Gli Atzechi lo riverivano, gli Spagnoli lo ripudiarono, e ne proibirono l’uso nelle cerimonie religiose, e persino la coltivazione. Sì, perché l’amaranto, il “grano degli Dei”, è davvero un cibo superiore, che viene coltivato da almeno 8.000 anni. Anche per i Maya era prezioso nutrimento, mentre gli Incas, che lo chiamavano “piccolo gigante”, lo usavano soprattutto come medicina.
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Pure i nativi americani conoscevano bene la “pigweed”, tanto che alcuni odierni chef nativi la utilizzano volentieri. Insieme alla quinoa – anch’essa alimento base tra le popolazioni indigene americane – è la migliore fonte proteica vegetale al mondo, sia per la quantità che per la qualità delle sue proteine. Dopo la quinoa, e dopo secoli d’oblio oscurantista, questo chicco è tornato alla ribalta e va alla conquista del mondo.
A partire proprio dalle Americhe: negli Stati Uniti, dove la quinoa è riuscita a farsi strada tra il grano e il riso come alternativa popolare, l’amaranto è per ora coltivato solo a livello casalingo o a scopi di ricerca. Ricerca come quella condotta dall’università del Tennessee, che mentre studia e valuta dozzine di varietà di amaranto (tra la sessantina al giorno d’oggi disponibili), porta avanti una sorta di missione: promuoverne il consumo tra i cittadini nordamericani.
Secondo un sondaggio condotto lo scorso anno dal Whole Grains Council, solo il 15% degli statunitensi sa cosa sia, e solo il 4% l’ha assaggiato. Un dato che ha tutte le buone premesse per poter cambiare piuttosto rapidamente, distogliendo l’amaranto dalla categoria “cibo di nicchia”.
COS'È L'AMARANTO
Cresce tanto, più velocemente del mais, nelle alte temperature, è resistente anche alla siccità ed ha produttività molto alta: una singola pianta può produrre 200mila semi. Ha circa 9 gr di proteine a porzione (250gr), e si tratta di proteine complete (le più vicine in assoluto a quelle dei prodotti di origine animale) poiché contengono anche la lisina, amminoacido essenziale di cui sono carenti quasi tutti i cereali.
Infatti l’amaranto cereale non è: si tratta di uno “pseudo cereale”, privo dunque di glutine. In compenso è una buona fonte di fibre, di ferro, magnesio, fosforo, potassio, vitamina C, e contiene più del triplo di calcio rispetto alla media dei cereali.
CROCCANTE, DOLCE, NOCCIOLATO
Adesso però è l’ora di parlare di sapore. Molto particolare, tendenzialmente dolce e un po’ “noccioloso”, quando viene fatto tostare o scoppiettare in padella stile popcorn s’intensifica. E la consistenza? Anche bollito non perde mai completamente la sua croccantezza: si ammorbidisce dentro, mantenendo una certa integrità fuori. Si potrebbe definire il caviale dei cereali, o meglio dei non-cereali, con le sue preziose micro perline. Anche se, proprio a causa della taglia mini dei suoi chicchi, può risultare nella massa piuttosto “polentoso”.
COME CUOCERE L'AMARANTO
Fantastico se cotto in un liquido saporito, per esempio il succo di pomodoro, si può utilizzare per ripieni, sformati, polpette, burger vegetali, frittelle, zuppe. Qui vi diamo tante idee per cucinare l'amaranto. O dolci, come il “dulce de alegria”, letteralmente “il dolce dell’allegria”, con “alegria” che è anche nome comune dell’amaranto in Messico, patria di questo dessert a base d’amaranto soffiato e miele.
Se siete in cerca di idee per cucinare l'amaranto le trovate qui.
Anche le foglie della pianta sono commestibili (così come i teneri germogli), e si consumano regolarmente in alcuni Paesi, anche africani. Hanno un sapore dolce, possono essere bollite, fritte o accomodate come una qualsiasi verdura. Con la farina di amaranto – di norma mischiata con un’altra, dato che priva di glutine - si possono impastare pani e focacce. Adesso esiste anche la pasta di amaranto: grazie a piccole produzioni made in Italy, si possono portare in tavola tagliatelle piuttosto che riccioli fatti d’amaranto. E infine: indovinate come si chiama il ristorante messicano del giovane chef Jorge Vallejo, risultato al n.12 nella classifica 2016 dei 50 migliori ristoranti al mondo? Quintonil, che è il nome latinoamericano della “pigweed”…