Milano, Trieste, Londra, Shanghai. Il lavoro dietro al bancone del bar ha permesso a Guglielmo Miriello di far crescere il suo talento in realtà molto differenti tra loro, da una parte all'altra del pianeta. Dopo anni passati al Columbus di Peschiera Borromeo fino all'approdo a un locale di livello internazionale come il Maison Pourcel a Shanghai, il bartender ha fatto ritorno nel capoluogo lombardo, dapprima al Dry ed ora al Ceresio 7, dove ricopre il ruolo di bar manager.
Così, tra viaggi, maestri e cocktail, si è raccontato a Fine Dining Lovers.
Quando ha capito che quella del bartender sarebbe stata la sua professione?
Probabilmente è stata un'evoluzione naturale del mio percorso. Ho avuto molteplici esperienze, suddividendomi tra cucina, pasticceria, bar. Di base sono estroverso, socievole e questo ha favorito la scelta finale per quanto riguarda la mia professione, grazie anche all'aiuto di Marco Sumerano nel 1999.
In che modo Marco Sumerano ha agevolato questo suo percorso?
Marco è attualmente il proprietario del Glass di Legnano ma fu proprio lui a farmi da maestro agli esordi, introducendomi all'arte del bar e dell'ospitalità, anche se già dal 1994 ero dietro al bancone del bar, alternando studio e lavoro. Altre figure di riferimento, vicine alla mia idea di bartending, sono inoltre, per citarne alcuni, Salvatore Calabrese, Agostino Perrone ed Erik Lorincz. Non posso poi non nominare Edoardo Grassi, Marco Civitelli e Luca Pardini, il management team del Ceresio 7, dai cui posso apprendere costantemente grandi lezioni sulla gestione di realtà di alto profilo.
Come è stato il suo arrivo da Ceresio 7?
Ceresio 7 per me è un treno passato due volte. Una prima volta, mentre lavoravo ancora in Cina, stavo lavorando perché questo indirizzo esclusivo di Milano fosse la mia meta di lavoro per il rientro in Italia. Arrivò invece il Dry a sconvolgere i piani. Successivamente, quando si presentò nuovamente la grande opportunità di salire a bordo di Ceresio 7, non me la feci scappare.
Prima di fermarsi non ci fu solo la Cina. Ha girato molto lavorando dietro il bancone?
Dopo aver studiato ed appreso le tecniche a Milano presso la 3F American Bartender School di Marco Sumerano, mi immersi completamente in questo mestiere, facendo quanta più pratica possibile. Dal 2002 viaggiai tra Trieste, Milano e Londra, per poter apprendere sempre più. Nel 2004 approdai poi Columbus di Peschiera Borromeo, dove lavorai per circa sette anni. Dopo una breve esperienza al Bulgari Hotel di Milano e la vittoria alla World Class del 2011, ebbi l'occasione di rappresentare l'Italia alla finale mondiale tenutasi a Nuova Delhi. A quel punto, grazie a Dario Comini, mi arrivò l'offerta di lavoro che diede una nuova svolta alla mia carriera: mi ritrovai catapultato nella splendida Shanghai, città affascinante e ricca di contrasti. Ebbi infatti il grande privilegio di lavorare come bar e bistrot manager presso la Maison Pourcel, di proprietà dei gemelli Jacques and Laurent Pourcel. Quindi il ritorno in Italia.
Oggi è bar manager del Ceresio7, una delle realtà più esclusive del capoluogo lombardo. Come descriverebbe l’atmosfera che si respira in questo indirizzo?
È una location unica non solo a Milano ma in generale in Italia. È luogo glamour e cosmopolita, capace di proporre una cucina di altissima qualità firmata da Elio Sironi, cocktail e servizio dagli standard impeccabili.
Come realizza una cocktail list?
Si tratta di un lavoro di squadra, affrontato con il mio team di bartender. Lavoriamo molto di brainstorming per tirare fuori da ognuno idee vincenti, questo ci permette di creare una cocktail list dove ogni singola proposta venga richiesta, apprezzata e rispecchi un gusto attuale di bevuta. Questo significa analizzare i trend internazionali, la liquoristica tradizionale e quella innovativa, l'evoluzione del gusto del nostro pubblico. Scegliamo dunque un tema e lo sviluppiamo, creando lo storytelling. Il coinvolgimento è così, senza alcuna ostentazione, un'esperienza multisensoriale. Bere deve essere un piacere.
Ci sono ingredienti o tecniche che predilige in particolare?
Tra gli ingredienti probabilmente il gin, il whisky e gli sherbet. Mi piace sfruttare le tecniche della macerazione e delle cotture sottovuoto. Ma devo dire che la scelta della tecnica è sempre soggetta al risultato finale che vogliamo ottenere. Da qualche anno ormai il trend è quello di creare cocktail dalla texture pulita ma dal gusto complesso con l'ausilio di centrifughe.
Il drink che la rappresenta più di tutti? Perché?
Il Dry Martini con twist di limone. Essere un "martiniano" è una scelta di gusto ed eleganza, è uno status symbol. Non posso immaginare un gentleman senza il suo Martini cocktail. Per intenditori.