Definire dirompente la personalità di Marzia Buzzanca è a dir poco riduttivo. Talentuosa chef e pizzaiola, Buzzanca non si ferma mai e cambia città dopo aver lasciato davvero il segno in un settore, quello dell'arte bianca, in cui le donne sono ancora troppo poche.
L'abbiamo intervistata e le abbiamo chiesto perchè. Ne è venuta fuori una splendida chiacchierata che racconta una vita passata a non arrendersi davanti a qualsiasi difficoltà si presenti.
L'intervista di Fine Dining Lovers a Marzia Buzzanca di Hofstätter Garten, a Termeno sulla Strada del Vino, in provincia di Bolzano.
Quando è nata la sua passione per la pizza?
Il realtà nasco nella ristorazione, mi occupavo dell'accoglienza e e della cantina del ristorante Vinalia a L'Aquila, con me hanno lavorato chef che successivamente hanno preso la stella Michelin, quali Felice Sgarra e William Zonfa. Successivamente sono state le mie intolleranze alimentari a farmi dapprima incuriosire e poi approfondire il mondo della pizza e dei lievitati.
C'è qualcuno che, nel settore dell'arte bianca, considera il suo maestro?
Sicuramente Simone Padoan. È stato lui a insegnarmi gran parte di ciò che so sulla pizza. Mi è sempre stato accanto, tanto professionalmente quanto umanamente. Dopo aver appreso importanti nozioni sul tema degli impasti decisi di aprire, sempre a L'Aquila, Percorsi di Gusto. Qui anche i vini avevano molta importanza e venivano abitualmente affiancati alle pizze. Io sono anche sommelier e ho un grande amore per questo abbinamento. Eravamo una bella squadra al femminile, con mia figlia enologa e mia nipote pizzaiola. Poi, nel 2009, arrivò il terremoto...
Dovette chiudere?
Sì, ma poi riuscii ad aprire nuovamente, l'anno successivo. Fu molto difficile ma non mi arresi: vivevo ospite da mia sorella, mia nipote aveva paura a tornare in città e non volle riprendere a lavorare in quel locale. La capii. Alla riapertura decisi così di mettermi direttamente io dietro il bancone della pizza. Venne ad aiutarmi Simone Padoan in persona. Era il 2010 e la mia vita cambiò per sempre.
E da lì, com'è arrivata fino in Alto Adige?
Sono stata abituata a spostarmi, il viaggio e l'esplorazione sono dentro di me. Ho origini siciliane ma anche greche, sono nata a Tripoli, in Libia. Questo significa che sono una profuga del colpo di Stato del 1970. Io e la mia famiglia arrivammo a Roseto degli Abruzzi, poi ci spostammo a Teramo. Ero a L'Aquila quando Martin Foradori Hofstätter mi propone di lavorare assieme. Sentii che i tempi erano maturi e accettai con grande piacere. Oggi sono qui e il successo raccolto dal 2019 ad oggi è enorme. Ma domani chissà.
Oggi è la pizzaiola di Hofstätter Garten. Qual è il segreto dietro alla sua pizza tanto amata in tutta la valle?
Sono particolarmente orgogliosa del mio impasto, con Enkir e farina delle Langhe. La mia pizza è riconoscibile: è buona, digeribile e bella. Per me il disco della pizza steso è un quadro. Quando studio i topping penso certamente al gusto ma anche all'armonia, all'eleganza visiva che voglio creare.
Una pizza a cui è particolarmente legata?
La Focaccia Paganica. Dopo il terremoto de L'Aquila decisi di chiamare le pizze con i nomi di alcune vie della città. Michela, una cara amica, venne a trovarmi, chiedendomi un regalo: quello di dedicarle una pizza. Pensai alla sua pelle chiara, sempre profumata, e al suo carattere forte. Nacque una pizza a base bianca, farcita con una fettina sottile di lardo di Colonnata, burrata, cipolla in carpione, petali di lavanda.
Donne e pizza. Non sono troppo poche le donne che nel mondo dell'arte bianca?
È vero. Basti pensare alla classifica 50 Top Pizza: nelle prime 100 posizioni le donne sono un paio, inclusa me. Non ho mai voluto l'esclusiva, spero anzi che il mio lavoro e impegno quotidiano possano aprire la strada a molte donne. Certo, è un lavoro particolarmente faticoso. Molti colleghi mi dicono: "Sei forte". Ma la mia forza nasce da una necessità: attualmente in pizzeria mi occupo da sola del forno e degli impasti. Questo mestiere è davvero duro, che tu sia donna o uomo. Ritengo di retribuire bene i dipendenti eppure sono alla costante ricerca di supporto. A parte mia nipote, che è venuta qui al locale a darmi una mano concentrandosi però sulla sala, sono tredici anni che sono da sola.