Chi mi conosce solo attraverso la televisione, o per sentito dire, pensa che io sia snob e poco pratica. Poi scopre che sono molto diversa da come mi immaginava. Essere sofisticati non vuol dire essere antipatici.
Che ci siano pregiudizi su di lei, è Csaba Dalla Zorza stessa ad ammetterlo. Scrittrice (15 libri pubblicati e uno in uscita a settembre), conduttrice televisiva, blogger sul suo sito personale, Csaba è un'icona indiscussa di buon vivere e raffinatezza, tavole perfettamente apparecchiate e torte impeccabilmente decorate.
"Ricevo feedback di due tipi: le persone o mi adorano o mi detestano" ride lei, che dal vivo è in effetti una donna di grande senso dell'umorismo e concretezza, per quanto dotata - quello sì - di un'allure di eleganza naturale.
Il pregiudizio più comune su di lei?
Che non cucino davvero io. Invece a casa mia cucino ogni giorno. Quando mi metto il grembiule ed entro nella cucina sto bene, non mi sento mai costretta. Cucinare non rende la donna di serie B: il gesto è sia maschile che femminile, il problema ce lo facciamo noi donne, mentre non ho mai visto un uomo sentirsi inferiore perché cucinava, anzi.
Qual è il messaggio che vorrebbe trasmettere con la sua cucina?
Prima di tutto che mangiare è bello. E poi vorrei mostrare un'immagine dell'Italia lontana dagli stereotipi attuali: uno stile di vita concreto e semplice, ma anche moderno, non solo pasta, pizza e donnone che tirano la pasta.
Cosa cerca invece quando quando mangia fuori?
Andare al ristorante è un gesto d’amore per se stessi, godersi una bella cena è volersi bene. Io posso mangiare ovunque, dallo street food nei posti più tremendi al tre stelle Michelin super chic, l'importante è che ci sia qualcuno che cucina per me, che non si limiti a riscaldare il piatto nel microonde. Un capitolo del mio prossimo libro sarà Street Good Food: cibo mordi e fuggi che però non faccia male alla salute.
L'esperienza di street food più memorabile della sua vita?
L’anno scorso ero a Yantai, in Cina, per i Gourmand Wourmand World Cookbook Awards. Siamo andati a vedere quella che chiamano la Costa Azzurra cinese - niente a che vedere con quella originale, ovviamente, ma il cibo era francamente pazzesco. Ho mangiato ravioli cinesi seduta sul marciapiede, con le bacchette, intingendoli nella salsa di soia e bevendo un intruglio di brodo teoricamente vegetariano. Le condizioni igieniche dei banchetti erano spaventose, però ho guardato questi ravioli ed erano così polposi, così belli sudati… quando mangi qualcosa in strada non lo progetti: è come innamorarsi a prima vista, lo vedi e te lo concedi.
Com'è nata la sua passione per il cibo?
Da bambina ho avuto un’alimentazione molto "spartana": mia madre era toscana, mangiavamo fave e pecorino, castagnaccio, cantucci. Quando avevamo ospiti diceva sempre “Tanto poi ci vuole un attimo a mettere via”. È stato un imprinting psicologico importante: non ho mai pensato che cucinare fosse qualcosa che mette in disordine, mi è sempre piaciuto ricevere e apparecchiare.
Quando ha capito che poteva essere un vero e proprio mestiere?
Avevo 25 anni ed ero in un viaggio di lavoro, mi occupavo di marketing editoriale. Ci hanno portato a vedere l'ufficio di Martha Stewart. Quando hanno aperto la stanza dei props ho pensato “Questo è quello che voglio fare”. Ci ho messo altri 8 anni per prendere il coraggio: nel 2003 sono andata a Parigi e ho fatto domanda al Cordon Bleu. Mi sono diplomata - in cucina classica francese, un po’ come aver studiato il latino, non lo pratichi ma ti dà le basi - e un anno dopo è uscito il mio primo libro.
Conduttrice, scrittrice, blogger: quale ruolo sente più suo?
Il mio lavoro è scrivere libri di cucina. Il resto è un corollario. Il mio blog serve a creare un dialogo, la televisione a intrattenere. Penso però che ci possa essere qualche nuovo progetto per i miei 50 anni: dopotutto, Martha Stewart ha cominciato a 42 anni e Nigella Lawson ha pubblicato How to be a domestic goddess a 40 anni... la botte vecchia fa il vino buono, giusto?
Lei si occupa spesso di buone maniere. Quali sono gli errori da non commettere mai?
Mettere l’altro a disagio, lo show off del cafone da cabaret. Preferisco chi mangia a bocca aperta piuttosto che chi racconta solo quanto ha speso nell'ultima vacanza. Non è più come cent'anni fa, quando la buona educazione andava di pari passo al reddito.
Cos'è per lei il lusso?
Il mio lusso più sfrenato è alla portata di tutti: la possibilità, e la capacità, di gestire il proprio tempo. Tra un vestito di marca e la possibilità di andare al mercato del giovedì mattina scelgo la seconda.
I suoi ristoranti preferiti a Milano?
Da Gattò | Robe & Cucina sembra di stare a casa: piatti unici di ispirazione napoletana, cucina a vista da prima che fosse di moda, stoviglie spaiate e sbeccate. E poi Filippo La Mantia, che propone una cucina siciliana abbordabile anche per i milanesi.
Consigli per chi vorrebbe accogliere gli ospiti "à la Csaba", ma non ha tempo, abilità ed esperienza?
Apparecchiare in modo semplice e ordinato: una tovaglia bianca di cotone, o di lino stropicciato se non avete voglia di stirare. Sono grande fan dell’Ikea, che ha bellissimi piatti in coordinato con le posate - una per ogni portata, per favore. Infine i tovaglioli di stoffa, che fanno ancora tanto chic.
E cosa si cucina?
Le mie ricette sono talmente facili che vengono bene al primo tentativo. Suggerisco un piatto unico, come un curry di verdure, accompagnato da pane fatto in casa e seguito da un fools, piccolo dessert con uno strato di frutta, uno di crema pasticcera e uno di panna. Regola numero uno: non sperimentare ricette nuove con gli ospiti. Regola numero due: non strafare. Una serata semplice, in amicizia, in cui fate tutto con le vostre mani, sarà sicuramente un successo.