Bentornato Roy Caceres. È questa la frase che viene in mente a chi, conoscendo le doti dello chef colombiano nell’interpretare l’alta cucina, attendeva da tanto l’apertura di Orma a Roma. Ci sono voluti un anno e mezzo di lavori e tre di pazienza per rivederlo, dopo l’esperienza di Metamorfosi, alla guida di una cucina “stellata”. Virgolette d’obbligo, perché Orma ha appena aperto e naturalmente non ha ancora affrontato il primo passaggio dalle forche caudine della guida rossa, ma difficilmente questa apertura romana rimarrà inosservata per molto tempo: Caceres la stella Michelin l’aveva già appuntata ai tempi di Metamorfosi (aperto nel 2011 e chiuso nel 2020) e il progetto Orma è ambizioso sia nella forma che nella sostanza.
Orma, la location
Un’intera palazzina del gusto, un “cubo” di acciaio e vetro su due livelli (più un piano sottostante dove c’è la cantina), in cui i commensali possano avere un’esperienza itinerante. La richiesta allo studio Hangar Design Group, che si è occupato sia dell’architettura che del branding del ristorante, è stata di creare uno spazio materico, dai colori neutri e rilassanti, che potesse ben accogliere la luce specialmente di giorno, quando filtra dalle ampie vetrate. Il legno dei tavoli e degli elementi architettonici di separazione (rovere chiaro), rame sul soffitto, pietra a terra e un intonaco anch’esso ruvido e materico alle pareti.
Un particolare della sala del ristorante Orma
Gli ambienti sono uniti, ma separati da un gioco di quinte: il bancone per l’accoglienza all’ingresso è il punto di partenza del viaggio, che inizia nel comodo salottino con un calice di champagne, passa dallo chef’s table affacciato sulla cucina a vista, quindi arriva alla sala vera e propria per la degustazione. Quest’ultima si presenta come una specie di bosco delle meraviglie, con tavoli la cui base è un tronco stilizzato.
Il brand è ben presente: l’orma – che incidentalmente è anche l’anagramma di Roma – rappresenta l’impronta che lo chef di origini colombiane vuole lasciare nell’alta ristorazione. Il logo è ripreso anche sul tavolo, i vari elementi della mise en place sono stati commissionati ai ceramisti di Pots di Roma e Con.creta di Genzano Romano. Sono i primi ad aver realizzato i “sassi” che si incastrano negli spazi sul tavolo e che riprendono appunto l’immagine guida. Ma anche su questo c’è dinamismo, perché negli stessi spazi i sassi lasciano posto ai contenitori del pane o del burro.
Ancora per poco la scena sarà tutta concentrata al piano terra: entro qualche settimana sarà pronta ad accogliere i commensali anche la terrazza, con i suoi 7 metri di bancone bar e l’ulivo al centro. Nei piani dello chef, il primo passaggio dal salottino si trasferirà all’aperto durante la bella stagione, così come il servizio bistrot del pranzo, che partirà dopo la metà di maggio, insieme al momento dell’aperitivo.
Dal basket alle cucine: chi è Roy Caceres
Per chi non lo conosce, è d’obbligo ricordare chi è Roy Caceres, il playmaker della cucina. Classe 1977, nato in Colombia e inizialmente destinato al basket, quando arriva in Italia scopre di non poter essere tesserato perché extra-Ue. Inizia a lavorare come lavapiatti, ma rapidamente scala tutti i gradi della cucina. Passa per Il Pellicano a Porto Ercole, diventa lo chef della Locanda Solarola nel 2007, apre poi Metamorfosi nel 2011 a Roma e si appunta la stella Michelin sulla giubba.
Lo chef Roy Caceres
Nel maggio 2020, quando l’esperienza di Metamorfosi è agli sgoccioli a causa della pandemia, sempre a Roma dà vita al progetto Carnal, tuttora di grande successo, dove resta come supervisore. Qui esprime la sua anima più sudamericana in una formula più informale, ma il richiamo del fine dining, o meglio del ristorante “gastronomico” come dice Caceres, per chi ha già vestito la giacca con il macaron è sempre troppo forte per non cercare di tornare a questo mondo.
Gli altri protagonisti
Oltre allo chef Caceres, sono molti i protagonisti che animano questa attesissima apertura. Per primo, il sous chef Pier Mario Fiengo, che affianca lo chef Caceres e che ha voluto fortemente lavorare con lui. È figlio di Vincenzo Fiengo, imprenditore di successo nell’ambito dell’Ict, nonché fondatore e ceo di Dsg, un gruppo da 1.700 dipendenti. Fiengo ha seguito l’istinto del figlio, intraprendendo questo progetto ristorativo.
Cresciuto professionalmente da Gianfranco Vissani e da Carlo Cracco, il giovane Fiengo (26 anni) affianca Caceres insieme all’altro sous chef, Giovanni Olivieri, che già aveva lavorato con lo chef colombiano ai tempi di Metamorfosi, ma che nel frattempo ha aggiunto diverse esperienze importanti in Italia e all’estero al suo palmares.
In sala, a guidare le danze ci sono il restaurant manager Simone De Florio e il sommelier Matteo De Paoli, che ha già messo in piedi una cantina di tutto rispetto (400 etichette già in casa, di cui un terzo Italia e tantissima Francia, con un focus sullo champagne). Il suo stile è quello di affiancare etichette blasonate a vini provenienti da piccole e promettenti cantine dove si fa qualità.
Ristorante Orma a Roma, i menu
Fatta salva la carta, da cui si può attingere liberamente, l’esperienza da Orma è basata sulle tracce che lo chef colombiano si è portato dietro, con i piatti che ne hanno caratterizzato la carriera, che sono racchiusi nel menù Tracce indelebili (cinque portate a 120 euro); per chi vuole capire dove si posiziona Caceres oggi è tuttavia necessario sfidarlo nel percorso Tracce Correnti (8 portate a 150 euro), costruito solo sui piatti inediti.
La nuova consapevolezza di Caceres è quella di togliere il superfluo, concentrandosi sul gusto del piatto e sull’ingrediente principale. Nella nostra esperienza abbiamo assaggiato la Trippa di calamaro, in cui la lavorazione del mollusco è fatta in modo da ricordare la trippa per consistenza, l’Indivia con platano e tartufo, il Raviolo ostrica, lo Spaghetto al latte di pinoli e la Pecora radicchio e lentisco. Come spiega Caceres, sono piatti che probabilmente rimarranno per poche settimane, perché contiene alcuni ingredienti di stagione a fine ciclo, ma sono già al lavoro su nuove proposte.
Il piatto Rapa in carta al ristorante Orma
La cifra comune è l’eleganza nel piatto, data da un lavoro certosino di utilizzo di tecniche moderne come l’uso del rotavapor, che servono a estrarre il gusto in profondità. Non mancano le contaminazioni, l’utilizzo di ingredienti non ordinari che pescano nel vissuto dello chef (le origini sudamericane da un lato, ma anche le tracce mediorientali nel suo dna, con il nonno siriano), la ricerca di accostamenti mai banali.
Roy Caceres è tornato, quindi, ma con una nuova maturità e consapevolezza.