Marchigiano giramondo, lo chef Stefano Baiocco vanta esperienze giovanili accanto ai più grandi nomi dell’alta ristorazione internazionale che lo hanno introdotto a uno stile di cucina tutto suo. Personalità e umiltà raccontano di un uomo e di uno chef che ha sempre vissuto quello del cuoco come un mestiere e non come un vanto. Una cucina di cuore e di precisione, fatta di unicità, curiosità, entusiasmo ed estrema conoscenza. Abbiamo intervistato lo chef Stefano Baiocco che ha raccontato a Fine Dining Lovers il suo percorso di alta cucina, Villa Feltrinelli e i suoi piatti fatti di ingredienti semplici affiancati a ricerca e tecniche fine dining.
Biografia dello chef
Classe 1973, lo chef Baiocco nasce ad Ancona nel cuore della regione Marche. Il suo percorso di studi inizia con un anno di ragioneria in cui viene promosso a pieni voti e a quel punto la domanda “ma con tutti questi ragionieri, io quando troverò lavoro?”. Il cugino coetaneo faceva l’istituto alberghiero e gli consiglia di unirsi a lui perché al diploma potranno aprirsi numerosi sbocchi lavorativi e così Baiocco si convince e inizia la scuola alberghiera.
Formazione professionale: da Enoteca Pinchiorri a Parigi passando per Ferran Adrià
Numerose sono le esperienze estive fatte in Riviera Romagnola quando lo chef frequentava la scuola alberghiera. Come si faceva una volta quando si voleva imparare questo mestiere partendo dalle sue stesse radici. La prima esperienza nell’alta cucina arriva però con Enoteca Pinchiorri dove Baiocco trascorre 3 anni. A quel punto il suo obiettivo diviene la Francia, “perché negli anni ’90 se volevi fare gavetta ed esperienza c’era solo la Francia”, ci dice. La nuova alta ristorazione, assorbita dalla globalizzazione, offre oggi ai nuovi aspiranti talenti della cucina mete diverse come l’Asia, il Nord Europa o il Sud America.
Parigi era La Mecca gastronomica di quegli anni e il suo sogno era quello di entrare da Ducasse e da Gagnaire perché erano i due opposti, da un lato disciplina, precisione e dall’altro estro e creatività. Numerose sono le peripezie che affronta il giovane Baiocco, ma riesce nel suo intento e guadagna due tra le esperienze formative più significative della sua vita personale e professionale. Dopo il triennio parigino lo chef torna in Italia pensando di avere in tasca tutte le conoscenze dell’alta cucina moderna, ma è proprio in quegli anni che esplode il talento spagnolo di Ferran Adrià.
Trova una posizione in Costiera Amalfitana a Palazzo Sasso dove guadagna, come secondo di Pino Lavarra, due stelle Michelin in sole 3 stagioni. Nel frattempo la curiosità per il precursore della cucina molecolare cresce e fa di tutto per fare uno stage da Adrià. È il 2003 quando per chef Baiocco si aprono le porte di El Bulli ed è lì che viene in contatto con l’estrema creatività dell’influenza spagnola di quegli anni. Nel 2004 torna in Italia e si trasferisce a Villa Feltrinelli e questo si può definire un matrimonio di grande successo che dura ormai da 18 anni.
Ristorante Villa Feltrinelli: "La mia cucina sartoriale"
Villa Feltrinelli ha 20 camere, un boutique hotel di cui ci si innamora a prima vista. Le colazioni sono alla carta, non c’è nulla a buffet. C’è un menu lunch fatto di piatti freschi, semplici ma fatti bene. Tagliata di tonno, tagliolino pesto e gamberi, coregone e tante erbe. Gli ospiti di Villa Feltrinelli hanno a disposizione un menu alla carta gourmet che varia in tre stagioni: primavera, estate e inizio autunno. Chi viene da fuori può godere di un menu degustazione di 8 portate ufficiali in cui però sono comprese circa 6 uscite di aperitivo e uno stuzzichino che comprende circa 6 assaggi. In questa degustazione sono previsti 3 diversi pani in accompagnamento a burri, creme, lardo, spezie ed erbe.
Sia il menu alla carta che quello degustazione sono personalizzabili a seconda delle esigenze del cliente (stili alimentari, allergie e intolleranze). “Spesso ci metto più tempo a pensare ad un menu personalizzato che ad eseguirlo” ci dice lo chef che sostiene di aver ridotto la proposta ma aumentato in modo significativo la qualità degli ingredienti e dei piatti.

Trota, avocado, mela verde e salsa ponzu Massimo Loda
I piatti più famosi
Tra i piatti più iconici dello chef c’è certamente la sua Una semplice insalata di erbe e fiori che è chiaramente un nome ironico dato che comprende oltre 140 tipologie di vegetali differenti. La definisce, sorridendo, un’insalata democratica perché all’interno di essa usa solamente una foglia per tipologia di erbe (circa 120) e fiori (circa 20). Questo piatto nasce dalla voglia di prendere la natura di oggi e di portarla in tavola, l’idea è che ogni erba dia quello che ha da dare in quel preciso giorno. Cambia dunque a seconda del periodo e cambia anche a seconda di come il cliente decide di mangiarla, se prendendone più foglie insieme o se degustarla foglia per foglia, quindi non si ha mai la stessa sensazione in uno stesso momento. Questo piatto è considerato quasi un pre dessert perché offre la sensazione di reset del palato tra il salato e il dolce.
Una semplice insalata Massimo Loda
Un piatto che torna sempre verso fine agosto è il Tutto Pomodoro che vanta oltre 50 varietà diverse di questo frutto magico raccolte in Alto Adige ed è per questo che arrivano a Villa Feltrinelli sul finire della sua stagionalità. Tutte le tipologie sono catalogate in due placche per essere facilmente riconoscibili in cucina. I pomodori sono lavorati tutti in modo differente: alcuni sono serviti al naturale, altri sono semi disidratati, altri sono marinati con un agrodolce agli agrumi, altri ancora in salse leggermente piccanti. Si tratta di una preparazione lunghissima, ma che offre al palato un ventaglio di sensazioni unico e indimenticabile.
Tutto Pomodoro Massimo Loda
E alla fatidica domanda su quale sia la sua filosofia di cucina, Baiocco risponde: “Io faccio un tipo di cucina sartoriale, mi segno tutte le scelte e i gusti dei clienti e quando tornano so esattamente cosa proporre, come stupirli e come stimolarli. La mia è una cucina per onnivori ma che strizza fortemente l’occhio la mondo vegetale”.

La Mandorla Niccolò Brunelli