Più di 10 anni a Il Pellicano: Antonio Guida ha festeggiato recentemente la sua decade a capo della cucina di una delle strutture di lusso più belle della Toscana, a Porto Ercole (provincia di Grosseto), dove si uniscono buona ospitalità e buona cucina. Due Stelle Michelin per lo chef di origini pugliesi, lontano dal mondo patinato e televisivo degli ultimi anni e concentrato solo su una cosa: la cucina. Per festeggiare questi anni anche un progetto fotografico, Eating at Hotel Pellicano, diverso dagli altri libri di cucina innanzitutto per la scelta del fotografo: un artista del mondo della moda come Juergen Teller, che ha dato un nuovo taglio ai piatti coloratissimi dello chef.
In questa intervista Antonio Guida parla dei giovani cuochi, di come sia cambiata la sua cucina negli anni e cosa ne pensa delle nuove star della televisione italiana: gli chef.
Ha festeggiato recenetemente i 10 anni a Il Pellicano: cosa è cambiato in tutto questo tempo?
In questi anni c'è stata una bella crescita: quando sono arrivato dal punto di vista ristorativo Il Pellicano era diverso. Negli anni le guide ci hanno premiato, questo ha portato il cliente a fidarsi di più, cosa fondamentale per uno chef. La mia cucina ovviamente si è evoluta in tutto questo tempo; per me è importante cambiare e cercare sempre di fare qualcosa di nuovo, per dare dinamismo al ristorante. Un piatto, ad esempio, parte in un modo e viene stravolto e servito in maniera diversa, anche grazie ai feedback dei clienti. Non mi piacciono le cucine statiche, vorrei avere diverse firme.
Il piatto che adesso la rappresenta?
Un piatto che ho in carta da qualche tempo: il Risotto al nero di seppia con crema di riso alla curcuma, molto colorato come tutta la mia cucina, elegante nel gusto, non troppo tenue, e maniente la specificità del sapore di ogni ingrediente. Si sente bene il calamaro, la crema di curcuma, e il nero di seppia viene attenuato.
Com'è stato lavorare con il fotografo di moda Juergen Teller, e com'è nato il libro?
Mi è subito piaciuta l'idea, anche se non sapevo coma sarebbe stato lavorare con una persona lontana da questo mondo; alla fine è stato semplice, è una persona sensibile e carina. Teller non conosceva bene la mia cucina, e ogni volta che un piatto veniva portato sul set esclamava "Wow" e mi chiedeva qualche cenno in più sugli ingredienti. È stato molto bello vedere questo entusiasmo, e per me è stato una cosa nuova lavorare con lui. Le foto sono nate senza nessun artificio in particolare, si portava il piatto, lui scattava velocemente; non ero abituato a questi tempi così rapidi.
Alta cucina e televisione: lei è uno chef abbastanza fuori da questi circuiti…
Per me la televisione è semplicemente un altro lavoro: o si fa lo chef, o si fa la televisione, è difficile portare avanti entrambe le professioni. Io preferisco stare in cucina, mi trovo a mio agio lì. Ho evitato certe proposte, come le ospitate in tv, che rischiano sempre di trasformarsi in un'altra cosa.
Poi, certo, dipende come si fa la televisione; un conto è essere impegnato per un lungo periodo, un altro è appunto fare uno show cooking in qualche programma. Mi piace trascorrere davvero tanto tempo in cucina; altri executive chef passano il 90% del tempo in ufficio, ma questo a mio avviso non è buono per la brigata; i ragazzi vengono a lavorare per te, ed è importane seguirli e dargli una mano, fargli sentire che ci sei.
A proposito di ragazzi: che opinione ha lei dei giovani chef? In cosa sono diversi rispetto alle vecchie generazioni?
Ci sono dei ragazzi molto bravi, e sono molto ottimista su questa generazione. Si è sempre detto "prima si lavorava meglio", ma non è così, la cucina è migliorata tantissimo negli ultimi anni, e ci sono bravi chef volentorosi che hanno voglia di imparare. I ragazzi che vogliono fare questo lavoro sanno già quanta fatica richieda; certo capita che qualcuno cambi idea dopo 2 settimane in cucina, ma paragonati ai ragazzi di 20 anni fa loro sono molto più bravi. Certo per alcuni versi oggi è tutto più veloce e facile, ma è giusto che sia così.
Si parla tanto di made in Italy nel mondo: c'è secondo lei il modo giusto di esportarlo?
La cucina italiana non ha eguali, è quella che piace di più; in ogni hotel di lusso nel mondo, al piano più importante c'è di solito un ristorante italiano. Abbiamo grandi prodotti ma dobbiamo lavorare ancora di più e bisogna farlo insieme, siamo ancora poco uniti e si rischia di promuovere male il prodotto e non arrivare al punto.
Il ristorante che consiglierebbe a un suo amico?
Andrea Berton a Milano è la Bottega del 30 a Castelnuovo Berardenga.
Tutte le foto: ©Juergen Teller