Con Chef’s Table Pizza, il momento più atteso dagli appassionati di lievito e farina è arrivato. Chef’s Table, la serie di Netflix che ha cambiato il modo di narrare il cibo e i suoi protagonisti, ha finalmente puntato i riflettori sui maestri dell’arte bianca di tutto il mondo. Personaggi che hanno consacrato la propria vita alla pizza, credendo in un progetto e seguendo un percorso non sempre facile: eroi contemporanei che hanno lasciato il segno nel panorama gastronomico, passando per difficoltà, fama, redenzioni e soddisfazioni.
Una regia coinvolgente, una fotografia impeccabile e un focus sulle vite dei pizzaioli raccontati nelle loro parabole esistenziali, in una spirale di intrecci tra biografia e cibo, tra immagini di famiglia e fotogrammi di pizze e territori, sono gli ingredienti di questa amatissima nuova serie creata da David Gelb e prodotta da Boardwalk Pictures e Supper Club (regia di Abigail Fuller, Clay Jeter, Zia Mandviwalla e Brian McGinn). Tra i maestri protagonisti di Chef’s Table Pizza, come vi avevamo raccontato, c’è anche Franco Pepe, alla regia di Pepe in Grani a Caiazzo (Caserta), al centro di un episodio emozionante, a tratti commovente.
Il maestro, che ha lavorato tantissimo per cambiare la percezione e la concezione del mestiere di “pizzaiolo”, elevandolo a un alt(r)o livello, viene raccontato a partire dalla dimensione familiare: l’attività ereditata dal padre, la scommessa sul nuovo corso, i momenti difficili, il distacco dai fratelli e la riconciliazione, la separazione dalla moglie, la solitudine. Ma anche la tenacia nel perseguire il proprio intento: nobilitare un lavoro considerato umile e portare la pizza nel mondo del fine dining, senza mai tradire il proprio credo. Ecco allora l’impasto preparato rigorosamente a mano, come da insegnamento paterno, le invenzioni geniali come la Margherita Sbagliata, la valorizzazione di ingredienti locali quali il pomodoro riccio e le olive di Caiazzo, ma anche la nouvelle vague della pizza fritta proposta a cono, oltre alla pizza dolce, lontana dai diffusissimi cliché anonimi.
Guardare l’episodio di Chef's Table Pizza su Franco Pepe ci ha commosso: un’emozione simile a quella che si prova assaggiando per la prima volta una sua creazione. "Mi stanno arrivando messaggi di gente che si è commossa da tutto il mondo, dall'Australia alla Colombia, ma soprattutto messaggi da giovani pizzaioli che hanno detto che quella puntata ha dato loro la speranza e l'entusiasmo di proseguire nel proprio percorso. Poi, alcuni dirigenti scolastici mi hanno spiegato che vogliono portare l'episodio di Chef's Table Pizza nelle scuole, per lanciare un messaggio ai giovani, che possono credere nei sogni", racconta il maestro. Ma cosa c'è dietro la grande produzione della serie di culto Netflix? Abbiamo raggiunto Franco Pepe, che ci ha raccontato qualche curiosità sui retroscena di Chef’s Table Pizza.
Chef's Table Pizza: dietro le quinte con Franco Pepe

Foto Luciano Furia
Quanto tempo ci vuole a girare un episodio di 50 minuti? “La troupe è arrivata a Caiazzo a fine luglio 2021 ed è rimasta fino a metà agosto: 20 giorni a girare dalle 10 del mattino fino alle 10 di sera. Poi, hanno sintetizzato il tutto in un episodio di 50 minuti”, racconta. “Devo dire che hanno fatto tantissime riprese, molto del girato è stato tagliato, hanno sintetizzato tanti concetti, facendo un lavoro di montaggio, di taglia e incolla, tra parlato e immagini”. Cosa è stato tagliato? “Le riprese di molti produttori che lavorano al mio fianco non si sono viste nel montaggio finale: per esempio, è stata tagliata tutta la parte in cui mostro il lavoro di Manuel Lombardi, che ha un’azienda nel Casertano che produce Conciato Romano”, risponde Pepe. “Avevamo girato molte scene relative alla lavorazione del formaggio, oltre alla campagna e al pascolo degli animali", aggiunge.

Foto Luciano Furia
E poi il maestro pizzaiolo racconta un episodio divertente… “Ci tenevo molto a portare sugli schermi di Netflix il mio progetto sulle albicocche (un’antica varietà del Vesuvio che Pepe ha recuperato per la produzione della pizza dolce Crisommola, a base di albicocca del Vesuvio, ricotta di bufala profumata al limone, nocciole e menta, ndr). Per questo progetto mi è stato assegnato anche un riconoscimento, sono stato nominato Cittadino Onorario di Somma Vesuviana. Ma, poiché non c’erano albicocche in quel periodo, le avevo conservate nel frigo. Nell'episodio di Chef’s Table Pizza si vede la raccolta delle albicocche, ma in realtà le ho dovute incollare sull’albero (ride, ndr). Questa scena è stata girata 13 o 14 volte”.

Foto Luciano Furia
Com’è composta la troupe di Chef’s Table Pizza? “Da Los Angeles è venuto a Caiazzo un team di 22 persone, ma ce n’erano altrettante là, negli Stati Uniti, perché - quando lavoravano - c’erano due persone che comunicavano direttamente con la città californiana, forse gli sceneggiatori. Mentre il direttore di fotografia, regista, direttore del suono e altri erano a Caiazzo”.

Foto courtesy Franco Pepe
Come avete impostato il lavoro? “Il tutto è iniziato tre anni fa, ma c’è stato un dialogo costante di due anni con il produttore e il regista: abbiamo fatto delle lunghe call, in cui io raccontavo il territorio, i produttori, la mia vita e tutto il resto. Poi, insieme, abbiamo concordato le pizze da preparare e da riprendere”. Come si è comportata la troupe di Chef’s Table Pizza, dove alloggiava e come ha gestito le riprese? "Loro stavano sempre a Caiazzo, alloggiavano a Villa Ortensia. Avevano una grande professionalità, non si sono fatti scappare i nomi degli altri protagonisti degli episodi. Io non sapevo, per esempio, che dopo sarebbero andati da Gabriele Bonci, per girare un altro episodio della serie. Hanno fatto delle interviste che ti scavano dentro, sono stati bravi, ma poi ho saputo che hanno anche telefonato a personaggi del mondo della gastronomia a cui hanno fatto domande su di me… Forse per verificare le informazioni e la veridicità dei miei racconti, loro sono molto seri e professionali. Hanno un modo di agire davvero preciso e schematico, basti pensare che ogni scena veniva girata 6 o 7 volte, con angolazioni diverse, poi hanno voluto scegliere il laboratorio di analisi per i tamponi che facevano periodicamente a tutta la troupe e alla mia squadra. Volevano addirittura comprarmi l’abbigliamento da indossare durante le riprese, per scegliere i colori e lo stile, ma poi ho usato i capi sartoriali che adopero solitamente".

Foto Luciano Furia
Qual è l’emozione più grande che ha vissuto durante le riprese di Chef’s Table Pizza? “Quando ho portato la troupe di Netflix dai miei fratelli, nella pizzeria dove ho iniziato il mio percorso professionale assieme a loro e a mio padre: non ci andavo da parecchio. Ho fatto entrare gli operatori, ma poi sono uscito fuori durante le interviste ai miei fratelli, perché non volevo condizionarli: era un messaggio per loro, non era mia intenzione interferire su ciò che avrebbero raccontato su di me, sul mio percorso, sulla separazione. Volevo essere pulito e chiaro, volevo accettare tutto quello che sarebbe emerso. Le esternazioni dei miei fratelli, infatti, le ho ascoltate solo quando hanno montato la puntata”.

Foto courtesy Franco Pepe
E il ricordo più bello? “Mio figlio Stefano, il ricordo di Stefano che ritorna. È la persona a cui ho trasmesso i miei saperi, in lui ripongo la fiducia di un prolungamento del mio progetto, assieme a mia figlia Francesca, che si è da poco laureata allo Iulm e attualmente segue la comunicazione (tutto ciò che esce su Franco Pepe è merito suo, ndr). Entrambi possono rappresentare la continuità di progetto di Pepe in Grani e di Franco Pepe”.