Dalle deliziose seadas ai gustosi culurgiones, esploriamo i piatti tipici della Sardegna che meritano assolutamente di essere conosciuti e assaggiati. Questa cucina, ricca di storia e tradizione e fatta di piatti semplici e saporiti, è un affascinante mix di influenze pastorali e contadine che hanno plasmato l'identità culinaria dell'isola nel corso dei secoli. Ecco una selezione di piatti tipici sardi da non perdere per assaporare appieno la cultura culinaria della Sardegna.
Culurgiones
I culurgiones sono una pasta ripiena di patate, pecorino e menta, dalla forma allungata arricchita di dettagli decorativi, con un bordo appuntito che ricorda una spiga. In tutta l'isola esistono variazioni regionali con ripieni diversi. Il condimento più comune consiste in una salsa semplice a base di pomodoro e basilico. Originari dell'Ogliastra, una regione selvaggia della Sardegna. Vengono di solito serviti con salsa di pomodoro fresco e basilico o con burro e salvia.
Zuppa gallurese
Nota anche come ‘suppa cuata’, la zuppa gallurese è un piatto povero originario della Gallura, una regione nel nord della Sardegna. Si compone di strati di pane raffermo (diversi tipi di pane vengono utilizzati a seconda della zona geografica) conditi con formaggio, un brodo preparato con carni miste, e una varietà di aromi, tra cui menta e prezzemolo. il tutto viene cotto al forno, creando una composizione a strati che ricorda le lasagne, nonostante il nome faccia inizialmente pensare ad un piatto dalla consistenza liquida.
Favata
Durante il periodo di Carnevale e nei mesi di marzo e aprile, quando inizia la raccolta delle fave, in tutta la Sardegna, ma soprattutto nelle province di Sassari, Cagliari e nela zona di Santa Teresa di Gallura, si prepara la favata. Questo celebre piatto combina carne di maiale, pane carasau e fave, cucinati lentamente in acqua insieme con finocchietto selvatico e peperoncino rosso.
Malloreddus
Il termine ‘mallolus’, originariamente utilizzato in latino per descrivere una varietà di gnocco, ha assunto nella lingua sarda il diminutivo ‘malloreddu’, che significa ‘piccolo gnocco’. I malloreddus - noti anche come gnocchetti sardi - sono realizzati con semola di grano duro, acqua e sale, e presentano una caratteristica forma di piccole conchiglie rigate. Spesso si tingono di giallo utilizzando lo zafferano, specialmente durante la festa dei defunti, quando vengono gustati con un ricco ragù di carne. Esistono diverse varianti dei malloreddus: i malloreddus a casu furriau, conditi con pecorino fuso; i malloreddus a mazza frissa, con una salsa a base di panna; e i maccarronis de orgiu, realizzati con orzo e serviti con ricotta grattugiata. Questi gnocchetti sardi sono i protagonisti di pranzi nuziali e festeggiamenti per i fidanzamenti. In un antico rito sardo, la futura sposa attraversa il paese indossando il costume tradizionale e portando una cesta di malloreddus per gli invitati. Grazie alla loro forma, i malloreddus sono ideali per accompagnare salse a base di carne, pesce o verdure.
Sa fregula
La sa fregula è uno dei prodotti più particolari ed antichi dell’isola, composto da semola di grano duro e acqua. Si tratta di granelli ottenuti facendo roteare l'impasto, quindi essiccati al sole su un setaccio di crine e coperti da un canovaccio. Il suo nome deriva dal verbo latino ‘frisare’ che significa sminuzzare, sbriciolare. Secondo lo Statuto dei Mugnai di Tempio Pausania risalente al XIV secolo, la sua produzione era limitata ai giorni feriali per risparmiare l'acqua necessaria per le attività agricole del sabato e della domenica. La sa fregula è servita in zuppe di carne, pesce o verdure.
Porceddu
Tra i piatti più iconici della cucina sarda spicca il maialetto arrosto, preparato con maialini da latte di circa 4 o 5 kg e di massimo venti giorni. Il ‘porceddu’ viene infilzato intero su uno spiedo e cotto in posizione verticale sulle graticole, girato frequentemente per assicurare una cottura uniforme. Prima e dopo la cottura, viene profumato con foglie di mirto e rosmarino. Questo piatto richiede tempo e pazienza, con una preparazione che va dalle 3 alle 5 ore. Ottimo se accompagnato con vini rossi autoctoni.
Pardulas
Diffuse nelle regioni del Sulcis e del Campidano, le pardulas sono dei dolcetti tipici della Pasqua. Si presentano come torte in miniatura, con un ripieno di ricotta di pecora, zafferano e scorza di limone, o a volte con formaggio (in tal caso sono chiamate casadinas) e aromatizzate con scorza di arancia o limone. Il tutto è avvolto in una sfoglia croccante preparata con semola di grano duro. In alcune zone del Sassarese, si aggiunge anche dell'uva sultanina al ripieno. Le pardulas possono essere decorate con zucchero a velo o spennellate con miele. Originariamente, queste delizie venivano preparate per celebrare la fine della stagione della pecora, quando la ricotta era abbondante.
Seadas
Il dolce sardo più classico, le seadas, sono frittelle di pasta preparate con un impasto di semola, riempite con pecorino fresco appena cagliato e aromatizzate con scorza di limone. Ne esistono due varianti: quella con formaggio cotto e quella con formaggio crudo, quest’ultima chiamata ‘sa mandrona’, cioè ‘in modo pigro’. Una volta preparate, le seadas vengono fritte e poi generosamente cosparse di miele, spesso di corbezzolo, un'altra specialità dell'isola. Possono essere fritte in olio di arachide o nello strutto, che è presente anche nell'impasto. Riguardo alla nomenclatura, il nome seada o sebada originariamente nacque al singolare, ma con la diffusione si è soliti usarlo al plurale. Le seadas hanno origini nella cultura pastorale sarda, non come dolce, ma come un corroborante piatto unico, preparato con gli ingredienti a disposizione.
Ispinadas
Le ispinadas - spiedini di carne di pecora - hanno da sempre dato sostentamento ai pastori durante le lunghe giornate trascorse al pascolo con il gregge. Di fatto, l’ispinada era uno spiedo di metallo di piccole dimensioni che i pastori sardi portavano con sé al pascolo e utilizzavano per preparare questi gustosi spiedini, creati alternando le parti più magre a quelle più grasse della carne di pecora. Le piccole dimensioni dello spiedo consentivano ai pastori di cuocere rapidamente la carne senza la necessità di accendere un grande fuoco; il piccolo falò veniva realizzato all’interno di una buca e gli spiedini venivano appoggiati su bordi e girati frequentemente, per una cottura uniforme.
Pane frattau e guttiau
La varietà di pani secchi disponibili in Sardegna è estremamente ampia. Come avviene per altri alimenti a lunga conservazione e facilmente trasportabili, questi pani erano un elemento essenziale per i pastori durante i lunghi mesi invernali trascorsi a prendersi cura del gregge.
Il pane carasau è indubbiamente il più rinomato, ed è alla base di numerose ricette, prima fra tutte il pane frattau. In questa preparazione, il carasau viene ammorbidito in brodo di carne o acqua, alternato con un sugo di pomodoro, basilico e pecorino grattuggiato. Può essere arricchito con un uovo in camicia o al tegamino, il cui tuorlo, rompendosi, si riversa sul pane, aggiungendo ulteriore sapore e bontà.
Il pane guttiau - che letteralmente significa ‘gocciolato’ - è anch’esso un pane carasau sottile e croccantissimo, che viene condito con olio extra vergine d’oliva, sale, e rosmarino tostato e tritato. Può essere servito come antipasto, aperitivo o in un buffet ed è ideale per accompagnare salumi e formaggi freschi e stagionati.