Ne aveva parlato, in maniera molto sentita, la chef tristellata Dominique Crenn dal palco di Identità Golose lo scorso anno affrontando il tema del Fattore umano nella ristorazione: "Il senso di umanità deve tornare a essere il cuore del ristorante - aveva detto Crenn - nel nostro settore siamo spesso dei numeri, sempre sotto stress, ma questa idea della brigata deve cambiare”.
Come dimostra anche l'indagine condotta da Fine Dining Lovers sulle condizioni di lavoro degli chef, chi lavora in cucina è infatti spesso sottoposto a livelli di stress e ritmi massacranti, che portano a una tensione psicologica e a una fatica fisica non comuni e, spesso, difficili da sopportare.
Una consapevolezza che ha da poco spinto lo chef Renè Redzepi a concedere un congedo retribuito di 3 mesi quale benefit al personale di cucina del Noma: "Vogliamo essere tra i migliori, arrivare in vetta è molto più facile e divertente se siamo anche tra i migliori a prenderci cura di noi stessi", ha commentato Redzepi spiegando questa idea.
In Italia Ambasciatori del Gusto e ordine degli Psicologi
Sul tema della gestione dello stress e del benessere del personale nel mondo della ristorazione e dell'accoglienza, anche l'Italia si dimostra all'avanguardia grazie al lavoro dell'Associazione Ambasciatori del Gusto e del suo Presidente, la chef stellata Cristina Bowerman, che ha di recente sottoscritto un protocollo d’intesa con l’Ordine degli Psicologi del Lazio (nella foto qui sotto la firma dell'accordo con il Presidente dell'Ordine, Nicola Piccinini).
L'obiettivo è quello di analizzare i fattori che contribuiscono a creare stress all’interno degli ambienti di lavoro, così da "fotografare" le condizioni psichiche di lavoro alle quali moltissimi professionisti sono sottoposti. Il prossimo 11 febbraio a Roma ci sarà il primo tavolo di lavoro che vedrà lavorare fianco a fianco psicologi, chef, e professionisti della ristorazione: il primo passo per arrivare alla stesura di un documento volto a tutelare cuochi, ristoratori, pizzaioli, panettieri, sommelier, pasticceri, gelatai e personale di sala.
Per capire meglio di cosa si tratti, abbiamo chiesto proprio alla chef Cristina Bowerman, presidente dell'Associazione Ambasciatori del Gusto, e a Davide Pelusi, Dottore in Tecniche Psicologiche che in prima persona si occupa di questo gruppo di lavoro, quali siano le situazioni più a rischio e come si possa affrontarle.
Il punto di vista della chef Cristina Bowerman
"È come se gli chef vivessero in un mondo a parte, un mondo parallelo - spiega a Fine Dining Lovers la chef stellata Cristina Bowerman - chi lavora in questo settore con passione vera è come in qualche modo si isolasse dalla vita reale: si vive fianco a fianco per moltissime ore, si condividono momenti di gioia e di tensione, si diventa quasi fratelli. Tra la brigata e il personale si stabilisce un modo di scherzare e relazionarsi che ci unisce ma che può renderci dei "marziani" rispetto al resto del mondo. Il rischio è proprio questo: troncare i rapporti con il mondo fuori dal ristorante, sentendosi completamente destabilizzati quando si esce dalla cucina, dal laboratorio o dalla sala".
"Se non si è perfettamente equilibrati e se non si sono mantenuti legami personali con il mondo fuori dalla cucina - continua la chef Bowerman - si rischia di vivere profondi momenti di depressione. La problematica è salita alla ribalta delle cronache con alcuni suicidi che ci hanno fatto soffrire, come quello di Anthony Bourdain, Luciano Zazzeri e Beniamino Nespor, solo per citare i più recenti. Ma ce ne sono molti altri, purtroppo. Così ho iniziato a farmi delle domande e a chiedermi come avrei potuto cambiare le cose: il progetto con l'Ordine degli Psicologi del Lazio è una prima risposta concreta".
Quando le chiediamo come affronta il problema dello stress correlato al lavoro nella sua attività, la chef Bowerman non ha dubbi: "Non prendendomi troppo sul serio, che come dico sempre non vuol dire non essere seri, lasciando ai miei collaboratori la possibilità di esprimere la propria creatività e di gestirsi con una certa libertà. Credo nel responsabilizzare i ragazzi e, per ora, nessuno mi ha mai deluso. Nei periodi più tranquilli, do la possibilità di prendere dei riposi extra da unire al giorno di riposo, in modo che ciascuno possa stare con le persone che ama, organizzare un viaggio o dedicarsi ai propri hobby. Certo, lo stress c'è, ma cerchiamo di lasciare spazio solo a quello che chiamiamo Eustress, lo "stress buono", quella tensione che ti permette di dare il meglio di te. Ma bisogna sempre capire che, a un certo punto, è necessario saper mettere un punto, capire quali sono i nostri limiti finali e non superarli".
Il punto di vista dello specialista, David Pelusi
David Pelusi, dottore in tecniche psicologiche che si sta occupando in prima persona del gruppo di lavoro
"Il rischio per chi lavora nel settore della ristorazione e dell'accoglienza è dato da alcuni fattori, che potremmo dire quasi da manuale", spiega a Fine Dining Lovers David Pelusi, dottore in tecniche psicologiche che si sta occupando in prima persona di questo gruppo di lavoro: "Prima di tutto gli orari lavorativi: chi lavora nel settore della ristorazione e dell'accoglienza lavora più di 10 ore al giorno. E più sale la responsabiità e più crescono le preoccupazioni. Ma non è tutto: a questo si aggiunge la necessità di relazionarsi e coordinare più persone. Chi lavora in cucina deve inoltre stare in spazi ristretti e sopportare spesso temperature elevate, che consideriamo fattori "oggettivi" di stress".
"Quando si parla di ristoranti stellati o comunque di alta cucina, la situazione si complica ulteriormente", continua il dottor Pelusi: "Si è obbligati a tenere sempre altissimo lo standard, rischiando di entrare in un circolo vizioso per il quale stress genera stress e può incidere negativamente sul benessere della persona e dell'organizzazione nella quale si lavora. Un problema che comunque non riguarda solo gli chef stellati o famosi, ma può coinvolgere chiunque sia - per esempio - condizionato da una recensione negativa su Tripadvisor".
Cosa fare, quindi, per gestire una situazione tanto complessa? "Il primo passo - spiega ancora Pelusi è quello di instaurare una buona comunicazione all'interno del gruppo: dare comunicazioni chiare, precise e nelle modalità corrette, lavorare sui ruoli e sul chi fa cosa. Per un intervento più approfondito ci si può rivolgere a uno psicologo, che faccia da consulente, o a un professionista di tecniche psicologiche che si rechi direttamente sul posto di lavoro per interventi sia sugli aspetti organizzativi (orari di lavoro, turni di riposo, divisione e gestione dei ruoli, ecc.) sia per lavorare sul gruppo. E' importante inoltre fare un'analisi della valutazione del rischio da stress lavoro correlato, in modo da avere una "fotografia" della situazione e poterla gestire poi al meglio con interventi mirati.
Purtroppo c'è anche chi, non trovando aiuto, vede alcol e droghe come un modo per affrontare la situazione o addirittura pensa al suicidio, ma il nostro messaggio vuole essere chiaro: una via di uscita c'è, ed è importante chiedere aiuto. Bisogna cambiare una cultura per la quale non siamo ancora abituati a chiedere aiuto, mentre esistono molti casi che dimostrano che si può fare ed è una strada assolutamente percorribile".