A Puegnago sul Garda, in provincia di Brescia, lo chef Andrea Leali porta avanti il ristorante Casa Leali con successo. Assieme a lui il fratello Marco, che si occupa della sala. I due hanno iniziato insieme con l'Osteria Pijei, ancora di loro proprietà.
Nel tempo però l'esigenza di qualcosa che fosse veramente loro - da ogni punto di vista - si faceva sentire sempre più. Fino a quando non è arrivata quest'insegna a cui il pubblico gourmet guarda con interesse sempre maggiore.
Tra passato, presente e futuro, ecco l'intervista di Fine Dining Lovers allo chef Andrea Leali.
Quando è iniziata la sua passione per la cucina?
Al contrario di molti colleghi, arrivo da una famiglia che, a livello professionale, non è mai stata legata in alcun modo al mondo della ristorazione. La mia è umile, semplice passione. Che poi si è trasformata nel tempo in formazione, studio, cultura, qualche lavoretto nel campo. Non ho avuto esperienze particolarmente di rilievo prima di iniziare con la mia attività. Un percorso forse un po' atipico oggi.
Si può quindi definire un autodidatta?
Assolutamente sì. Anche volendo non avrei avuto il tempo per la classica gavetta presso i grandi nomi del settore. Il mio primo, vero lavoro è stato all'Osteria Pijei di Salò. Un'attività che ho avviato al 50% con mio fratello Marco, così come ogni altro progetto, e che abbiamo ancora oggi. All'epoca dell'inaugurazione, più di otto anni fa, avevo vent'anni. Ho saltato una serie di passaggi ma devo ammettere di essere stato piuttosto incosciente.
Casa Leali è dunque un progetto successivo. Quando nasce il ristorante?
Nel 2016. Osteria Pijei per noi è stato ed è importante. Volevamo qualcosa che fosse però nostro completamente, a partire dalle mura. Certo, c'era uno scoglio da superare: proprio perché giovanissimi, non avevamo la forza economica di cercare location da acquistare e magari da ristrutturare. Abbiamo pertanto deciso di riadattare la casa di famiglia, un ampio casale del 1400, per intraprendere questa nuova avventura.
Una casa a tutti gli effetti dunque.
Sì, qui abitano ancora Marco, i miei genitori e la nonna. Nelle sale di pertinenza del ristorante i lavori sono stati importanti, compresi quelli per la cucina. Abbiamo circa trenta coperti interni, a cui va aggiunto un bello spazio esterno.
La famiglia pare essere il leitmotiv di Casa Leali.
Effettivamente è così. C'è anche un altro familiare che lavora con noi. Marco, responsabile di sala e sommelier, è affiancato nel suo lavoro da Michele, nostro cugino. È appena rientrato in da noi dopo due esperienze di rilievo internazionale, Azurmendi e Lido 84. Siamo molto contenti. Con loro in sala c'è poi Rita, anche lei ha un curriculum importante: Piazza Duomo e Il Luogo di Aimo e Nadia.
Come riassumerebbe l'idea di cucina che propone da Casa Leali?
Direi che è una cucina personale. Parla certamente di territorio ma non in senso stretto. Non mi focalizzo infatti sulle ricette della tradizione ma piuttosto sugli ingredienti, sulle tecniche. Ad esempio studio con attenzione le cultivar di oli locali così come le diverse varietà di limoni e capperi. Una "nuova cucina gardesana" che vuole però uscire dalla retorica della reinterpretazione di ricette classiche.
Ogni quanto varia il menu?
Il menu di Casa Leali è composto per un 30% di piatti fissi, particolarmente comfort, adatti ad esempio ad un primo approccio con il nuovo cliente. O per chi ha una proposta del cuore che vuole a tornare a mangiare. Il resto delle portate viene sostituito all'incirca ogni tre mesi, seguendo la stagionalità. Questo ci permette di creare, di essere stimolati e al contempo di incuriosire sempre lo zoccolo duro della clientela che, costantemente incuriosita e stimolata, torna da noi.