Di origini peruviane, con una bisnonna giapponese, Alexander Robles è lo chef alla regia di Azotea, il ristorante che ha portato a Torino la cucina nikkei di impronta fine dining. Si è tenuto qui il primo appuntamento con il ciclo di cene L'equilibrio in un piatto in collaborazione con Acqua Panna, un’iniziativa che coinvolge giovani chef italiani under 40, chiamati a interpretare in un piatto la propria idea di equilibrio, tra passato e presente, tra tradizione e contaminazione. “Abbiamo servito a tutti il piatto dell’equilibrio, Selva Alta/Tiradito Andino: sia come come amuse bouche, a chi ha optato per il menu alla carta, sia come quarta corsa, a chi ha seguito il menu degustazione di sei portate. Abbiamo ricevuto dei feedback molto positivi: per molti era la prima volta in un ristorante nikkei”, racconta Robles. “Non siamo un ristorante super informale e questo è un plus: accogliamo gli ospiti come se fossero amici, a casa nostra”.
Foto courtesy Azotea
Alexander Robles: "La mia cucina nikkei, tra fine dining, equilibrio e contaminazioni"
Bosco tropicale amazzonico, una creazione di chef Alexander Robles
Azotea è anche cocktail bar: come interagiscono bancone e cucina?
Quando introduciamo il nuovo menu, Matteo Fornaro si mette a fare delle prove, è una sorta di innamoramento: si viaggia sulla stessa lunghezza d’onda, facciamo mille assaggi per avere l’abbinamento perfetto. Ci sono delle verdure e dei frutti che uso, da lì lui parte per creare dei drink. Ovviamente sono quasi tutti drink low alcol, studiati in modo che se ne possano bere sei. Sono tutte mezze porzioni, quando vengono serviti in abbinamento.
Qual è il pairing dell’estate 2023 di Azotea (cocktail-piatto)?
Un piatto che sta avendo tanto successo è Mare Freddo, la portata numero 1: agretti sbianchiti, piselli, calamari tagliati fini a crudo, il tutto condito con acidulato di alga robina (ossia lo sciroppo di carrube, una sorta di melassa), dove aggiungiamo ubemoshi e soia. Finiamo con crema alla huancaina (a base di peperoncino aji limo e alghe croccanti e reidratate). Questo piatto viene abbinato al Sip numero 1, un drink a base di frutto della passione, estratto di cappero, pisco infuso di yuyo (un’alga che cresce solo in Perù e in Nuova Zelanda, ed è la stessa che si trova nel piatto; ha il gusto del mare al palato, ha una salinità perfetta), estratto di cappero, zucchero e limone.
Ci racconta l’ultimo menu di Azotea?
Ogni degustazione ha uno specifico tema: questo menu attuale, della primavera-estate 2023, si chiama Ayni, che in linguaggio quechua significa il principio della reciprocità, il dare e ricevere, come scambio. Per noi è un comandamento morale e cosmico: è un invito al rispetto della natura e dei suoi frutti. E in questo menu partiamo dal mare, andiamo sulle montagne e poi nella giungla, ci rifacciamo ai microclimi peruviani e alla biodiversità. Si fa un vero e proprio viaggio in Perù, con una particolare attenzione agli ingredienti tutelati da Slow Food (in ogni piatto ce n’è almeno uno). Questo menu ha tanti obiettivi: far conoscere la cucina nikkei a livello fine dining, far conoscere le tecniche e le materie prime nikkei, abbinamento in pairing; far conoscere il Perù, i suoi microclimi, dal mare al deserto.
Progetti futuri?
Dal mio arrivo, Azotea ha fatto tante belle cose: Noemi Dell’Agnello e Matteo Fornaro, i titolari, mi hanno lasciato carta bianca e ho molta libertà. Il mio progetto personale sarebbe di andare in Perù e magari di raccontare com’è il Perù attuale attraverso il menu di Azotea, una volta tornato in Italia. Nel mio Paese? Tornerei se lo volesse mia figlia, che ora ha solo 5 anni. In Europa, dove vivo da 17 anni, mi trovo molto bene, e Torino oggi è diventata una meta gastronomica, ci sono tante realtà stellate, ma anche molti ristoranti di cucina fusion interessanti. La città è cresciuta e un cuoco può esprimersi bene a livello professionale.
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