La finale italiana di S.Pellegrino Young Chef Academy Competition 2022-23 è alle porte. Il concorso internazionale di cucina che dà la possibilità ai giovani talenti di tutto il mondo di entrare a far parte di un ampio progetto, grazie a un network globale e a un programma di formazione permanente unico nel suo genere, vedrà sfidarsi i dieci finalisti regionali italiani nel corso di Identità Milano 2023. Il Congresso internazionale di cucina, pasticceria e servizio di sala, infatti, sabato 28 gennaio accoglierà i giovani talenti, che si sfideranno davanti a una giuria composta da cinque top chef, pronti a incoronare il prossimo S.Pellegrino Young Chef. Il vincitore verrà decretato nel corso di un’esclusiva serata di premiazione domenica 29 gennaio, durante la quale verranno anche proclamati i vincitori dei tre premi speciali di S.Pellegrino, Acqua Panna e Fine Dining Lovers.
La giuria sarà composta da Andrea Aprea, alla guida del ristorante che porta il suo nome a Milano all’interno della Fondazione Luigi Rovati, premiato con una stella Michelin dalla Guida Michelin 2023; Donato Ascani, chef del Glam di Palazzo Venart a Venezia, ristorante 2 stelle Michelin del gruppo di Enrico Bartolini; Giuseppe Iannotti, chef e patron del ristorante bistellato Krésios di Telese Terme (Benevento), che ha da poco inaugurato Luminist, all’interno delle Gallerie d’Italia a Napoli; Viviana Varese, chef del ristorante Alice all'ultimo piano di Eataly Smeraldo a Milano, premiato con una stella Michelin dal 2011, impegnata anche nel progetto Io sono Viva Dolci e Gelati; Jessica Rosval, chef di Casa Maria Luigia, locale satellite della galassia hospitality del gruppo La Francescana, tra le fondatrici di Roots, progetto che dà un futuro alle donne migranti attraverso il cibo.
In attesa di conoscere i migliori chef under 30 in tutto il globo, abbiamo posto ai cinque giudici italiani di S.Pellegrino Young Chef Academy Competition tre domande su un tema d'attualità caldo come quello del gender balance. Facciamo il punto sulla situazione delle donne nel mondo della cucina qui di seguito: ecco come hanno risposto i top chef della giuria italiana.
Equilibrio di genere: la giuria italiana di SPYCA si confronta
Nella lista di The World's 50 Best Restaurants 2022 ci sono solo 4 donne e questo dato riflette la situazione reale. Perché, secondo lei, il numero di donne in cucina continua a essere inferiore a quello degli uomini?
Andrea Aprea
Nella mia esperienza personale, le donne hanno sempre fatto parte delle brigate, sia in cucina che in sala. Anche oggi, nel mio nuovo progetto, alcune delle figure chiave sono proprio donne, dalla mia assistente personale, alla responsabile della pasticceria, alla sommelier. È vero che nei ruoli apicali c’è ancora una sproporzione di genere. Ma è un dato che credo rifletta più la storia che il presente. Per costruire percorsi di vertice in cucina serve molto tempo, e le donne sono più evidenti nei ruoli chiave solo da pochi anni. Quindi non dubito che la naturale evoluzione del nostro settore le vedrà protagoniste sia come imprenditrici che come executive chef al pari degli uomini. Le convenzioni sociali richiedono molto tempo per cambiare, ogni giorno facciamo la nostra parte.
Donato Ascani
Credo che la grandezza della cultura e della cucina non si misuri nei sessi. Se in questo momento ci sono meno donne nella classifica credo sia un caso. Donne favolose ce ne sono, e sono di grande esempio: nella nostra cucina, quando facciamo recruitment, sono le benvenute.
Giuseppe Iannotti
In cucina secondo me non esistono carte di identità, non esiste età né genere, ma solo chi ha voglia di lavorare. Quindi non me lo spiego razionalmente.
Viviana Varese
Il covid ha significato una battuta d'arresto nel mondo della ristorazione, specialmente nella conoscenza della ristorazione al femminile che stava crescendo. Credo che la 50 Best dovrebbe investire di più a puntare il faro sulle donne, che hanno meno risorse economiche e meno risorse nel campo del marketing da questo punto di vista. Obiettivo della 50 Best, poi, dovrebbe essere anche quello di raccontare i progetti portati avanti dalle donne.
Jessica Rosval
Una cosa molto interessante è che, se andiamo a guardare le scuole di cucina, le percentuali di donne che si iscrivono è alta (il 40% in Nord America). Non è questione di mancanza di interesse, secondo me: il punto è che stiamo ancora lavorando per creare un mestiere che sia sostenibile e compatibile con la vita della donna, che magari vuole avere un bambino. Come possiamo creare un mestiere che dia una sicurezza lavorativa alla donna, consentendole di non essere costretta a dover scegliere? Io sono orgogliosa di lavorare tanto per creare un ambiente che risponda a tali questioni. Modificando gli orari lavorativi per creare un ambiente che sia accogliente per le donne, per esempio, dove non sia più necessario fare la scelta - cuoca o mamma. Ma anche dove le donne sanno che, se si assentano un anno, c’è spazio per loro, anche per ricoprire importanti ruoli. Solo oggi, nel mondo contemporaneo, stiamo lavorando ad ambienti che tengano in considerazione il fattore umano. Non è immediato il processo, credo che questo argomento sia molto più presente ora rispetto a due anni fa, perché anche il covid ci ha dato l’opportunità di ricominciare con nuovi approcci. E il benessere dei lavoratori deve rappresentare una priorità.
Secondo lei esiste un modo (o più di uno) per invertire questa tendenza? E quale potrebbe (o potrebbero) essere?
Andrea Aprea
Le donne portano qualità, precisione, fantasia, sensibilità in tutte le professioni, e anche in cucina o in sala. È quindi un interesse diretto di tutte le strutture non fare a meno di queste competenze. Come dicevo, serve solo il tempo che una cultura del lavoro più moderna si faccia strada nel nostro settore, che spesso è di grande conservazione. Solo perché “prima si faceva così”. Più in generale, ci sono attività del nostro lavoro che sono particolarmente pesanti dal punto di vista fisico, e in quel caso è naturale che siano ruoli più maschili. Ma non per una valutazione di qualità, solo di materiale forza fisica.
Donato Ascani
Tanti giovani trovano gioia in altri mestieri. Dare valore alla gastronomia e alla sostenibilità del lavoro è un tema che potrebbe invogliare le giovani e i giovani a fare carriera e imparare bene il mestiere.
Giuseppe Iannotti
Credo di no, purtroppo, almeno non qui in Italia, senza comunque supporto legislativo.
Viviana Varese
Le donne dovrebbero avere più coraggio e rimboccarsi le maniche, fare networking e spesso osare di più, ma le aziende dovrebbero dare maggiori possibilità alle donne anche di crearsi una famiglia parallelamente alla propria professione.
Jessica Rosval
Alla base di questo argomento credo ci sia un tema. Penso, infatti, che sia importante per uno chef guardare le proprie risorse intorno a sé: non è che ogni piatto che si fa debba richiedere ore di mise en place, ma è importante come si riesce a comunicare la propria espressione culinaria, prendendo in considerazione l'aspetto tecnico (ore di lavoro, staff necessario ecc.), senza far lavorare 18 ore al giorno i propri collaboratori, perché magari sono stati messi mille ingredienti. Il design del piatto deve essere fatto in relazione a ciò che lo chef ha a disposizione: se ha solo quattro cuochi in cucina, il piatto va creato in base a quello. Se uno chef non ha le risorse, non può massacrare di lavoro i ragazzi: non è realistico e non è rispettoso verso lo staff stesso. Ci sono tanti aspetti che vanno dal più semplice al più complesso: dobbiamo rispettare lo staff che è con noi, per non sovraccaricare di lavoro.
Ritiene che abbiano ancora senso i riconoscimenti di genere (miglior chef donna, ecc.)?
Andrea Aprea
In generale i premi di genere mi sembrano più una mancanza di rispetto che non un riconoscimento. È come se dicessimo che apparteniamo a categorie diverse. In altri mestieri, ad esempio la scrittura, non ci sono premi per scrittori uomini e scrittrici donne. Capisco, però, che, soprattutto per innescare il cambiamento nei modelli sociali, sia importante creare delle storie che possono ispirare e generare emulazione. In questo senso i premi di genere riescono a migliorare la visibilità e il talento delle tante colleghe che operano con grande valore. Diciamo che fino a che sentiremo il bisogno di creare dei premi per categorie, allora significherà che abbiamo un problema reale di accesso e percezione del lavoro delle donne.
Donato Ascani
Hanno senso e come. Anche se, oggi, quando si premia una miglior donna, si mette in evidenza un doppio senso che sottolinea il non gareggiare con tutti, ma solo tra donne… Vorrei che tutti pensassero alla bontà dei gesti in cucina e in sala (e basta).
Giuseppe Iannotti
No, assolutamente no.
Viviana Varese
Una volta pensavo che i riconoscimenti di genere fossero sbagliati perché mi facevano sentire un po' nel recinto; ora, invece, credo che ci sia ancora bisogno delle quote rosa, ma soprattutto sarebbe necessario che i convegni, le guide, gli awards organizzassero dei panel misti dove la voce femminile della gastronomia, del bartending, della ristorazione, dei produttori fosse ascoltata e valorizzata.
Jessica Rosval
Ci sono tanti punti di vista diversi. Penso che in questo momento ci sia ancora una sotto-rappresentazione del femminile nel mestiere, quindi avere questi premi obbliga le persone a prendere in considerazione il talento femminile e dare alle donne la piattaforma per comunicare la propria espressione culinaria. Ma io sogno un futuro vicino in cui non ci sia questa suddivisione: sono la cucina, il piatto, il servizio e l’esperienza gastronomica che vanno giudicati. Guardare al genere dello chef è una cosa ingiusta, che magari adesso serve strategicamente per obbligare le persone a considerare il talento femminile, ma penso (e mi auguro) che stiamo arrivando al punto che non ce ne sia più bisogno. La voce femminile sta diventando sempre più forte. Allo stesso tempo, credo che sia un gran pericolo avere le liste separate: le liste di best female chef rischiano di mettere le donne in competizione una contro l’altra, mentre io preferirei vedere le colleghe come persone con cui ho qualcosa in comune, e pensare che possiamo fare tutte insieme qualcosa e non una contro l’altra.