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Francesco Panella

Foto Alex Alberton

“Il ristoratore? Non è un lavoro per tutti”. Parola di Francesco Panella

Tornando a temi più leggeri… Nella nuova stagione di Little Big Italy ha assaggiato la pizza con le formiche: qual è la sfida più grande che ha affrontato con il palato? 
Televisivamente, questa è senza dubbio una delle peggiori, però io sono una persona molto curiosa. Privatamente, nei miei viaggi, ho mangiato anche serpenti, coccodrilli… Sono uno che tende a capire e ad andare in ascolto. 

Quindi che ne dice dell’ananas sulla pizza? 
Ma manco se t’ammazzi l'ananas sulla pizza! No veramente, è un monito ai nostri chef italiani, pizzettari o whatever, che adesso stanno inneggiando alla pizza con l’ananas... Lo trovo folle nel paese delle tradizioni, forse lo fanno per prendere like in più sui social. Stiamo un po’ perdendo le nostre tradizioni, ma bisogna lottare per conservarle. 

A proposito di tradizioni, quanta autenticità c’è attorno alla voce “made in Italy” all’estero oggi? 
C’è in un modo proporzionale, in base a quelle che sono le nuove distanze che dovremmo avere tra uomo e terra. Mi spiego meglio: prima del Covid c'era una globalizzazione pazzesca. Dopo, ovviamente, la localizzazione ci ha fatto capire che per fare un piatto di pasta negli Stati Uniti probabilmente è meglio usare un pomodoro americano e una pasta secca italiana, riuscendo a unire questi due ingredienti. Prima, invece, era tutto un export continuo: l'intelligenza è quella di unire due popoli, anche per rispetto di chi ti accoglie, e cercare di lavorare insieme per far sì che quel prodotto sia il migliore possibile, con un grande rispetto della natura come obiettivo principale. 

La soddisfazione più grande e la sfida più difficile che ha affrontato professionalmente? 
La soddisfazione più grande è quella di aver partecipato a un progetto che è rimasto un po' nella storia di New York: un’apertura con una grandissima corporate americana, un ristorante (Feroce, ndr) che poi ha dovuto chiudere per il Covid, nominato dal Gambero Rosso Migliore apertura italiana al mondo. La sfida più difficile? Ricostruire un percorso nella mia azienda, che ho preso in mano in una situazione abbastanza precaria, e riuscire a trasformarla comunque in un brand internazionale. 

Qual è il prossimo passo, anzi what’s next
Mi godo questo momento in cui sto affrontando la televisione, e ora anche la radio: cerco un punto di vista per fare qualche domanda di approfondimento sul mondo della ristorazione. Mi piacerebbe mettere la mia esperienza a servizio di tutti i ragazzi, di tutte le nuove le generazioni e di tutti gli chef che vogliono comunque affrontare un percorso in questo settore. Io non mi considero un leader, ma credo che i leader della ristorazione oggi debbano avere molto meno ego e capire che il momento è così difficile, così duro, che è necessario scendere dal podio e aiutare chi si pensa possa farcela come ce l'hai fatta te. 

Quale consiglio darebbe a chi sogna di fare ristorazione? 
Capire prima veramente cos’è. Non farsi abbindolare dalla televisione e da quello che si vede, dagli chef che sembrano delle superstar e da gente come me. In tv sembrano tutti fenomeni… e invece no! Ci vuole tranquillità, serenità, piedi per terra, comprendere a cosa si va incontro, capire che ti può dire male. Allora pensiamoci bene, perché poi… i ristoranti chiudono.

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