di ananas ideato dalla startup Ananas Anam. Le foglie sono il sottoprodotto dell'agricoltura esistente e il loro uso crea una fonte di reddito aggiuntiva per le comunità agricole. L’approccio è sostenibile, cruelty free, ma anche etico: con la produzione di Piñatex®, infatti, si sostiene la comunità agricola, col fine di promuovere lo sviluppo sociale.
La pelle di mela, invece, viene ricavata dalle bucce e dagli scarti della frutta. Questa pelle vegetale, seppur molto diversa per l’origine naturale, ha un aspetto molto simile a quella animale. Si chiama Apple Skin® ed è un'alternativa ecologica, all’insegna del “no waste” e attenta all’ambiente, messa a punto dall’azienda Frumat, fondata nel 2008 da Hannes Parth in Trentino-Alto Adige, una delle regioni più famose per la produzione di pomi. L’attività nasce infatti come risposta naturale allo spreco di mele: un fantastico esempio di economia circolare, capace di soddisfare anche la domanda crescente di pelli ecologiche. Non solo borse e scarpe, ma anche divani: al fascino di quella che è stata ribattezzata pellemela hanno ceduto anche i designer di Cassina che hanno progettato un sofà ad hoc. Dal riciclo dei torsoli e degli scarti delle mele è inoltre possibile ricavare la carta, utilizzata per esempio per i tovaglioli da tavola. Tutto all’insegna del riciclo e della versatilità.
I tessuti vegetali del futuro, tra fondi di caffè e scarti di banane
Ebbene sì, anche dai fondi di caffè o dagli scarti dei caschi di banane possono nascere fibre innovative e completamente naturali, capaci di dare forma a capi d’abbigliamento, biancheria intima o tappeti. L’azienda toscana Tessile Ecologico Biologico offre un’ampia gamma di tessuti che seguono la direzione “green”. Tra questi, ecco il Black Coffee, un filato naturale che viene prodotto da una “fibra sostenibile di terza generazione”, per cui i sottoprodotti della lavorazione del caffè vengono riutilizzati sino a ottenere uno scarto pari quasi a zero. Tra i vantaggi di questo tessuto “nipote” dei fondi di caffè, la capacità di assorbire l’umidità e di controllare gli odori.
Ma non finisce qui, perché la stessa azienda ha messo a punto il Banano, ossia una fibra biodegradabile e antibatterica, ricavata dallo scarto della raccolta delle banane. In particolare, dalla parte del tronco che viene tagliata per far crescere un nuovo casco di banane. Da questa parte, suddivisa per strati che vengono separati a mano, si ottiene una fibra che viene lavata in acqua clorata e fatta essiccare al sole, quindi lavorata. Il risultato? Un tessuto morbido, leggero, adatto sia per capi d’abbigliamento che per lingerie.
Dalla buccia d'arancia al design: l’economia circolare passa dagli agrumi
Era il 2015 quando Enrica Arena e Adriana Santonocito, due giovani siciliane, si sono fatte conoscere con la loro startup, Orange Fiber, capace di produrre tessuti ottenuti dalla buccia di arancia. Quell’anno, con il loro tessuto ecologico, hanno rappresentato la Sicilia al Padiglione Italia di Expo, e hanno pure vinto il Global Change Award assegnato dalla Fondazione H&M alle idee più sostenibili. Il tessuto, realizzato con gli scarti delle arance usate dall’industria per i succhi, si produce al partire dalla cellulosa estratta dalle bucce, che, in un secondo momento, viene trasformata in filato. Un materiale che ha catturato l’attenzione anche delle maison di moda, tra cui Salvatore Ferragamo, che vi ha dedicato un’intera capsule collection.
Ma non finisce qui, perché le bucce delle arance ora tornano alla ribalta con un nuovo progetto sostenibile studiato da Bibite Sanpellegrino, la Sicily's R(e)volution Design Collection: una collezione di oggetti di eco-design firmati dall'estro creativo di Seletti, realizzati con gli scarti delle arance siciliane usate per la produzione delle mitiche Bibite Sanpellegrino. Gli oggetti riprendono le forme e la texture tipiche degli agrumi. Per la loro realizzazione, sono scese in campo anche altre realtà: da Fratelli Branca, fornitore siciliano da più di quarant'anni, a Krill Design, specialista di economia e design circolari, che trasforma le bucce in biopolimeri modellabili con la stampa 3D. La collezione di eco-design sarà disponibile in esclusiva sull’e-commerce di Krill Design. Seletti, inoltre, sigla la nuova veste grafica delle lattine (R)evolution edition: una linea in edizione limitata, dal sapore pop, capace di raccontare con le immagini l'originale trasformazione delle arance, attraverso le confezioni di Aranciata, Aranciata Amara e Chinò.
Come funziona il processo di economia circolare in questo caso? Da 5 mila arance si ottengono 150 chili di pastazzo (il sottoprodotto della spremitura), da cui si ricavano 150 chili di biopolimeri, con cui si possono produrre mille oggetti di design delle dimensioni di 12 x 20 cm. Il risultato è una collezione composta da una lampada da tavolo, che nelle forme richiama uno spicchio, una glacette, che evoca l’estetica degli agrumi, e un vassoio. Tutto rigorosamente arancione e... circolare.