I protagonisti del mondo della gastronomia, ancora una volta, si distinguono per meriti sociali, e vengono incoronati da importanti onorificenze. Ultimo Filippo La Mantia, cui è stato conferito l’Ambrogino d’Oro, prestigioso riconoscimento del Comune di Milano. L’oste e cuoco di origini palermitane si è aggiudicato il celebre premio meneghino assieme ad altre 14 persone, su una rosa di 200 candidati. “Perché ha cucinato per il personale del Niguarda durante la pandemia”, si legge tra le motivazioni.
Non è la prima volta che uno chef viene insignito di tale riconoscimento: nel 2018 è toccato a Massimo Bottura e a Claudio Sadler, ma ai tempi del Covid la notizia, con la sua motivazione, risuona ancora più forte. “Sapevo di essere candidato, ma non me lo aspettavo. Siamo stati premiati in 15, ognuno è ‘primo’ della sua categoria, ma non è una gara: sono contento che mi hanno riconosciuto un lavoro che faccio da almeno 28 anni, di solidarietà legata al cibo”, ha commentato La Mantia.
Il cuoco, per due mesi e mezzo, nel pieno della pandemia, ha cucinato per il personale sanitario dell’ospedale milanese, circa 600 palati al giorno. “Il lavoro che ho fatto per il Niguarda è quello che ho sentito di più, vista la situazione pandemica: ha significato tanto per il disastro che c’è stato. Ma in realtà faccio da anni attività benefiche legate al sociale: per Emergency (ho dedicato a Gino Strada l’Ambrogino d’Oro, purtroppo ci ha lasciato, era uno dei più grandi amici, ho condiviso con lui l’esperienza in Sudan), per la Lega del Filo d’Oro, per Airc, per la Fondazione Francesca Rava, per la Fondazione Veronesi. Poi, sono stato ambasciatore del World Food Program per diversi anni”, racconta.
Cosa ha cucinato e come ha reagito il personale sanitario?
Sono stato contattato dal dottor Russo, direttore amministrativo, poi da Bosio, direttore sanitario di Niguarda: mi hanno dato carta bianca e mi sono messo nei panni di chi non dormiva e lavorava e basta in quelle condizioni. Ho cercato di dare loro comfort, mi arrivavano centinaia di messaggi di ringraziamento da parte loro, su tutti i miei canali. Ho preparato i piatti siciliani classici: pasta alla Norma, timballo di anelletti, polpette, involtini, cassate, cannoli, cous cous, ma anche il panino fatto bene con la cotoletta o con la frittata. Insomma, ho dato loro le coccole dei sapori di casa e li ho fatti divertire. Ho ricevuto molti messaggi anche da tanti infermieri siciliani che mi hanno ringraziato per questo.
Qual è l’insegnamento più grande di questa esperienza al Niguarda?
Bisogna riguardarsi, stare attenti, la vita è talmente sottile e delicata che è necessario avere un grandissimo rispetto per tutti. Credo che a livello di comunicazione ci siano stati un po’ di problemi: per me concedermi è sempre stato fisiologico, ho bisogno di stare bene per fare stare bene chi mi sta intorno. Se non hai una visione pluralista non vai da nessuna parte.
Gli chef hanno sempre più un ruolo anche sociale…
Il cibo ha sempre avuto un ruolo sociale: il 60% degli chef che conosco si occupano tanto di fare cose per gli altri. Per esempio, nelle giornate del 15 e 16 dicembre stiamo organizzando due cene a Milano per la Comunità di Don Rigoldi, con 12 protagonisti del food che parteciperanno (8 chef, 2 pasticcieri, 1 bartender): oltre a me, ci saranno Tommaso Arrigoni, Cristiano Tomei, Elio Sironi, il bartender Giorgio Facchinetti, Giancarlo Morelli, Alessandro Borghese, Andrea Aprea, Claudio Sadler, Maurizio Santin e Salvatore De Riso. La gastronomia è strettamente legata al sociale, da sempre.
La Mantia, palermitano con residenza a Milano, città dove si è trasferito nel 2014 per aprire il ristorante che è stato costretto a chiudere per la pandemia (qui la nostra intervista dello scorso anno), al momento sta curando la proposta gastronomica dell’Hotel delle Palme di Palermo, un cinque stelle lusso. Ma il cuoco siciliano ci anticipa che aprirà un ristorante a Milano, appena possibile, entro il 2022.
“Sono in attesa, in fase finale per riaprire un mio ristorante. Milano è il mio posto, ho migliaia di richieste, sto facendo fatica a non dare risposte... I tempi sono quelli che sono, abbiamo molti freni, ma quello che posso anticipare è che aprirò sicuramente nel capoluogo lombardo, anche se non so tra quanto tempo esattamente. L’architetto Piero Lissoni curerà sempre il progetto, vorrei fosse in una zona centrale, come Brera”. A noi, non resta che aspettare e augurargli il meglio.