Una novità cui gli appassionati di cucina gourmet nostrana guarderanno certamente con attenzione e curiosità. Il giovane Alessandro Rossi, reduce dell'esperienza presso Villa Selvatico, a Roncade, ha deciso di tornare nella sua terra. Dal Veneto alla Toscana, dalla provincia di Treviso a quella di Grosseto, ora lo chef è pronto a proporre al sua idea di cucina al Gabbiano 3.0, ristorante di Marina di Grossetto.
In anteprima per Fine Dining Lovers ecco cosa ci ha raccontato di sè, del suo percorso e soprattutto della sua nuova sfida professionale nel mondo dell'alta cucina.
Com'è iniziato il suo percorso in cucina?
È iniziato molto presto. Io dico sempre che a cinque anni già sapevo cosa volevo fare da grande. Tutto è iniziato guardando mia nonna che cucinava in estate, quando le scuole erano chiuse. Non uscivo con gli amichetti, la guardavo all'opera per giornate intere. Ricordo una nonna che cucinava incessantemente per giorni, ed altrettanto senza sosta io ero lì con lei ad osservare. In quel contesto iniziai a mettere le mani in pasta per le prime volte. Ricordo ancora perfettamente tutti gli odori, i sapori, i profumi che uscivano da quella cucina.
Qual è stato il vero “salto” nella sua carriera?
È avvenuto a quattordici anni, quando per la prima volta riuscii a varcare la soglia di una vera cucina. Lì ci fu la svolta, non si cucinava e basta ma si ragionava, si puliva, si organizzava, si provava. Se il mio amore per la cucina era già grande, in quel momento compresi definitivamente che avrei fatto quel mestiere per tutta la vita.
Dopo Villa Selvatico a Roncade, Marina di Grosseto, in Toscana. Quando ha deciso di ritornare nella sua regione?
Quando ho notato che il legame con la mia terra stava piano piano scemando. Sono stato sempre molto legato alla Toscana, ai suoi prodotti e alle sue persone. Volente o nolente in una terra “straniera”, per quanto bella e generosa possa essere, non saprai mai muoverti come nella tua terra d’origine, dove sei cresciuto ed hai visto in prima persona ogni cosa evolversi nel tempo. Insomma, senza troppi giri di parole, posso dire che mi mancavano i luoghi che considero casa.
Come è arrivato al ristorante Gabbiano 3.0?
Tutto partì da una consulenza, iniziata nel marzo del 2019. Le mie idee ed il mio approccio alla ristorazione piacevano già alla proprietà del Gabbiano 3.0 e così, senza nemmeno tanti sforzi, abbiamo trovato la quadra per iniziare a lavorare assieme. Una collaborazione che si è trasformata presto in una voglia di fare sempre meglio in ristorante che, a mio avviso, ha davvero dalle grandi potenzialità. Il locale è molto bello, si affaccia sul mare di Marina di Grosseto: è il ristorante che avrei sempre voluto trovare in Toscana. E adesso inizierà la mia avventura qui.
Quindi non una vera e propria nuova apertura. Quali saranno i maggiori cambiamenti con il suo arrivo?
A parte la nuova disposizione della sala, comprese le sedute, i bicchieri, le posate e tanti altri dettagli, stiamo lavorando per dare una forte identità al Gabbiano 3.0, sia per quanto concerne l'impatto visivo che per la cucina, senza dimenticare servizio e carta dei vini. L'intenzione è quella di essere sempre più riconoscibili al cliente, che dovrà poter leggere la nostra impronta in ogni aspetto del ristorante. Dovrà ricordarsene quando è andato via e dovrà avere voglia di farvi ritorno.
Come definirebbe la sua cucina?
Riconoscibile, pulita e di gusto. Alle mie preparazioni mi piace senza dubbio più togliere che aggiungere. Quando cucino ho sempre in testa quei sapori e quei profumi della cucina di nonna.
C’è un alimento o un piatto che ama particolarmente cucinare?
Tutte le preparazioni che hanno come base il pomodoro. Sempre con la nonna, da piccolo, ricordo le tante volte in cui raccoglievamo assieme i pomodori nell'orto. Una volta portati in cucina erano così tanti i modi di cucinarli... Forse quello cui più sono rimasto legato è la pappa al pomodoro, che io amo in una versione un po' differente da quella tradizionale: più dura e meno brodosa. Attualmente viene servita tra gli assaggini di benvenuto; anche se in una piccola dose è una ricetta che fa sempre parte della mia cucina.
C’è qualcuno che considera il suo maestro?
Tutti gli chef per cui ho avuto il piacere di lavorare sono da considerare maestri. Ognuno di loro mi ha dato tanto ed ha fatto sì che io diventassi ciò che sono oggi. Per il moltissimo tempo passato assieme nelle sue cucine, ne cito uno per tutti: Stefano Ciavatti, allievo di Gualtiero Marchesi e storico chef del ristorante Da Fino.
Quale consiglio darebbe ad una giovane che vuole intraprendere il suo percorso?
Di cercare dentro di sè la continua voglia di informarsi, provare, ed assaggiare. Non si finirà mai di imparare. È importante avere voglia di mangiare - anche con gli occhi - persino i piatti più distanti dal proprio gusto, vedere e imprimere nella propria memoria ogni sapore possibile. Si tratta di aspetti cruciali per creare ed affinare nel tempo la propria proposta.