La cucina israeliana è il prodotto di 3000 anni di storia, 100 culture e della chutzpah, l’audacia degli anticonformisti. Fra pite gourmet, nuova cucina araba e birra biblica, c’è chi scommette che questa sarà la nuova meta gastronomica.
Raccontare la storia della cucina israeliana è un’operazione biblica. Seppur lo Stato di Israele festeggi ad oggi neanche 70 candeline, quel piccolo Paese è il prodotto di 3000 anni di storia (2000 di diaspora) e di persone di un centinaio di provenienze, finite per la prima volta nella storia a condividere oltre ad una sola una religione, una sola terra.
Dal deserto dell’Etiopia ai ghiacci della Russia, sono arrivate in Israele tutte le culture e le cucine ebraiche del mondo: il risultato però non è stato una semplice somma, ma la ricerca di nuova identità.
La cucina israeliana è certo fatta di cous cous e borsch, hummus e aringhe, ma è sopratutto uno stile di vita, di condividere la tavola, di concepire i sapori, ingredienti, influenze. Questa ricchezza di influenze e la voglia di innovazione rendono oggi Israele una meta gastronomica unica in cui tradizioni millenarie, regole religiose e tendenze internazionali coabitano senza conflitti, senza confini, senza pregiudizi - sfidando ogni regola.
In yiddish la cucina ebraica si direbbe avere chutzpah, l’audacia degli insolenti e degli anticonformisti, in ebraico è balagan, un gran casino.
Per vedere fin dove è arrivata la nuova cucina israeliana bisogna andare a Tel Aviv, la città che non dorme mai e mangia a qualunque orario, h24, nei ristoranti di Nuova Cucina araba di Haifa e al mercato di Gerusalemme, che di notte si trasforma nel luogo più cool della città.
CUCINA ISRAELIANA - LE PITE GOURMET
Se il falafel è la metafora di un intero Paese, le pite gourmet sono lo specchio dei tempi.
Eyal Shani è un celebrity chef, conduttore di Masterchef, imprenditore della ristorazione e l’uomo diventato famoso per sussurrare alle verdure.
A Tel Aviv oltre al suo ristorante gourmet Ha’Salon, ha aperto Miznon, un locale dove serve pite creative (quindi pane arabo con ratatouille, fish&chips, fegatini di pollo...).

Ha già due ristoranti anche a Parigi e Vienna e il suo cavolfiori arrosto è conosciuto worldwide: arriva a tavola bello abbrustolito, in un pezzo di carta da forno con qualche forchetta. Senza piatti, da condividere.
LA COLAZIONE 24H SU 24, 364 GIORNI ALL’ANNO
La colazione israeliana è la tradizione più radicata del Paese. Si mangiano pite, insalata di pomodori e cetrioli, hummus e tahina, formaggio labneh, yogurt, baba ganoush di melanzane, shakshouka di uova e pomodoro. È un pasto completo, abbondante e vegetariano che si mangiava nei kibbutz al ritorno dai campi.
Oggi è il grande brunch del sabato e della domenica, servito ovunque. A Tel Aviv, da Benedict, anche 24h su 24, e 364 giorni all’anno.
LA PERFORMANCE IN CUCINA
Indirizzo famoso per la cucina, e l’ambiente rumoroso, MachneYuda è il ristorante di Gerusalemme dei tre chef Assaf Granit, Yossy Elad e Uri Navon. Cucinano davanti agli ospiti piatti creativi conditi con musica ad alto volume, inscenando una vera performance al momento del dessert - che viene composto direttamente sul tavolo al ritmo di canti e balli.
La sala si può trasformare in dancefloor il venerdì sera, e sembrerà comunque un posto tranquillo, paragonato alla movida notturna del grande mercato di Gerusalemme. Al Mahane Yehuda chiusi i banchi del shouk stracolmi di frutta e verdura, la sera aprono le serrande di locali e ristoranti, per un turn over gastronomico h24.
BIRRA E COCKTAIL
Come in qualunque altra parte del mondo, anche qui si sta assistendo alla comparsa dei primi cocktail bar di livello e dei microbirrifici. The Imperial a Tel Aviv, con il suo stile da speakeasy coloniale è entrato nella classifica dei Word’s 50 Best Bar e nel 2016 ha aperto uno spin-off, La Otra, di ispirazione messicana.

Il primo microbirrificio israeliano ha aperto nel 2005, The Dancing Camel, nel centro di Tel Aviv, e oggi a distanza di poco più di 10 anni la scena è popolata di nomi come Alexander, o LiBira e Haifa, che oltre alle classiche producono birra israeliana con ingredienti locali come melograno, pompelmo, datteri...
LA NUOVA CUCINA ARABA
Haifa, terza città del Paese e sede universitaria di livello internazionale, è anche il centro culturale più frizzante e moderno della componente araba levantina. Qui si parla di "Nuova Cucina Araba", chef come Omar Alelam nel suo ristorante Ale Gefen applicano tecniche contemporanee alle ricette della nonna e ogni anno a dicembre viene organizzato il festiva a-Sham, in cui chef provenienti da Israele, Palestina, Libano, Siria e Giordania cucinano insieme per mantenere viva la tradizione e per sperimentare ricette folk in chiave contemporanea.
L’ALTA CUCINA ISRAELIANA
Catit è uno dei pochi indirizzi gourmet di livello internazionale del Paese. È il ristorante di Meir Adoni, origini marocchine, che in cucina fonde con un tocco personale Est e Ovest, passato e futuro. Ventidue posti a sedere da Catit, e altre insieme come BlueSky, Lumina e il bistrot Mizlala. Fra i suoi piatti-icona, una tartare Palestinese con carne cruda, tahina, pinoli e baba ganoush - un piatto assolutamente non kasher, come oramai cucinano la maggior parte degli chef - e il Croissant con cervello di vitello, pomodoro e peperoni affumicati.

Altri nomi da ricordare, Haim Cohen, pioniere della cucina gourmet a Tel Aviv nel suo locale israelo-ashkenazita Yaffo TLV, e Tomer Niv, lo chef allievo di Heston Blumenthal che al Rama’s Kitchen, a meno di venti km a Nord-Ovest da Gerusalemme faceva foraging nel deserto e ripercorreva ricette millenarie (purtroppo il ristorante è bruciato nel 2016 ed è ancora chiuso - ma una citazione era d’obbligo).
“Voglio portare la cucina israeliana a competere con il miglior cibo nel mondo” ha dichiarato il regista Roger Sherman, autore del documentario In Search of Israeli Cuisine, presentato nel 2016 e già proiettato in oltre 90 festival. È solo questione di tempo, ne sentiremo parlare.
"In Search of Israeli Cuisine" Documentary Trailer from Roger Sherman, Florentine Films on Vimeo.