Come ogni anno, il 17 gennaio si celebra il World Pizza Day. La speciale ricorrenza, da tradizione, viene festeggiata nel giorno di Sant’Antonio Abate, considerato protettore dei pizzaioli e dei fornai. La Giornata mondiale della pizza è il momento giusto per fare il punto su un settore che negli ultimi anni ha elevato il suo livello, entrando a tutti gli effetti nell’universo del fine dining, ma anche per celebrare ogni declinazione di lievitato, tra proposte tradizionali ed evoluzioni contemporanee. Ecco allora la classica pizza napoletana, nata come street food nei vicoli della città vesuviana come “pizza a portafoglio”, più piccola e ripiegata su se stessa, ma anche la pizza alla romana, super idratata e croccante, oltre alla pizza al trancio e alla più recente pizza al padellino, tagliata e farcita a spicchi. La serie su Netflix Chef’s Table Pizza ha senza dubbio contribuito ad accendere i riflettori a livello internazionale sul mondo del lievito e della farina, ma quali sono le pizze iconiche da assaggiare almeno una volta nella vita? Un viaggio alla scoperta di questo mondo gustoso, fatto di impasti, topping e cotture diverse, non può che cominciare in Italia, dalle basi. Per una visione a 360 gradi degli stili, delle tendenze e delle evoluzioni del settore, ecco 7 pizze iconiche da assaggiare almeno una volta nella vita. Tutte preparate da fuoriclasse dell’arte bianca che hanno onorato e interpretato la tradizione in maniera impeccabile, oppure ne hanno fatto tesoro, per elaborare una nuova visione della pizza, personale e vincente.
World Pizza Day 2023: le pizze da assaggiare una volta nella vita
La Margherita Sbagliata di Franco Pepe

Foto Wurzburger
Franco Pepe, protagonista di uno degli episodi di Chef’s Table Pizza, ha il merito di aver portato la pizza su un altro livello, studiando l’impasto perfetto, ma anche il topping in maniera ragionata, equilibrata e contemporanea. Il suo prodotto lievitato racconta il territorio di Caiazzo, dove si trova il suo locale Pepe in Grani, a circa un’ora da Napoli. Qui arrivano costantemente migliaia di visitatori da ogni angolo del mondo per assaggiare la sua pizza: Pepe è riuscito a trasformare un paesino della Campania in una mecca della pizza mondiale, creando un sistema virtuoso, una microeconomia locale capace di valorizzare prodotti e produttori locali. La prima volta che si assaggia la pizza di Pepe è un’emozione: da provare la sua Margherita Sbagliata, che parte dal più classico dei lievitati per trasformarlo con grazia in un nuovo prodotto, dove gli ingredienti del topping sono al centro di un’inversione di ruoli. Una pizza a base bianca, con mozzarella e olio extravergine d’oliva, su cui vengono adagiate delle strisce di passata di pomodoro riccio di Caiazzo a crudo: un lievitato che esalta il gusto del territorio, lasciando inalterati i valori nutrizionali e il sapore del tipico ortaggio locale, che con la cottura si sarebbero persi. Semplice e rivoluzionaria.
Futuro di Marinara di Francesco Martucci

Foto courtesy Francesco Martucci
Futuro di Marinara è la pizza iconica da assaggiare almeno una volta nella vita firmata da un altro fuoriclasse della pizza contemporanea italiana, Francesco Martucci de I Masanielli di Caserta. Il maestro, da quattro anni in vetta alla classifica di 50 Top Pizza, è partito di una ricetta casertana semplicissima, come quella della Marinara (con pomodoro, capperi, acciughe e origano), per trasformarla in un prodotto unico nel suo genere, a partire dalla consistenza dell’impasto. La pizza, infatti, viene sottoposta a tre cotture diverse: prima viene cotta al vapore a 100 gradi, poi viene fritta a 180 gradi, infine viene passata in forno, a 400 gradi. Da provare per capire cosa significa mangiare un impasto fragrante e scioglievole allo stesso tempo. Spoiler: vi sembrerà di mangiare la pizza per la prima volta.
Pizza ai 6 pomodori dei Fratelli Salvo

Francesco e Salvatore Salvo rappresentano la terza generazione della Pizzeria Salvo, nata a San Giorgio a Cremano, vicino Napoli, e oggi presente con un secondo locale anche nella città partenopea. Tra i primi ad aver scommesso sulla pizza di qualità e sulla contaminazione tra il mondo della pizza e l’alta cucina, nel 2014 inventano la Pizza ai 6 pomodori. L'idea nasce nel 2014 assieme allo chef Salvatore Bianco di Torre del Greco (executive chef de Il Comandante una stella Michelin, Napoli) come volontà di inserire in una sola pizza stagionale le diverse tipologie di pomodoro del territorio campano, per un viaggio tra colori, sapori e varianti di un vegetale simbolo della cucina italiana. Questa pizza è stata poi lanciata a luglio 2022 ed è in poco tempo diventata un’icona della tradizione (e del sapore) verace, traghettati nel mondo di oggi. La base è di dolcissimo pomodoro Corbarino, schiacciato con le mani così come si faceva una volta. Poi la polpa di San Marzano tenuta in acqua e sale, che regala la giusta sapidità, insieme alla crema di pomodoro di Gragnano affumicato, per una spinta aromatica e umami. C’è il Datterino, che i Salvo abbrustoliscono per ottenere un leggero sapore amarognolo. Non manca il Ciliegino confit e il pomodoro del Piennolo crudo e marinato in olio evo, basilico e aglio. Impasto classico della pizza napoletana, a lunga lievitazione e alta idratazione.
Salmerino nel bosco, la pizza di montagna di Denis Lovatel

Foto aromi.group
Impasti sottili e croccanti, ma anche topping ricercati, figli del foraging e delle Dolomiti: ecco la “pizza di montagna” di Denis Lovatel, capace di racchiudere tutto il sapore delle vette, tra erbe spontanee raccolte nella natura incontaminata e scelte sostenibili. Il suo cornicione è leggero e alveolato, viene spolverato con un mix di spezie prima di entrare nel forno. “Un’operazione che faccio per dare sapidità all’impasto, con una minima parte di sale, e il gusto di umami”, spiega. La pizzeria Da Ezio di Alano di Piave (Belluno), fondata dal padre, con la sua regia si è trasformata, conquistando classifiche e nuovi clienti. Una visione green che da poco è approdata a Milano con la pizzeria Denis, dove si possono sperimentare morsi insoliti, che riflettono la filosofia del pizzaiolo. Un pensiero molto affine a quello di “Cook the Mountain” dello chef tre stelle Michelin Norbert Niederkofler: non a caso, Lovatel ha firmato le pizze all’interno dell’Hotel Rosa Alpina, in Alta Badia. La Salmerino nel Bosco è una pizza con salmerino marinato e bruciato al cannello, misticanza, cuore di burrata e vinaigrette alla mela verde.
La pizza con animelle al burro nocciola di Simone Padoan

Foto aromi.group
Simone Padoan ha il merito di essere stato il primo a trattare la pizza in maniera differente, proponendo la sua visione al padellino gourmet, farcita a spicchi. Pluripremiato maestro dell’arte bianca, alla regia de I Tigli di San Bonifacio (Verona), fonda il suo sapere su materie prime di qualità, tecniche di cottura ricercate e panificazione da lievito madre. I topping sono vere e proprie ricette d’autore da adagiare a crudo sull’impasto, che può cambiare a seconda della farcitura: si va dalle proposte vegetariane ai frutti di mare, alle tartare. Insomma, una versione nuova della pizza, che ha contribuito a trasformare per sempre il mondo dei lievitati. Da non perdere la sua pizza con Animelle al burro nocciola, con parmigiana, melanzane, chutney di pomodoro verde e animelle al burro nocciola.
La pizza rossa di Gabriele Bonci

Viene dalla cucina e ha seguito un suo percorso molto personale Gabriele Bonci. Pizzaiolo che ha portato alla ribalta la pizza romana, re della pizza al taglio super idratata, soffice e croccante allo stesso tempo, farcita in maniera impeccabile, al centro dei uno degli episodi di Chef’s Table Pizza. Bonci, con il suo Pizzarium, ha elevato un prodotto molto popolare come quello della pizza al taglio, andandolo a farcire con prodotti selezionati, figli della filosofia “agricola” da cui muove la sua arte e il suo pensiero. Mangiare è un atto agricolo e un atto politico nella visione di Bonci, che ha portato su uno street food molto pop il meglio della produzione agroalimentare italiana, il cibo di qualità, la sostenibilità, proprio come si fa in un ristorante di cucina d’autore. Sulla pizza di Bonci i topping sono variegati e colorati, ma almeno una volta nella vita va assaggiata la sua mitica pizza rossa: la quintessenza della romanità.
La pizza fritta di Gino Sorbillo

Gino Sorbillo ha riacceso i riflettori su via dei Tribunali, nel cuore del centro storico di Napoli, dove è nata la vera pizza napoletana, declinata in Margherita o Marinara. Ma negli ultimi anni Sorbillo ha portato nuovamente alla ribalta anche la pizza fritta napoletana: nel 2015 ha aperto un’insegna ad hoc, dedicata solo agli impasti fritti, che omaggia nel nome sua zia, una figura femminile che ha contribuito particolarmente alla sua formazione: l’Antica Pizza Fritta da Zia Esterina Sorbillo (che oggi conta tre sedi a Napoli e una a Milano). Un impasto delicato e fragrante, che viene chiuso e fa da scrigno agli ingredienti di una volta, a partire dalla ricotta di bufala. Un prodotto che riprende la ricetta classica della pizza fritta napoletana, con originali variazioni sul tema che spaziano dal tarallo napoletano con mandorle e pepe al pesto genovese dop, al cappello di pulcinella, con polpette di manzo fritte.