Nell'ambito dei World's 50 Best Restaurants 2018, evento sponsorizzato da S.Pellegrino e Acqua Panna (non perdetevi il live streaming su Fine Dining Lovers il 19 giugno) che quest'anno si tiene a Bilbao, il bello e il buono dell'universo gastronomico ha percorso tutta la costa spingendosi fino a San Sebastián e nella fattispecie al Basque Culinary Center, dove si sono tenuti i #50BestTalks. Tema di quest'anno il "Life Cycle", il ciclo della vita e 7 dei migliori chef del mondo sono stati chiamati a riflettere sulla loro idea del cibo, dalla produzione al consumo.
Quello che è emerso è che l'esempio di alcuni dei ristoranti migliori del mondo può fungere da spinta propulsiva per favorire un miglioramento del sistema alimentare a tutto tondo, sia che si tratti di insegnare alle persone come mangiare in maniera più stagionale e locale, sia che le educhi a diminuire il consumo di carne o provare semplicemente cose nuove.

Il prossimo #50BestTalks si terrà invece a San Francisco il prossimo 12 settembre, e avrà come tema ‘Voices for change championing a diverse future.’ Ecco dunque alcuni dei momenti salienti del #50BestTalks.
GLI CHEF COME PARTE DELLA SOLUZIONE
Gli chef possono davvero cambiare il mondo? Forse no, ma possono aiutare di sicuro. Caso emblematico è quello di Joan Roca, Eneko Atxa e Gaggan Anand che nei Paesi Baschi hanno parlato di come impiegano la loro conoscenza per ridurre il problema della fame nel mondo con l'iniziativa Chefs for Change in collaborazione con Farm Africa. La conoscenza degli chef in fatto di tecniche di conservazione e riciclo può essere infatti applicata a quella fetta di mondo in via di sviluppo per assicurare la presenza di cibo necessaria alla sopravvivenza. "Prima di essere uno chef mi considero una persona", ha detto Eneko Atxa dell'Azurmendi, “Dobbiamo lavorare quotidianamente in maniera responsabile". L'iniziativa di cui fa parte lo chef coinvolgerà 25 diversi programmi disseminati in 12 paesi e 50 diversi chef che metteranno le loro competenze al servizio di una giusta causa. Ulteriori informazioni le trovate qui.

Clare Smyth ha parlato invece di come sia responsabilità degli chef aiutare a educare il pubblico su tutte quelle cose meravigliose che si possono creare a partire da ingredienti umili. Al Core, il suo primo ristorante di Londra, chef Smyth si avvale di ingredienti semplicissimi presi da produttori britannici e li eleva a un livello gourmet di lusso. Caso paradigmatico è il Lamb carrot, un piatto in cui la carota viene cucinata confit nel grasso di agnello. “Cerco di cambiare la mentalità delle persone e far capire loro cos'è buono mangiare e cosa non lo è", ha dichiarato Smyth.

I SEMI DEL CAMBIAMENTO
Parimenti, anche Dan Barber del newyorchese Blue Hill at Stone Barns sente che i ristoranti fine dining hanno la capacità di produrre dei cambiamenti nella società, sia che gli chef si cimentino nella cucina creativa partendo dagli scarti, sia che sperimentino modi alternativi per spostare il baricentro alimentare da un'idea proteino-centrica. “Sono qui per difendere i ristoranti fine dining in quanto incubatori di idee", ha dichiarato. Uno dei progetti che Barber segue con più zelo è la sua compagnia di semi, la Row 7 Seeds, punto di partenza per lo chef per cercare nuovi modi di migliorare il gusto partendo proprio dai semi. Perché i semi? "I semi sono gli architetti, i progetti", ha dichiarato lo chef che ha parlato di cifre spaventose. Il 75% delle coltivazioni sono scomparse tra il 1900 e il 2000 e Barber si sta muovendo proprio per portare la sua compagnia (e le sue idee) al consumo di massa - "Voglio essere anche da Walmart!" Non dobbiamo necessariamente rottamare l'OGM, ha dichiarato lo chef, nonostante fino ad ora non abbia prodotto nulla di rilevante e utile agli chef. Con Row 7 Seeds, Barber sente che il "connubio tra gusto e bontà con l'ausilio della tecnologia non è qualcosa di impossibile, tutt'altro, è qualcosa di probabile".
PERCHé FACCIAMO QUELLO CHE FACCIAMO

Paul Pairet e Christina Tosi hanno portato sul palco dei #50BestTalks due conclusioni diversissime - quasi antipodiche - se consideriamo lo spettro alimentare: se uno è lo chef di uno dei ristoranti considerati più all'avanguardia nel mondo, l'Ultraviolet di Shangai, l'altra invece si è presentata esordendo con "sono molto ghiotta di dolci".
Tosi è molto conosciuta e apprezzata in America per i suoi dolci del Milk Bar, golosi e confortevoli e alla platea di curiosi che l'ha accolta ai #50BestTalks ha fatto sapere come la sua recente apparizione a Chef's Table abbia riscosso una risposta positiva, rappresentando per la pasty chef una sfida perfetta - un modo diverso di raccontare la storia della pasticceria made in USA. Tosi ha lasciato la Middle America che le ha dato i natali per partire alla volta di New York e diventare la miglior pasticciera, giungendo agli alti ranghi della gastronomia presso il WD50 di Wyle Dufresne. Tuttavia, quello che la pastry chef ha raccontato è che a un certo punto ha sentito una spinta molto forte a tornare alle sue radici, avendo perso la passione per l'alta pasticceria. "Quando mi osservavo sapevo che il mio era uno spirito molto più casual", ha dichiatato la chef.
Per Pairet, l'Ultraviolet si spiega meglio partendo non dal 'come', ma dal 'perché': "Volevo disfarmi di tutti i limiti di un ristorante professionale e cucinare al massimo livello". Una volta raggiunto il controllo di gusto, vista, suono, ecc puoi controllare anche l'atmosfera di un ristorante, ha raccontato Pairet, e per dimostrare il pizzico di controllo totale che intende, ha portato il caso del suo ristorante da nove coperti di Shanghai, proiettando un video in cui un pollo arrostisce in maniera succulenta e deliziosa in una rosticceria. Quello è stato il segnale: finalmente è arrivata l'ora del pranzo.
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