Nell’ultimo anno, segnato duramente dalla pandemia e dalla conseguente crisi economica, nel mondo della gastronomia è emerso un tema particolarmente caldo e attuale: quello dell’alleanza tra grandi chef e piccoli produttori.
La galassia del food ha vissuto una profonda trasformazione, con forti accelerate di tendenze o situazioni inedite. Il settore, per esempio, ha visto la cooperazione di molteplici realtà e l’ideazione di iniziative corali, tra delivery di quartiere ed esperienze di co-cooking. I protagonisti della cucina, dai cuochi ai ristoratori, sono stati messi a dura prova, ma allo stesso tempo hanno avuto un ruolo cruciale nella filiera del settore, facendo da cassa di risonanza per artigiani e aziende di piccole o medie dimensioni.
Ci sono addirittura casi in cui gli chef hanno cambiato il volto del proprio ristorante, trasformandolo in una temporanea bottega per la rivendita di prodotti artigianali provenienti dai fornitori di fiducia, che così hanno avuto una preziosa vetrina. Un approccio etico e consapevole, teso alla valorizzazione dell’importante patrimonio territoriale, seguito da chef come Alice Delcourt di Erba Brusca a Milano, Alessandro Miocchi e Giuseppe Lo Giudice di Retrobottega a Roma, o Francesco e Vincenzo Montaroli di Mezza Pagnotta a Ruvo di Puglia (Bari). Tutti premiati per queste ragioni come Miglior delivery 2021 dalla Guida di Identità Golose 2021.
Deliveristo: la piattaforma per il delivery degli chef e la rinascita dei piccoli produttori
Emblematico il caso di Deliveristo, piattaforma di delivery di materie prime di qualità per gli chef, nata nel 2019. Durante il primo confinamento, in particolar modo, il portale ha subìto un’accelerata incredibile, con risvolti significativi, che spesso hanno salvato dalla crisi più profonda produttori e artigiani: piccole realtà che così sono riuscite a sopravvivere all’annus horribilis.
"Nel 2020, nonostante l'anno nero per la ristorazione, i volumi degli ordini sono triplicati ed il numero di ristoratori che ha utilizzato almeno una volta il servizio è passato da 200 a 500, con una crescita di oltre il 50%. Anche l'offerta è aumentata e oggi si possono trovare in piattaforma 20 mila prodotti differenti. Lato fornitori, invece, dal 2019 al 2020 si sono registrati 80 produttori in più e abbiamo aperto dieci posizioni lavorative", spiega Ivan Aimo, ceo di Deliveristo.
“Significativi alcuni casi - prosegue Aimo - come il successo della campagna marketing online sul tartufo Trifulau, che ha portato a un incremento di vendite notevole in tutta Italia (soprattutto per sopperire alla chiusura dell'annuale fiera di Alba), oppure l'iniziativa dell'enoteca Onest di Milano, che ha sfruttato la piattaforma di Deliveristo per acquistare prodotti locali con cui poter fare servizio di b2c”.
Grandi chef e piccoli produttori: un’alleanza anti-crisi
Nell’ultimo anno, aziende di piccole e medie dimensioni, produttori artigianali, o cascine, si sono sostenuti (e in alcuni casi letteralmente salvati) così, grazie alla sinergia con chef che ne hanno acquistato i prodotti, per proporre a loro volta il delivery o l’asporto. Da Claudio Sadler a Roy Caceres, da Eugenio Boer e Max Masuelli, sono tanti gli chef che hanno sposato la causa.
“L’idea di portali come Deliveristo è grandiosa, sono stato tra i primi a crederci”, racconta Eugenio Boer, chef del ristorante Bu:r a Milano. “Sono riusciti davvero a mettere in contatto con noi cuochi delle piccole realtà italiane, e quindi hanno permesso di avere uno scambio reciproco, un rapporto privo di sterilità, a differenza di quello che spesso accade. Il bello è che si tratta realmente di piccoli produttori che non fanno grandi numeri, con una varietà ampia, da ogni regione d’Italia, che soddisfa tutti. Siamo ricorsi alla Bordona Farm per carni di maiale, alla Cascina Fraschina per la verdura, alla Corte dell’Oca per il salame d’oca, per esempio: tutti prodotti ben selezionati”. L’alleanza tra piccoli artigiani e chef? “Fa parte della nostra filosofia: dopo il primo lockdown, con il nostro ristorante abbiamo cambiato approccio, decidendo di utilizzare solo ingredienti made in Italy, con tanto di cartina che racconta l’itinerario dei miei piatti lungo la Penisola”.
“I piccoli produttori sono quelli che hanno la possibilità di soddisfare le nostre esigenze come cuochi, soprattutto in questo momento. Un tempo, nel cuore dell’ortomercato, c’era lo spazio dedicato agli ortolani di terra, ossia i piccoli coltivatori che vendevano direttamente le proprie erbe aromatiche: oggi queste figure sono quasi sparite, ed è importante che con noi ristoratori possano tornare ad avere un ruolo importante nella filiera gastronomica; io ritrovo gli stessi prodotti venduti da realtà come l’Orto di Brera”, commenta Max Masuelli, quarta generazione alla storica Trattoria Masuelli San Marco a Milano. “Certo, il prezzo dell’ortolano di terra cambia, ma il prodotto è più buono e ne vale la pena: una volta andavi a comprare dal contadino, ora non siamo più abituati, perché - per tantissimi anni - abbiamo fatto morire questa tipologia di fornitore. L'alleanza con i cuochi, tuttavia, può essere un buon risultato di cooperazione tra produttore e consumatore. In una grande città come Milano, poi, è più difficile reperire i prodotti dei mercati contadini che di solito si svolgono nei paesi con piccoli produttori locali”.
La rinascita di cascine e piccoli produttori grazie alla ristorazione
Con il lockdown, per molti si è chiusa una porta, ma si è aperto un portone. “Certo, i ristoranti erano chiusi, ma abbiamo registrato in generale una domanda in crescita: curavamo personalmente la consegna delle nostre eticassette con gli ortaggi di stagione”, spiega Marcello Requiliani, fondatore di Cascina Fraschina di Abbiategrasso, alle porte di Milano, assieme a Tommaso Montorfano e Claudio Vaccari.
“La fortuna, per noi, è stata quella dei clienti privati, unita alla fetta di ristorazione ancora attiva. Deliveristo in effetti ha svolto una funzione importante da questo punto di vista, è stato utile per entrare in contatto con gli chef. Nell’ultimo anno abbiamo raddoppiato il nostro pacchetto clienti in termini di ristorazione e di chef, abbiamo conosciuto nuove realtà, che ci hanno scoperto: è stata un’alleanza molto forte, che ha inciso tanto sul lavoro”, prosegue. Così, sono andati a ruba i mazzetti di insalate particolari, con insolite foglie che spaziano dalla claytonia alla senape, alla misticanza. “Ma anche ocra e pak-choi, prodotti che di solito provengono dall’estero, dove le condizioni di sicurezza, per quanto riguarda la coltivazione, non sono garantite”, spiega Requiliani. Ai prodotti della Cascina Fraschina sono ricorsi chef come lo stellato Claudio Sadler, le quattro giovani cuoche alla regia di AlTatto (Giulia Scialanga, Sara Nicolosi, Cinzia De Lauri e Caterina Perazzi), lo chef Luca Leone Zampa di Immorale, Andrea Zazzara di Motel Lombroso, il gruppo Aalto, neo stellato di Claudio Liu, per citarne alcuni.
“Sono gli chef che hanno dato lustro al nostro prodotto, che è di nicchia, permettendoci di emergere e di tenere il passo anche nell’ultimo anno. Siamo arrivati anche in Danimarca, dove alcuni ristoratori comprano le nostre conserve ittiche da rivendere ai clienti”, racconta Marco Ciardullo di Fish Different, brand sostenibile di Calabra Ittica, che ha superato bene gli ultimi dodici mesi. “Siamo una realtà medio-piccola, ma la nostra è un’azienda storica, esiste da 21 anni, curiamo moltissimo il prodotto, dal pescato al confezionamento, alla lavorazione, che avviene in maniera del tutto artigianale: usiamo le tecniche di una volta, aiutati dalla tecnologia moderna. Maneggiare il pesce non è facile, ma siamo maniacali: il pesce viene pescato nel Tirreno e nello Ionio, non passano mai più di 24 ore, deve arrivare ancora sodo e lucente per poterlo lavorare come vogliamo. Usiamo una tecnica di pesca sostenibile, con la lampara e i ciancioli, le reti selettive. Ci affidiamo a pescatori di fiducia e certificati per la pesca sostenibile, come noi, con Friends of the Sea”, spiega con entusiasmo Ciardullo.
Con le sue alacce, tutelate dal Presidio Slow Food, Fish Different ha spopolato tra gli chef: tra gli estimatori di questo prodotto ittico ci sono Cesare Battisti e Igles Corelli, per citarne alcuni. E sono proprio specialità come le alacce che hanno sostenuto sensibilmente l’azienda. “Abbiamo mantenuto il livello di vendite pre-Covid, nonostante la chiusura dei ristoranti, che per noi rappresentano una bella fetta di mercato, ma stiamo già recuperando: a dicembre 2020 avevamo perso solo il 5% rispetto all’anno precedente, che non è nulla in un contesto pandemico. Tuttavia, abbiamo raggiunto nuovi clienti, soprattutto all’estero, e contiamo di fatturare +30% il prossimo anno”. Le crisi, si sa, possono sempre rappresentare un'opportunità. E le (belle) storie come questa sono un vero balsamo per lo spirito.