Fra le pareti dal design contemporaneo, dove luci soffuse creano una scenografia calda e rassicurante, Le Cicale offre un’esperienza gastronomica che trascende le mode. Atmosfera minimale e dettagli in legno naturale dialogano con tocchi di modernità, suggerendo una cura attenta all’ambiente senza mai risultare fredda: qui ogni elemento appare studiato per accompagnare l’ospite in un percorso fatto di sapori e scoperte.
Roberto Molinari conduce la cucina secondo una filosofia chiara, in cui ricerca e innovazione non sono compromessi, ma mezzi per esplorare la materia prima locale senza snaturarne l’essenza. Si percepisce tensione all’equilibrio sia nella scelta degli ingredienti sia nelle composizioni dei piatti, che arrivano al tavolo come piccoli paesaggi cromatici, ordinati con precisa attenzione all’armonia visiva ma privi di eccessi decorativi. Le porcellane dai toni neutri esaltano cromatismi naturali di verdure di stagione, pesci d’acqua dolce e carne piemontese, mentre erbe fresche e riduzioni intense aggiungono profondità al profilo aromatico.
A colpire è la capacità di reinterpretare gusti familiari attraverso consistenze e accostamenti inaspettati, mai forzati. Una crema di topinambur vellutata accoglie punte di amaro e note affumicate, mentre un risotto lavorato con brodo di funghi viene completato da contrasti erbacei sublimi, il tutto mantenendo una chiara riconoscibilità degli ingredienti scelti. Qui la stagionalità non è una parola d’ordine da rispettare per convenzione, ma un'opportunità di valorizzare il territorio in ogni passaggio del menu.
Il percorso gustativo, in ogni sua fase, riflette attenzione alla struttura e al bilanciamento: nessun ingrediente sovrasta il resto, e ogni combinazione racconta il desiderio di mantenere il gusto al centro. L’impronta dello chef emerge nella volontà di esplorare, attraverso tecniche aggiornate e cotture precise, l’anima della cucina moderna senza abbandonare la coerenza e la solidità delle proprie radici.
Le Cicale si distingue per un’identità definita, giocata su un’eleganza sussurrata e sulla capacità di trasmettere autenticità, sia nel racconto visivo che in quello gustativo, proponendo un dialogo costante fra presente e memoria gastronomica piemontese.