Possibile che nel 2022 una donna venga ancora delegittimata solo perché donna? Possibile. Così come accade che venga ritenuta inadatta a ricoprire ruoli mangeriali, a reggere lo stress o a conciliare lavoro e famiglia.
A dirlo non siamo noi, ma la viva voce di oltre 40 donne che lavorano nel mondo della ristorazione e dell'enogastronomia: chef, sommelier, maître, bartender, ma anche produttrici e imprenditrici, cui in occasione dell'8 marzo, Giornata Internazionale della Donna, abbiamo rivolto una sola, semplice domanda
Qual è lo stereotipo di genere che proprio non sopporti, con cui devi ancora fare i conti sul lavoro?
"Ancora oggi ci troviamo a parlare di stereotipi di genere, di quanto questi influenzino le aspirazioni delle donne e i comportamenti nei loro confronti - commenta Valentina Picca Bianchi, presidente del Gruppo Donne Fipe - ma dei cambiamenti concreti ci sono stati, soprattutto nella maggiore consapevolezza delle donne stesse. Io vi risponderò sia come imprenditrice che come loro rappresentante, con una domanda che mi sono sentita rivolgere spesso e che racconta bene i miei diciotto anni di impresa: “C'è un uomo con cui possiamo parlare?”
"Il nostro settore è a prevalenza femminile (oltre il 51%) - aggiunge Picca Bacchi - ma spesso le donne si trovano a ricoprire ruoli secondari per pregiudizi che ancora esistono, risultano poco visibili eppure sono determinanti nella forza lavoro. Senza contare che dove la conduzione dell’impresa è a perimetro famigliare, ci sono tante figlie e madri che ricoprono ruoli troppe volte invisibili, senza avere il giusto riconoscimento".
Una visibilità e un riconoscimento che, anche simbolicamente, abbiamo provato a dare ascoltando la voce di alcune protagoniste del settore. Ecco cosa ci hanno raccontato.
Stereotipi di genere: la voce delle chef
Valentina Rizzo, chef | Farmacia dei Sani, Ruffano (LE)
Quel che meno sopporto è l'idea secondo cui noi donne non riusciamo a fare squadra, o che comunque non siamo capaci di collaborare. Un’altra cosa che mi dà veramente fastidio è che molti ragazzi non apprezzano sia una donna a dare dei comandi, o che comunque sia una donna ad avere più potere in una brigata di cucina. Trovo assurdo che una donna debba faticare il doppio per imporsi rispetto a un uomo. Le cose stanno migliorando pian piano, ma c'è ancora tanta strada da fare: ce la faremo, prima o poi.
Viviana Varese, chef e patron | ViVa, Milano
Non sopporto quando mi chiedono se c'è differenza tra una cucina maschile o femminile: credo nelle unicità, nelle professionalità e nelle menti creative. Un altro luogo comune che non sopporto è quando mi chiedono se questo mestiere toglie tempo alla vita privata: qualsiasi lavoro da leader è impegno, fatica e sacrificio, anche rispetto al tempo.
Isa Mazzocchi, chef | La Palta, Borgonovo Val Tidone (PC)
La cosa che ancora mi lascia perplessa è quando ti dicono che per le donne è dura stare tante ore in cucina e che non potrai mai farti una famiglia. Mah! Sicuramente c'è un’evoluzione in tutto e in questo momento storico le chef hanno uno spazio maggiore rispetto al passato: peccato che, durante gli eventi, ci mettano sempre insieme come se fossimo una razza da salvaguardare.
Aurora Mazzucchelli, chef | Casa Mazzucchelli, Sasso Marconi (BO)
Essendo cresciuta in una famiglia con un padre e un fratello molto “presenti”, ho sempre preso con ironia frasi maschiliste. Una cosa che però ancora mi fa riflettere è il fatto che spesso noi donne siamo viste come particolarmente “nervose” o impulsive, quando in realtà siamo concentrate e puntigliose per rendere al meglio. Oppure che la voglia di portare avanti le nostre idee o il nostro operato venga presa come durezza o nervosismo dovuto a “cause esterne".
Caterina Ceraudo, chef | Dattilo, Strongoli (RC)
Non si dovrebbe più parlare di genere, ma di capacità. La cosa che forse più mi ha dato fastidio nel tempo sono le discriminazioni tra una chef donna e uno chef uomo: quasi sempre l'uomo ha la sua autorevolezza a prescindere: mi è capitato che chiamassero chef il mio assistente e non me. La cucina è un ambiente molto maschilista con un'impostazione militare, la donna è sempre vista incapace di sopportare ritmi così pesanti. Facciamo molta più fatica a conciliare il tutto, ma sicuramente non è una discriminante essere donna, è anzi un grande dono.
Rosanna Marziale, chef | Le Colonne Marziale, Caserta
Ciò che non sopporto è l'attribuzione di caratteristiche specifiche di genere (maschile o femminile), dando vita a delle generalizzazioni che per lungo tempo hanno influenzato le aspirazioni delle donne, ingabbiandone l’individualità, e che impediscono di distinguere la persona rispetto a quelle che si ritiene debbano essere le caratteristiche del suo genere.
Jun Giovannini, chef | MU Fish, Nova Milanese (Mi)
Da donna giapponese in Italia devo dire che non ho avuto problemi: qui gli uomini hanno più rispetto per le donne, non come in Giappone, dove la differenza tra i sessi è ancora grande. Più in generale penso che incontrare degli ostacoli sia una sfida da affrontare con positività e determinazione a prescindere dal genere: questo porterà a trovare la strada più adatta a ognuno di noi, è giusto fare quello che sentiamo senza pensieri e senza compiacere il prossimo.
Marianna Vitale, chef | Sud Ristorante, Quarto (Na)
Oggi la cosa per me più insostenibile ha a che fare con la comunicazione: se dovessi dire da quando ricordo gli stereotipi di genere nel mio mestiere, ebbene, è proprio quando mi arrivano delle domande da parte dei giornalisti. Il che non significa non mettere l’accento su aspetti legati alla differenza di genere, ma la comunicazione lo restituisce con degli stereotipi. Le domande sono sempre le stesse: Esiste una cucina femminile?, C'è differenza tra un uomo e una donna in cucina?, Ci sono stati nella tua vita lavorativa episodi in cui l’essere donna ti è pesato perché hai subito discriminazioni? Penso che ci siano degli episodi che non necessariamente abbiano a che fare con il mestiere o con le donne: casi di sopraffazione non appartengono al genere. Piuttosto che creare una comunicazione positiva sul genere, si vanno a sottolineare differenze che appartengono all’essere umano: non parliamo di diritti di genere, ma di diritti umani.
Ritu Dalmia, chef | Cittamani - Spica, Milano
Sono spesso “divertita" e irritata quando si ritiene che una determinata professione non sia adatta alle donne - sia esso un lavoro impegnativo a livello fisico o che implica pesanti turni di lavoro. Pensare che noi donne non siamo in grado di tritare e maneggiare coltelli o mannaie ne è un esempio. Questo mio messaggio va a tutte le donne: se vogliamo essere trattate alla pari dobbiamo cercare rispetto, non attenzione.
Isabella Potì, chef | Bros’, Lecce
Quando si parla di stereotipi mi dà fastidio che mi venga chiesto - ancora - come ci si sente a essere donna in questo campo fatto di uomini. Per me questa non è una domanda, non è un problema o qualcosa cui ho mai pensato nel corso della mia carriera. Per questo odio che nelle interviste si continui a chiedermi come ci si sente a essere una chef donna: io non so come ci si sente a essere uno chef uomo. Spero che presto spariscano premi stereotipati come “Chef Donna” o “Chef Uomo”, perché non capisco ancora quale sia la differenza.
Alice Delcourt, chef | Erba Brusca, Milano
Ormai sono vecchia e provo a non sentire fastidio, però è una lotta continua. Quando una donna al comando pretende qualcosa è una “stro**a”, mentre un uomo nello stesso ruolo e con lo stesso comportamento è considerato “forte”. Oppure quando dici a un uomo qualcosa che non gli piace, ovviamente hai le mestruazioni. O ancora, quando siamo a riunioni di lavoro, e io sono il capo in cucina, ma parlano col mio compagno per cose del lavoro.
Sara Nicolosi, chef | Altatto, Milano
Quello che meno sopportiamo, forse, è l'importanza che viene data alla forza in senso fisico, senza prendere in considerazione quella mentale.
Stereotipi di genere: la voce delle donne di sala
Alessia Taffarel, sommelier | Contraste, Milano
Troppo spesso il sistema ci esorta a utilizzare modi gentili con molta più frequenza rispetto agli uomini. In questo modo ci è stato insegnato a reprimere i nostri bisogni e le nostre emozioni, in particolare modo quelle più sgradevoli, anteponendo le esigenze altrui. Tutto questo non può e non deve continuare.
Maida Mercuri, sommelier e imprenditrice | Milano
A me dà ancora molto fastidio quando si pensa a un cervello maschile o femminile, con dei preconcetti: il cervello è neutro, come in latino. Certo, ci sono differenze fisiche tra uomo e donna, ma non è detto. Insomma, io dico no all'uniformità. Inoltre, non sopporto la presunzione di chi pensa di sapere tutto, e ne ho incontrati tanti.
Laura Scandiuzzi, maître | Trattoria Contemporanea, Lomazzo (Co)
Credevo che in ristoranti di un certo livello il maître di sala fosse sempre uomo! Questa la frase che un pomeriggio ho avuto il "piacere" di sentire, con stupore, dopo un lungo servizio. Accade infatti spesso, e ciò mi rammarica profondamente, di non esser vista con la serietà e professionalità che merito: ancora oggi persiste infatti l'idea, del tutto anacronistica, che nella sala di un importante ristorante, la figura femminile debba essere designata sulla base di un fattore puramente estetico. Si dovrebbe invece comprendere che nella donna è giusto valorizzare altre doti, soprattutto interiori: come l’empatia, l’accuratezza e quella parte di cuore che spesso, proprio solo noi, riusciamo a trasmettere e infondere.
Mara Vicelli, head sommelier | Hotel Principe di Savoia, Milano
Wow, una donna sommelier a capo di una cantina così grande in una struttura così importante! Complimenti! È questa la frase che ogni tanto sento, che mi fa sorridere e allo stesso tempo riflettere. Sorridere perché la maggior parte delle persone lo dice per farmi un complimento. Allo stesso tempo riflettere, perché anche se oggi non è più un mondo di soli uomini, la strada per superare il divario di genere è ancora lunga. Si sa, "buon vino fa buon sangue”, ma nonostante ci sia passione, serietà e competenza, in poche arrivano a gestire carte simili.
Eleonora Revello, responsabile di sala | Balzi Rossi, Ventimiglia (IM)
La donna non gode dello stesso rispetto che ha l’uomo: nel campo della sala, per esempio, si tende a dare per scontato che il ruolo del maître o del direttore di sala debba essere un uomo. Nonostante questa premessa, sto vedendo un grande miglioramento negli ultimi anni: i social hanno aiutato le donne facendoci sentire in dovere di avere più coraggio, non sentirci inferiori e metterci alla prova una volta di più, senza paura.
Michela Orlando, sommelier e maître | Locanda di Orta, Orta San Giulio (NO)
La cosa che più mi pesa è l'idea che le donne siano troppo emotive e non riescano a organizzare il lavoro ogni giorno allo stesso livello, con la stessa competenza. Io credo che oggi le donne siano consapevoli delle loro capacità e siano molto preparate pur lavorando, nella maggior parte dei casi, sempre e solo in ambienti maschili. Gli uomini pensavano che il mio punto debole fosse l’emotività, invece secondo me è un punto di forza, perché permette di creare una sintonia col cliente e rende unica la sua esperienza.
Neonila Siles, patron e sommelier | Wine Witness, Milano
I pregiudizi purtroppo ci sono, e anche più di uno. Sul mio profilo Facebook tuttora mantengo l'appellativo l’Enofighetta, dopo aver sentito, anni fa, questo termine in una rinomata enoteca romana, usato dal titolare e da alcuni famigerati esperti del vino, riferendosi alle donne che "pretendevano” di dire la loro sul vino. Succede, talvolta, che al tavolo di lavoro, alcuni uomini, guardino e si rivolgano solo ai colleghi del loro stesso genere, evitando l’eye contact con colleghe donne. Quelli mi fanno tenerezza: secondo me non nutrono pregiudizi, ma forse è semplicemente il loro background socioculturale, vissuto inconsciamente e quindi non combattuto.
Stereotipi di genere: la voce delle bartender
Carlotta Linzalata, bartender e consulente | Torino
Un luogo comune frequente riguarda l'avere figli. Spesso sento la frase "Se lavora la sera e la notte, come fa a prendersi cura dei bambini?", come se noi donne dovessimo essere messe sempre di fronte a delle scelte. Certo, lavorare di notte comporta enormi sacrifici, ma chi lo fa, vi assicuro, lo sa. Perciò, ancora nel 2022, mi pongo sempre le stesse domande: Ma i figli non si fanno in due? Perché i padri vengono considerati con superficialità? E perché una donna che costruisce una carriera in un ambiente lavorativo serale deve essere vista con occhi differenti?
Sabina Yausheva, bar manager | Dry Milano, Milano
Non sempre i clienti, specialmente gli uomini dai 40 anni in su, accettano che sia una donna a gestire il locale e in caso di problemi chiedono di parlare con un'altra persona, dicendo tra le righe che vogliono un responsabile uomo. Probabilmente si è ancora radicati al concetto che, oltre a fare la cameriera o bartender, la donna non possa ricoprire il ruolo di direttrice e prendere decisioni da sola.
Valeria Sebastiani, bartender e imprenditrice | The Key Cocktail, Roma
Quando ho iniziato a lavorare, circa 15 anni fa, in Italia c’era una completa separazione dei ruoli: gli uomini lavoravano al bar, le donne in sala. Oggi la situazione è molto diversa e le bartender sono moltissime. Le donne hanno ancora più difficoltà ad accedere a ruoli di responsabilità, ma una volta riconosciute come professioniste di alto livello, conta solo ed esclusivamente la propria creatività e serietà.
Stereotipi di genere: la voce di patron e imprenditrici
Sandra Ciciriello, patron e sommelier | 142 Restaurant, Milano
Le differenze, a parere mio, hanno sempre fatto la bellezza. Se c'è una differenza tra uomo e donna, usiamola cercando sfruttando il meglio di ogni parte. Ho lavorato per anni con gli uomini: al Mercato del pesce di Milano a 18 anni ero l'unica donna e dovevo dimostrare il doppio degli uomini per essere presa in considerazione. Ma nonostante tutto credo sia necessario smorzare i toni e vivere in convivialità perché il genere si deve unire e non dividere. Le parole e i gesti sono importanti quanto il contesto in cui avvengono: non si può prescindere dal contesto.
Ilaria Puddu, ristoratrice | Giolina, Milano
Tra le cose che mi danno più fastidio, sicuramente il fatto di sentirmi dire, a volte: Sei una donna, non sei in grado di farlo oppure Sei sicura di potercela fare? Oppure ancora, Lascia stare, che è una cosa da uomini. E poi, anche se raro, Io non prendo ordini da una donna.
Serena Gonnelli, patron | Olivia, Firenze
Ciò che non sopporto è l'idea, ancora presente in ambito lavorativo, che una donna non sia capace di fare impresa, mentre nella realtà le donne, per mia esperienza personale, hanno una innata empatia (fattore fondamentale per creare spirito di squadra) e capacità organizzativa spesso superiore agli uomini, forse data proprio dal loro essere contemporaneamente madri e lavoratrici.
Annie Féolde | Relais & Châteaux Enoteca Pinchiorri, Firenze
Quel che proprio non sopporto è sentire che le donne non possono fare qualcosa o arrivare dove vogliono, anche in questo mestiere. Se vogliono, le donne possono tutto!
Annalisa Magri, patron e sommelier | Ottocentodieci, Sannazzaro de' Burgondi (Pv)
Parlo della mia esperienza come imprenditrice, mi occupo infatti sia della gestione del ristorante Ottocentodieci sia dell'hotel Eridano, che lo ospita. Senza necessariamente scendere in profondità nelle cose, per il solo fatto di essere in una posizione di gestione "superiore", agli occhi di alcune persone, stai sfruttando qualcuno. In realtà, la figura dell'imprenditore oggi ha diverse sfaccettature e implicazioni, soprattutto i più giovani cercano di avere una visione etica e sostenibile, di rottura rispetto a quello che era una volta.
Stereotipi di genere | La voce delle pastry chef
Debora Vella, pasticciera | X Dolce Locanda, Verona
Purtroppo la cucina è un mondo complesso e, per certi versi, molto maschilista. È difficile trovare una donna alla direzione di una cucina, ma pian piano stiamo facendo dei grandi passi!
Ilaria Caneva, pasticciera | Cracco, Milano
Ho in mente molti episodi che mi fanno capire quanto l’uguaglianza di genere in questo settore sia ancora ben lontana: la donna, spesso e volentieri, viene vista come anello debole della squadra. È capitato di non essere o presa in considerazione da colleghi che si sono “giustificati” spesso e volentieri con l’affermazione "Non ascoltarla, è soltanto una donna".
Titti Traina, pastry chef | Petit Royal, Courmayeur (AO)
Ancora oggi sembra assurdo parlarne, ma se lo stiamo facendo vuol dire che il problema c’è ed è reale. I dati parlano chiaro: tante cuoche e poche chef. Qualunque sia la mia posizione in una brigata non potrei mai sopportare di essere trattata in modo diverso solo perché donna, o per qualche altro assurdo motivo. Fortunatamente lavoro con persone che hanno lasciato gli stereotipi agli antenati. ma è terribile pensare che in tantissime cucine di tutto il mondo l’immagine della donna si sia cristallizzata, a dispetto di una realtà che è invece in movimento.
Elena Orizio, pastry chef | Trattoria Contemporanea, Lomazzo (CO)
Personalmente non mi sono mai trovata a lottare con qualcuno per la mia indipendenza e il mio valore nel mondo della cucina, considerato maschilista, faticoso e non adatto ad una donna. Sì, è vero, bisogna comunque lottare per il rispetto del proprio ruolo: se devo guardare la realtà dei fatti e non solo la mia esperienza, è che siamo ancora considerate la parte debole. Per non parlare degli sbalzi di umore: ho lavorato con centinaia di uomini chef e capi partita con sbalzi di umore continui, ma se una donna arriva arrabbiata, stanca o solo vuole stare in silenzio, viene subito additata o sminuita perché ha le sue cose, lasciatela stare è pazza. No. Non siamo diverse da nessuno, non siamo esseri inferiori, abbiamo debolezze e pregi come chiunque. Se abbiamo successo è solo per le nostre forze non per un uomo che ci elogia o grazie a qualcuno. Se dovessi elencare altri stereotipi non basterebbe un giorno intero, ma la realtà è che donne come Cristian Bowerman, Viviana Varese, Antonia Klugman, Clare Smyth, Anne-Sophie Pic e tante altre sono dove sono per la loro determinazione, nessuna frase pronta a sminuire le ha fermate. Bisognerà purtroppo lottare ancora, ma noi saremo lì pronte.
Francesca Marcantognini e Chiara Abate, founder e bakery chef | Tema, Milano
La cucina, come gli altri luoghi di lavoro, dovrebbe essere uno spazio meritocratico. È vero, però, che la cucina rappresenta lo specchio della percezione e della condizione della donna in una società che ha ancora tanto culturalmente da fare per raggiungere la parità di genere. Liberiamoci quindi dal sessismo, a partire dall’attività più quotidiana che esista: mangiare. Il gusto non ha genere e il buon cibo dovrebbe essere occasione di incontro, confronto ed evoluzione, al di là dei preconcetti.
Anna Gerasi, pastry chef | Pasticceria Piccinelli, Brescia
Trovo fastidioso che si associ il mio lavoro al mondo maschile, perché il nostro settore è pieno di donne talentuose, che hanno voglia di crescere, di evolversi. Erroneamente si pensa che solo gli uomini possano fare carriera perché la pasticceria è un lavoro pesante in termini fisici e di orari, ma sappiamo bene che volere è potere.
Leticia Gjergji, pasticciera | Roma
Essere donna, magari carina, in un mondo maschile, non è semplice. Si tratta di dover avere delle energie e un carattere forte per affrontare certe circostanze. Sono tanti anni che faccio questo mestiere, che amo molto. In questo lavoro, però, le donne sono ancora poche in confronto agli uomini. Talvolta scorgo dei pregiudizi latenti nelle persone. Mi è capitato, per esempio, di incontrare nel mio lavoro gente che mi dicesse: Tu sei una pasticciera? Perché non hai fatto la modella? Oppure di essere presentata con frasi come Lei è la nuova pasticciera, anche se non sembra una pasticciera. Avere un aspetto gradevole è ininfluente per la professionalità: ciò che conta e vale sempre è il talento. Credo che l’unione delle donne possa portare a risultati convincenti in questi ambienti: prima o poi ce la faremo.
Stereotipi di genere, la voce delle produttrici
Angela e Micaela Santoro, produttrici | Le Santorine, Cisternino (BR)
Nel mondo della produzione alimentare siamo ancora poche e, nella grande maggioranza dei casi, abbiamo avuto la fortuna di nascere all'interno di famiglie che ci hanno dato la fiducia necessaria per intraprendere una carriera in azienda. Ci sono ancora forti ostacoli sociali all'ingresso delle donne nel settore della produzione di salumi, perché le qualità necessarie - forza, determinazione, costanza - vengono attribuite solo al genere maschile. Sono generalizzazioni che influenzano anche la scelta delle giovani donne che intendono intraprendere questo percorso all'inizio della loro vita lavorativa. Sarebbe bello vedere nei percorsi professionali l'apertura delle carriere a tutti, senza distinzione di genere.
Roberta Gritti, produttrice | Quattro Portoni, Bergamo
Sarebbe facile sostenere che l'agricoltura è un ambito maschile, ma in realtà non è uno stereotipo che ho sperimentato in prima persona: l'agroalimentare è un ambiente dinamico al quale si stanno approcciando molti giovani che basano le proprie convinzioni sulle competenze riconosciute, più che sul genere. C'è grande rispetto per le operatrici del settore, qualunque ruolo ricoprano, se come tutti si dimostrano competenti. Spero che questa testimonianza possa essere un punto di vista utile a illustrare lo spaccato di un ambiente dinamico, giovanile e che prova - e riesce - a essere al passo con i tempi.
Maria Sole Zoli, enologa | Tenuta Casenuove, Greve in Chianti (FI)
Lo stereotipo più basilare: che io, donna, non possa fare cose “da uomo”. Che non abbia forza fisica, familiarità con gli aspetti pratici del lavoro, propensione direttiva. Essere allontanate per tutta la vita dal definirci forti e intraprendenti fa sì che noi stesse sottoscriviamo queste limitazioni, avvalorandole. Dobbiamo lasciare che bambine e ragazze celebrino i loro interessi e punti di forza, qualunque essi siano, scardinando l’idea che debbano essere solo quelli tradizionalmente femminili, perché come donne e professioniste siano pienamente padrone della loro parità, lottando quando questa viene negata.