Il fine dining è anche (e soprattutto) divertimento. E questo non va mai dimenticato. A ricordarlo ci sono indirizzi come Azotea, cocktail bar e ristorante di cucina nikkei a Torino, che a pochi passi da piazza Vittorio propone un variopinto girovagare attorno alla contaminazione gastronomica e culturale. Aperto nell’attuale sede nel 2020 da Noemi Dell’Agnello e Matteo Fornaro, rispettivamente anima dei dolci e dei cocktail proposti, che ritroviamo in sala, il locale ha da poco spiccato il volo, accogliendo ai fornelli il nuovo chef Alexander Robles, come abbiamo anticipato nel nostro bollettino di primavera.
Il giovane cuoco, classe 1989, incarna al meglio la spirito della cucina nikkei, che racconta storie di immigrazioni e di fusioni nippo-peruviane, elevandola a un livello alto, con portate che declinano erbe e tuberi di origine andina, pesce mediterraneo tagliato secondo tecniche giapponesi e frutta esotica. Piatti colorati e originali, in equilibrio perfetto tra il gioco spensierato e l’omaggio ai sapori della tradizione. “Sono peruviano, nato a Cuzco, ma ho una bisnonna giapponese: io stesso sono espressione di questa cultura fusion”, spiega lo chef.
Lo staff di Azotea a Torino
L’esperienza da Azotea, però, si fa a 360 gradi: il cerchio si chiude con i cocktail studiati da Fornaro, coadiuvato dietro il bancone da Andrea Ghiori, che ha dato vita a vere e proprie creazioni di cucina liquida. Ecco allora interessanti signature drink a bassa gradazione alcolica, del tutto complementari ai piatti cui vengono abbinati: un passo avanti rispetto al classico food pairing tra cibo e cocktail, in linea con le ultime tendenze della mixology, che vedono i drink protagonisti assieme ai piatti, se non addirittura parte integrante delle portate o fulcro attorno cui ruota l’offerta food.
Azotea, la location
Azotea, il ristorante a Torino
“Il progetto Azotea è nato nel 2017 a Laigueglia, in Liguria, ma è maturato a Torino, dove ci siamo trasferiti nel 2020”, spiega Fornaro. “L’insegna, infatti, riprende il termine spagnolo che significa terrazza, in riferimento alla vista che avevamo al mare”. Oggi quella posizione privilegiata assume un significato diverso, di osservazione del mondo per stimoli sempre nuovi. A partire dalla location, studiata dagli stessi proprietari, tra spazi dall’animo vintage, dettagli esotici e tocchi di verde.
Azotea, il ristorante a Torino
Tre ambienti accoglienti danno il benvenuto agli ospiti. C'è la Saletta Tropicale, dal mood rétro, con 12 coperti, ampi tavoli, carta da parati colorata, pareti dalle sfumature pastello e poltroncine di velluto. Poi, la Sala Verde, affacciata sul dehors, con 25 posti a sedere, tra angoli intimi e particolari dettagli d’arredo come le sedute in rattan.
Azotea, il ristorante a Torino
Quindi si passa alla Cocktail Room, spazio dall’animo internazionale dedicato alla miscelazione, che trasporta in una dimensione senza tempo, ispirata ai grandi hotel di una volta, con un meraviglioso retrobanco d’epoca e una spettacolare bottigliera in ottone sospesa con una pioggia di etichette alcoliche. Qui si mangia al bancone, osservando il lavoro del bartender, magari abbinando un drink a una delle tapas proposte nella carta.
Azotea, il menu
Azotea è un indirizzo dove sorsi e morsi sono posti sullo stesso piano, tanto che è possibile ritrovare gli stessi ingredienti dei piatti rielaborati in forma liquida nei signature drink. Il menu? Mostra un nuovo volto della cucina nikkei, con i sapori che vanno a spasso dal Perù al Giappone, dal Mediterraneo al Pacifico, in perfetto equilibrio.
Lo chef Robles qui ha trovato la sua dimensione, forte di importanti avventure professionali, dal Carlina Restaurant, all’interno dell’hotel NH a Torino, al ristorante Del Cambio, dall’Escale in Francia all’esperienza nel suo Paese d'origine al fianco del grande Gastón Acurio, punto di riferimento della cucina peruviana.
A scelta, si può optare per la carta, per il menu degustazione o per le tapas - con proposte che vanno dalle Empanadas Japolatinas, fagottini al forno farciti con pollo saltato con soia, pomodorini, cipollotto e oyster sauce, al Bao di maiale, ripieno di stinco sfilacciato, cavolo croccante e maionese Kewpie. Il consiglio è di scegliere il percorso Azotea Experience, scandito da sei portate abbinate ad altrettanti cocktail, per una visione completa.
La cucina nikkei di Azotea è espressione di equilibrio e gioco, dicevamo, e regala piatti dove il rigore giapponese prende a braccetto l’esuberanza latinoamericana. Non mancano esplosioni di sapori e di colori, ma a favore di un’arte (e di una tecnica) che sa perfettamente in quale direzione guardare, senza sbavature o eccessi.
Si comincia con l’Ostrica Acevichada, una Fin de Claire preparata come un ceviche, condita con soia, lime e passion fruit, servita nella sua conchiglia, con chips di platano croccante. Viene abbinata a un drink a base di Pisco aromatizzato all’erba andina huacatay, lime, passion fruit, Ginger Ale e Angostura, e accompagnata da una nuvola croccante di riso decorata con con polvere di olive nere e maionese al peperoncino amarillo (poco piccante e aromatico).
Si prosegue poi con Berenjena Anticuchera, con aji panca (peperoncino peruviano), noce brasiliana, erbe aromatiche, taro, da assaporare sulle note liquide di Mezcal, bitter, limone bruciato, aceto balsamico e soda. E ancora, si porta a casa il ricordo del Tiradito di ombrina, un’ottima interpretazione ittica (il pesce viene tagliato a mo' di sashimi) con una marinatura densa, fatta di avocado, lime, yuzu, olio all’achiote (una colorata bacca sudamericana, tipica della foresta amazzonica), crumble di canchita (il mais peruviano tostato) e chips croccanti di platano. Una portata che gioca con le consistenze, abbinata alla perfezione a un drink a base di Cachaca, olio di cocco e acqua di banana: un cocktail capace di trasformare in liquidi ingredienti solitamente cremosi, fungendo da contrappeso all’inedita leche dell’ombrina, dalla texture molto densa.
Interessante anche l’Escabeche di sgombro. Il pesce azzurro viene salmistrato, “marinato con sale, zucchero e agrumi quali lime e yuzu", precisa lo chef, e presentato con una salsa acidula simile alla scapece del Sud, preparata alla maniera peruviana, con pomodoro, carote, cipolla rossa e umeboshi, "che dà la giusta acidità". E ancora, petali di cipolla bianca cotta nel succo di mela, chips di patata viola ed emulsione verde a base di crescione e semi di chia. “Si tratta di un piatto peruviano molto popolare che abbiamo completamente riletto, con istanze giapponesi”, prosegue. Da bere? Il Tè della neve, una creazione mixologica a base di gin alla prugna e fungo della neve, mela verde, limone, zenzero, umeboshi, pompelmo e pepe rosa.
Il percorso prosegue con il Ramen come un caldo di gallina, che riprende la tipica colazione peruviana “salva-stomaco”, ma completamente riletta: una sorta di zuppa non brodosa, dove fanno capolino varietà di patate peruviane, faraona, katsuobushi, nitamago (il classico uovo del ramen), moraya e pak choi. In abbinamento viene proposto un cocktail molto originale che non passa inosservato, con Pisco, leche de tigre, peperone, timo, liquore all'arancia e aji amarillo. Infine c’è l'Unagi, un piatto a base di anguilla laccata con bbq, con foglia di shiso croccante, polline e olluco (pianta andina), servita sulle note affumicate e leggermente piccanti di un drink a base di acqua di melanzana bruciata, Mezcal, limone, tabasco e soluzione salina.
Si conclude il percorso con i dolci creati da Noemi, particolarmente generosi per la vista, curati nei dettagli: si va dalla Cheesecake a crudo, impiattata su una conchiglia, con streusel alle mandorle e nocciole, sfere di cream cheese, mirtilli e conchiglie di cioccolato bianco, a Sotto la Luna, una composizione con cremoso al dulce de leche, cioccolato bianco, spugna al cacao, crema inglese al caffè e fava tonka, streusel alla nocciola e caffè. Due dolci paesaggi che descrivono il mare e la luna. Guardando oltre, proprio come la cucina nikkei.