Nasce durante il servizio di leva la passione per la cucina di Andrea Larossa, chef classe 1980 nato a Verbania, che negli ultimi tempi si sta affacciando con prepotenza sulla scena dell'alta ristorazione non solo di Alba, dove nasce il suo ristorante, ma di tutta Italia.
Andrea capisce la sua passione proprio durante la sua esperienza militare: a 21 anni deve gestire la cucina e gli approviggionamenti. E da lì, un po' in ritardo rispetto ad altri suoi colleghi, decide di avvicinarsi a questo mondo: alberghi nella zona di Novara, esperienze da garzone e da aiuto, intanto approfondimento sui canali di cucina e i libri. Poi la fortuna di lavorare nel ristorante di Carlo Cracco, dove capisce la vocazione per l'alta cucina. Da Milano ad Alba è un attimo, e dopo qualche altra importante esperienza in zona la decisione di rimanere nella Langhe, terra di grandi prodotti e di grande turismo enogastronomico: nasce così il suo ristorante che oggi gestisce grazie alla sommelier, e compagna, Patrizia.
Scopre la vocazione per la cucina durante il servizio militare...
Si, non ho iniziato in maniera canonica con le scuole di cucina. Avevo 21 anni e mi occupavo della cucina nella mia caserma, facevo la spesa. Mi piaceva l'ambiente, il fare squadra. Dopo il militare ho passato un anno presso un albergo della zona di Novara come garzone, anche se cercavo di informarmi in ogni modo: compravo i libri e approfondivo sui canali di cucina. Poi ho lavorato in ogni tipologia di ristorante, dalla trattoria alla grigliera, e infine la fortuna di fare un’esperienza nelle cucina di Carlo Cracco a Milano. Lì ho fatto un grande salto di qualità, ho visto una realtà del tutto inaspettata, un due stelle Michelin dove il modo di lavorare è completamente diverso.

Cosa cambia dopo un'esperienza così sul curriculum?
Dopo 8 mesi lì si è aperto un mondo, e trovare lavoro è stato più semplice; mi sarebbe piaciuta un'esperianza a Villa Crespi, ma la cucina era piena e mi mandarono alla Locanda del Pilone ad Alba. Proprio ad Alba ho capito che le Langhe sarebbero state il territorio perfetto per un mio ristorante.
Come mai la decisione di aprire un prorpio ristorante?
All'epoca avevo 34 anni e sentivo di dovermi buttare. Trovo questo locale, decido che deve diventare il mio ristorante e prendo coraggio. Aprire un ristorante da zero è complicato, ma ho trovato persone che ancora oggi sono con me e devo dire che l'inizio è stato meno traumatico del previsto: avevamo 22 coperti prenotati anche la prima sera. Nel frattempo conosco Patrizia, la mia compagna e la direttrice di sala e sommelier. La conosco mentre cerco di aprire la linea telefonica per il pos del mio ristorante, lavorava nel centro di telefonia accanto al locale. Poi piano piano siamo diventati amici e ci siamo innamorati. All'inizio non voleva fare queso lavoro, ma dal 27 settembre 2014 non è mai più uscita dal ristorante e mi aiuta anche nell'amministrazione oltre che prendersi cura della sala.

Che tipo di cucina si trova al ristorante Larossa?
Una cucina gastronomica che spinge sull’innovazione, ma che si sente molto italiana; pesco nella mia cultura con qualche occhiatina estera senza farmi pilotare dalla moda del momento. Sto cercando di costruire una mia cucina fatta con una grande e assoluta qualità del prodotto, ricercatezza delle tecniche di cottura, e creatività rielaborando e a volta proponendo qualche abbinamento considerato azzardato. Non vado però mai per tentativi: voglio dare al mio cliente sempre un piatto buono e non solo concettuale.
C'è un piatto che a oggi rappresenta la sua cucina?
Un risotto, che adesso tengo per il menu gastronomico, mantecato con Stravecchio friulano abbinato con della liquirizia.

Fra quanti menu degustazione è possibile scegliere nel suo ristorante?
Cene sono tre, e in nessuno di questi c’è scritto cosa si mangia: magari prendo un prodotto che arriva dal mercato o dal fornitore fresco di giornata e lo rielaboro per il giorno successivo. Il primo è il più tradizionale: sono 5 portate tradizionali “oggi” (con questa dicitura), quindi una guancia di vitello con vitello tonnato e qualche virgola faccia riconoscere il mio stile.
Poi c'è quello "Tra il classico e inaspettato": 7 portate, spazio dai piatti tradizionali italiani – non del posto - un risotto alla milanese omaggio a Marchesi – e invece piatti inaspettati. Ultimo menu di degustazione è quello più gastronomico: 10 portate, piatti reinventati e azzardiamo accostamenti inusuali.

Come mai la decisione di aprire proprio ad Alba?
È una meta ambita da tanti, soprattutto per i prodotti. La scena è molto ampia: dalle piole tradizionale ai nuovi bistrot con piatti tipici più alleggeriti e poi un tre Stelle Michelin. Le Langhe sono contornate da ristoranti di altissimo livello; chi viene qui lo fa per mangiare bene quindi si lavora davvero con una marcia in più, soprattutto se hai una stella.
Cosa significherebbe ottenere la Stella Michelin adesso?
Significherebbe coronare un sogno, essere ripagato per tutti i nostri sacrifici: è un’azienda familiare la nostra, e fortunatamente fino ad ora siamo sempre riusciti a far quadrare i conti. Lavoriamo già come se l’avessimo: non sappiamo cosa ci voglia davvero per ottenerla, ma cerchiamo sempre di alzare il livello. Stiamo investendo anche sulla sala e puntiamo su un servizio classico ma informale. Ottenere la stella adesso significherebbe dire che siamo entrati nell’alta ristorazione e sarebbe davvero un grande momento per noi.