Parlare di un ristorante storico come di una nuova apertura può essere strano. Eppure, Achilli al Parlamento, tra le più importanti enoteche romane dagli anni ’60, oggi, con l’arrivo del nuovo chef in cucina, è proprio questo. Un cambio di passo importante, con l’arrivo di un giovane cuoco e un nuovo menu che meritano una vita propria. Una storia a sé.
Tommaso Tonioni - che ricorderete tra i finalisti italiani di S.Pellegrino Young Chef, vincitore dell'Acqua Panna Award for Connection in Gastronomy - è uno che cucina. Che cucina davvero, non butta un liquido e un pezzo di carne dentro una busta e li cuoce sottovuoto per ore. È uno di quei cuochi che appendono i cachi e li massaggia ogni sera, come insegnano i giapponesi, per farli maturare e fermentare. Non pancia di maiale cotta con il Roner, ma Pithivier d’oca cotto alla perfezione.
Intendiamoci: la cucina del suo predecessore, Massimo Viglietti, anche quella aveva il suo carattere. Ne aveva da vendere. Ma il passato è passato, che lo si voglia o meno, e il presente promette parecchio bene. E in un certo senso, il modo dei due cuochi di fare cucina può variare, ma l’anima punk, in un modo o nell’altro, resta solida.
Achilli al Parlamento | La location
L’ambiente caldo del legno avvolge, così come avvolge l’accoglienza del padrone di casa, Daniele Tagliaferri, sempre pronto a raccontare una storia sul vino, sulla cucina e sulle motociclette. La cucina di Tonioni sorprende come sorprenderebbe un pane fatto con farina di fagioli fermentati e farro accompagnato da una sfera di olio condensato e semi di papavero al posto del burro. E vi assicuriamo che il suo dovere, quella sfera, lo faceva eccome, oltre a inserirsi in un discorso più ampio sul grasso di cui parleremo tra poco.
Il percorso di Tonioni è tra i più meritevoli: dagli inizi in panificazione con Gabriele Bonci, è arrivato quest’anno a essere tra i finalisti italiani di S.Pellegrino Young Chef, passando per ristoranti come In De Wolf di Kobe Desramaults, Extebarri, Pierre Gagnaire e Il Pagliaccio di Anthony Genovese (due volte, la seconda da sous chef). E ha solo trent’anni. In effetti, con Genovese non ha solo lavorato: gode del più profondo rispetto del suo maestro che, si sa, tende a insegnarti per farti prendere il volo nella maniera migliore possibile.
Achilli al Parlamento | Il menu
La cucina di Tonioni parla la lingua dell’agricoltura e dell’allevamento etico. La base di partenza è sempre il prodotto e il modo migliore per trattarlo. Il resto è pura tecnica, creatività e sperimentazione. A partire dal Radicchio ripieno con Fava Tonka e Salsa al Vino Rosso, cuore pulsante dentro al piatto che tira bei pugni al palato e poi lo leviga denotando bel coraggio (stiamo parlando di un antipasto con un intero radicchio).
L’Animella Kushiage con Pistacchio parla un pochino romano e si gode con il friccicore del fritto. Il Raviolo di Blu del Lago con Infusione di Cera d’Api e Olio di Elicriso, sicuramente tra i primi piatti migliori assaggiati quest’anno, regala un equilibrio perfetto che non manca per questo di carattere e racconta una storia - quella del miele di spiaggia - che, in fondo, è la storia dello chef: ricerca. Ma anche telefonate ogni mattina a 15 fornitori diversi. Eccellenza. Curiosità.
E se il primo racconta gusto e storie, i secondi urlano alla tecnica e all’azzardo contemporaneo. Il Pithivier d’Oca con il suo fondo di cottura, ricordo di un pranzo al Pagliaccio (dove lui stesso aveva ideato la ricetta) sapeva essere tecnicamente ineccepibile e dal gusto pieno, la salivazione a mille. Il Sedano Rapa, servito come fosse un pesce, con cozze, burro d’arachidi, prugna fermentata e grasso di pecora, oltre a sfogliarsi meglio di un baccalà, ci dice una cosa importantissima: le verdure possono essere protagoniste. Possono regalare sapori e consistenze e complessità che un piatto di carne o di pesce dona grazie alla carne o al pesce. Lo ha fatto Passard, ora è il momento di prendere la lezione e gratificare la terra.
A concludere il tutto una Cheesecake di Robiola con Pepe di Timur e Hoshigaki. Un caco, emblema di stagione, appeso e massaggiato per giorni a farne una marmellata naturale con un principio di fermentazione. Massima summa della filosofia di Tommaso Tonioni: stagione, Giappone, ingrediente, tecnica.
L’arrivo in uno stellato ormai consolidato di un giovane trentenne che si è fatto da solo a colpi di padelle dalla gavetta al comando è, per Roma, cosa importantissima. Al di là della questione anagrafica, che rimanda forse a penne nostalgiche e non alla visione della contemporaneità, il fattore importante è la fame. La fame di chi ha lavorato e ha saputo farlo bene e oggi è di nuovo al punto di inizio di un percorso.
L’elettricità del nuovo, della carta bianca, si sente mentre si scambiano due chiacchiere e viene traslata in ogni singolo piatto. Il discorso del grasso come punto di partenza per creare è interessante, etico, e va discusso: troppo grasso si spreca nel fine dining, ragionarci è necessario. Il discorso dei produttori, senza i quali non parleremmo di chef, di cucine d'avanguardia, è ancora una volta etico e necessario: i maestri sono gli affinatori, gli allevatori, le persone senza le quali questi nostri articoli non avrebbero succo.
E, infine, c’è il discorso del merito. Ecco, Tommaso Tonioni, che di essere chiamato chef non gli può importare nulla, è la riscoperta della cucina cucinata in un mondo dove basta fare cotture sottovuoto. È la fame di conoscenza che muove come un pistone di motocicletta l’albero motore della creatività vera, senza fronzoli, confini e con ammiccamenti alle storie e alle tradizioni. Ecco, da Achilli al Parlamento sta succedendo qualcosa nella cucina. Si sta dando valore al fuoco.
Photo Credits: tutte le foto sono di Stefano Delia