Pasquale Pometto è uno dei nomi (e dei volti) della pizza a Milano. Nei suoi locali la clientela non trova solo un buon prodotto, ma quell'accoglienza disinvolta e mondana che piace.
Le sue insegna mappano bene alcune delle zone più frequentate della città: Duomo, Porta Romana, Porta Venezia. Quali sono le origini del suo successo? L'abbiamo chiesto direttamente a lui.
L'intervista di Pasquale Pometto a Fine Dining Lovers.
Quando ha iniziato a lavorare nel mondo dell'arte bianca?
Sono nato in Germania ma la mia famiglia è originaria di Caloveto, in provincia di Cosenza. A quindici anni, mentre frequentavo l'istituto alberghiero, iniziai a lavorare in una pizzeria. Volevo imparare.
Quando capì che questo sarebbe diventato il suo lavoro?
Da subito. Perché da quando iniziai non smisi mai. A 18 anni gestivo già una pizzeria, all'interno di un villaggio turistico a Pietrapaola. Era aperto di sera, pertanto la mattina mi dedicavo al volantinaggio. Era divertente: lungo la fascia ionica la maggior parte dei villeggianti era campani. Li convincevo dicendo che la nostra pizza era meglio di quella napoletana.
Oggi Pasquale Pometto non è solo un pizzaiolo ma anche un imprenditore della ristorazione. A quando risale questa svolta?
Lavorai come pizzaiolo anche durante la leva militare a Caserta, tra il 1996 e il 1997. Poi decisi di trasferirmi a Firenze. Nel capoluogo toscano lavorai in alcune pizzerie, fino a prendere la decisione di mettermi in proprio. Inizia con una piccola rosticceria che aveva la fortuna di avere anche il forno a legna.
Andò bene?
Decisamente, ciò che facevo veniva apprezzato. La mia voglia costante di migliorarmi mi portò poi a partecipare al Campionato per Pizzaioli d'Italia Giropozza di Pizza e Pasta Italiana. Vinsi. Fu la spinta necessaria per aprire la mia prima pizzeria Pizzaman, insegna che esiste ancora, con un'altra proprietà. A Firenze arrivai ad avere otto pizzerie.
Decisamente un successo. Perché allora spostarsi da Firenze?
Avevo bisogni di stimoli, decisi di vendere tutto e di venire a Milano. A posteriori posso dire che fu proprio un'ottima scelta.
Quale fu la prima pizzeria che aprì nella metropoli?
Pizza AM, in corso di Porta Romana. Da subito il riscontro da parte della clientela fu ottimo. Tanto che in una puntata di Report fummo citati come realtà che si distingueva per la qualità della pizza a Milano, in un panorama in cui molto c'era ancora da fare. Il giorno successivo alla messa in onda avevo una coda infinita fuori dalla porta.
Ma non si è fermato ad una sola insegna.
No, arrivò poi Piz, a pochi passi dal Duomo. Il locale è diventato in breve tempo una vera e propria istituzione meneghina. Qui non soltanto vengono a trovarmi i miei clienti affezionati ma anche i turisti: prima fanno tappa da Piz e poi visitano il Duomo o viceversa. Seguì Pomet, accanto a Piz, che da qualche mese è stato sostituito dall'insegna Consolato Calabrese, dove propongo panini con la migliore salsiccia della mia regione. È qui che a breve inizieremo ad utilizzare il forno a legna esclusivamente per pizze senza glutine. E poi Nàpiz', in zona Porta Venezia.
Come si differenziano i prodotti nelle varie insegne?
Pizza AM e Piz propongono una pizza molto simile: sottile, fragrante. Siamo conosciuti per la Margherita, la Bianca, la Marinata, cui aggiungiamo poi sempre tre pizze del giorno giocate sui contrasti. E abbiamo soltanto un dolce: il nostro iconico tiramisù. Da Nàpiz' si può invece trovare una pizza più classica, con il cornicione a canotto.
Anche il servizio nei locali di Pasquale Pometto è molto apprezzato dalla clientela. Come lo descriverebbe?
L'ambiente deve essere sempre gioviale, allegro, giocoso. Voglio motivare i miei ragazzi affinché siano sempre sorridenti, disponibili al massimo con gli ospiti. E poi c'è un rito immancabile: offrire con generosità limoncello o liquore al melone a fine pasto.