Ha appena compiuto 32 anni e ha le idee ben chiare sulla cucina, sul suo futuro e sui fattori che rendono unica e vincente l'esperienza gastronomica. Andrea Antonini, lo chef di Imàgo, il ristorante fine dining all’interno dell’Hotel Hassler, è uno dei talenti più interessanti della scena capitolina e non solo. È stato lui il protagonista del terzo appuntamento del ciclo di cene L'equilibrio in un piatto in collaborazione con Acqua Panna, iniziativa che ha coinvolto giovani chef italiani under 40, chiamati a interpretare in un piatto la propria idea di equilibrio, tra passato e presente, tra tradizione e contaminazione.
Foto Alberto Blasetti
Andrea Antonini: "Vi racconto il mio fine dining, dove l'equilibrio è la chiave per arrivare a tutti"
La brigata di Imàgo a Roma Alberto Blasetti
Ristorazione e ospitalità: qual è il segreto per far funzionare (bene) la cucina di un hotel cinque stelle lusso?
Anche se lavoro in un hotel, io mi occupo solo del ristorante, ma quello che posso dire è che quando si parla di 5 stelle lusso parliamo del top: il cliente sa che la struttura garantirà le massime prestazioni in ogni servizio. In una cucina di un 5 stelle lusso devi dare, oltre a un ristorante fine dining, un servizio estremamente semplice, ma di estrema qualità. Nel senso che in carta basta avere pochi piatti, una scelta giusta, ma di qualità eccelsa: bastano tre croissant al mattino, purché siano perfetti; analogamente, sono sufficienti due secondi di carne e di pesce, ma realizzati con materie prime di assoluta qualità… Insomma, pochi piatti ma scelti. Mangiare bene significa avere una scelta giusta, non tante cose in carta: il cliente vuole mangiare bene e tanti piatti in carta confondono.
Imàgo ha vinto il premio della Guida di Identità Golose 2023 Chef’s Table - best pairing food & wine: come interagiscono cucina e sala?
Andiamo molto d’accordo come brigate, sono amico di direttore, maître, sommelier… E sono fortunato ad avere uno staff di sala incredibile. Tutto è molto sinergico: se una persona ha una buona idea per migliorare, lo si fa. Per esempio, se Marco Amato, che è direttore di sala, ha un’idea particolare su come servire un piatto, si fa senza fare mille discussioni e consultazioni. E questo crea un rapporto molto affiatato che va di pari passo con l’idea di eccellenza del ristorante.
La ristorazione a Roma sta cambiando e sta conquistando la scena: lei come sta vivendo questo nuovo fermento gastronomico capitolino?
La nuova scena capitolina è formata da tutti giovani, anche se è riduttivo definirli così, data l’esperienza. Sicuramente è stato il trovarsi in una situazione pazzesca al momento giusto e avendo le capacità. Dal post covid, Roma è in crescita: tante catene investono qui, ci sono nuove aperture in continuazione, e c’è una clientela nazionale e internazionale che risponde bene. Nel giro di 4-5 anni, poi, la città è esplosa, con pochi fuoriclasse che hanno tirato fuori concetti, idee, situazioni nuove, che hanno dato vita a un bel fermento. Un tempo c’erano due o tre posti importanti, mentre oggi è molto interessante tutta la scena, tra il neo stellato, il due stelle, la nuova apertura… Secondo me in questo momento non ci sono altre città in Europa, se non nel mondo, con una così alta concentrazione di giovani così bravi come Roma.
Quali sono i tre ingredienti a cui non rinuncerebbe mai e perché?
L’acqua, il tempo e il sale. Con l'acqua ci fai tutto, è fondamentale per ogni cosa. Il sale, perché è la nostra storia moderna, ci ha permesso di fare di tutto, non solo in cucina, non possiamo toglierlo, è qualcosa che contraddistingue il lavoro di un cuoco. Il tempo, perché l’azione di ogni cuoco al mondo è scandita solo dal tempo, è tutta una questione di tempo, basta pensare alle azioni di una ricetta: fai bollire per mezz'ora, metti il timer per 30 minuti… Se non puoi calcolare il tempo, non puoi fare questo lavoro.
Novità, progetti futuri e/o sogno nel cassetto?
Mi piacerebbe molto avere un ristorante più moderno (è già in programma un restyling). Mi piacerebbe anche crescere e avere qualche risultato in più, ma soprattutto per rendere felici tutti i ragazzi che lavorano con me.
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