Quella di Corrado Scaglione è una storia nata in cucine prestigiose e poi virata verso il forno a legna, quando nel 1994 Scaglione ha scoperto la pizza, diventata e rimasta la sua grande passione. È stato proprio a quel punto che ha trasformato l'osteria di famiglia di Triuggio, in provincia di Monza e Brianza, in un ristorante pizzeria contemporaneo, sempre attento alla qualità e sempre sul pezzo. Una scelta di successo che ancora oggi sa come restare sulla cresta dell'onda.
A Fine Dining Lovers Scaglione ha raccontato la sua storia e quella di Enosteria Lipen.
Com'è iniziato il suo percorso nel mondo della pizza?
Il primo vero contatto è stato nel 1994, più per necessità che per piacere. Fu nel breve periodo in cui il mio pizzaiolo non stava bene: dovetti mettere in pratica "i giochi" che avevo fino ad allora fatto con lui e fare il mio primo servizio in pizzeria, spostandomi dalla cucina, che fino ad allora era il mio vero lavoro. Fu un disastro, ricevetti lamentele a non finire soprattutto per la mia lentezza. In quell'occasione nacque la mia prima pizza dolce, la Pizzastrüdel, che ogni tanto ripropongo ancora oggi.
Possiamo dire quello fu un "salto" nella sua carriera?
Quali siano stati i veri salti in un carriera sono cose che si comprendono a posteriori, con tutta la calma ed il distacco necessari per analizzare. Quello fu un primo incontro con la pizza, elemento che oggi posso definire una mia passione. Ancora oggi, dopo oltre vent'anni, sento di non aver ancora terminato di scoprirlo. Se devo pensare ad un momento fondamentale per la mia professione, la mente ritorna al periodo in cui facevo le gare, ognuna era un'occasione preziosa per confrontarmi con altri professionisti. Nel 2011 poi vinsi il Mondiale della Pizza Napoletana, lì mi resi conto di cominciare ad avere una certa responsabilità, anche le attese da parte dei clienti aumentarono con evidenza.
Accennava prima al fatto che, prima di quest'immersione nell'arte bianca, ha lavorato in cucina. Quali aspetti di quella professione le sono serviti nel suo cambio di rotta?
Sì, nasco come cuoco, anzi direi come aiuto cuoco con buone conoscenze sulla materia prima, aspetto che mi aiuta anche ora. Mi diverte ancora cucinare per amici o all'occorrenza. Per dodici anni ho lavorato sia in Italia che all'estero, spesso al fianco di chef eccellenti. Tra le mie esperienze quelle al Grand Hotel Villa D’Este a Cernobbio per tre anni, al Principe di Savoia di Milano per un anno. Ancora al The Wesbury Hotel di Dublino e presso Enoteca Pinchiorri a Firenze. Mi sono fermato solo con l'apertura di Enosteria Lipen.
Quando ha aperto precisamente il suo locale di Triuggio?
Il 10 luglio 1994, in un'estate caldissima che ricordo con emozione. Lipen è ciò che mi resta dei miei genitori, la loro osteria da paese che dopo 30 anni di attività si è trasformata in un ristorante pizzeria, anzi allora in una enosteria devota sopratutto al vino. Da allora ci sono state altre evoluzioni del locale, fino all’ultima, datata 2017, che lo ha reso un locale moderno, confortevole, diviso su due piani. È davvero dotato di ogni comfort, compresa una terrazza esterna che conta 70 posti a sedere.
Da dove arriva il nome della pizzeria?
Lipen arriva dal nome proprio Filippo, il primo intestatario della licenza tra quelle mura, che fu anche cuoco. L'evoluzione è Filippo, Filipen, Lipen. Sono passati quasi ottant'anni dal suo passaggio.
Nel suo menu si contano differenti tipologie di pizza. Come le definirebbe?
La Napoletana è un grande classico della tradizione, la Romana croccante è una moderna rivisitazione, la Chiattona soffice è un'alternativa alla contemporanea degustazione. Tutte vengono realizzate con lunghe lievitazioni. Le mie pizze sono diventata per poi un appuntamento, abbiamo clienti con costanti passaggi settimanali.
Come si pone nei confronti di tematiche quali riduzione dello spreco, stagionalità e km 0?
Sono tematiche molto importanti, attuali e devono essere promosse quanto più possibile. Il nostro pianeta ha bisogno di cure, di attenzioni. Lo sfruttamento indiscriminato di terreni, l'inquinamento dei mari e dei cieli sono sotto gli occhi di tutti. Basta guardare fuori dalla finestra per notare miriadi di problemi che vanno sistemati. Le persone devono essere educate a partire dei gesti più semplici e questi argomenti sono quelli che coinvolgono la nostra filiera. Anche io cerco di migliorare ogni giorno, avvicinandomi a queste tematiche sempre di più, dando il buon esempio.
La sua pizza più rappresentativa?
Devo tantissimo alla Margherita, che mi ha regalato la vittoria al Mondiale. È sulla base di una ricetta così classica che è nata la mia Margherita 3D, una degustazione in sequenza di tre pomodori, dal più dolce al più sapido, ed altrettante mozzarelle, dalla più morbida alla fumè.
Come vede la tendenza del pairing tra pizza e mixology?
È un ottimo abbinamento, che può essere fatto ad hoc. È un'esperienza divertente, fatta e vissuta con grande piacere. E da rifare certamente.
Lei è anche impegnato come docente presso il Congusto Gourmet Institute di Milano. Qual è l'insegnamento fondamentale che deve apprendere un giovane pizzaiolo?
Incominciai per caso a tenere un corso amatoriale in cui insegnavo alcune semplici tecniche per fare la pizza in casa. Mi si aprì un mondo, quello della formazione. Non ho più smesso di tenere corsi ma nemmeno di frequentarli. Per me è un aspetto indispensabile. In questo mestiere c'è una linea sottile che divide l'insegnamento dall'apprendimento. È uno scambio. Quando mi occupo di un corso, il mio obiettivo è quello di accendere la scintilla della passione per questo mestiere, di dare l'esempio con ciò che faccio quotidianamente. Come diceva Gualtiero Marchesi "l'esempio è la più alta forma d'insegnamento".